Notizie tratte da: Mario Monti, le parole e i fatti # Rizzoli 2012 # a cura e con un’intervista di Federico Fubini, pp. 318., 20 novembre 2012
LIBRO IN GOCCE NUMERO 55
(«Mario Monti, le parole e i fatti». A cura e con un’intervista di Federico Fubini) –
Mario Monti un anno dopo
2007
«I tecnici sono i veri politici».
Oggi
«Ricordo un tale che una volta, a Milano, mi ha apostrofato: “Eh! Aveva proprio ragione la sua mamma...”. Qualche mese prima, in televisione avevo detto che mia mamma usava dire spesso, quando ero ragazzo: “Alla larga dalla politica!”. Quel signore, che non avevo mai visto, se n’era ricordato, all’uscita da una messa affollata, nella totale incomprensione degli astanti. Io gli ho risposto: “Sì, sì. Aveva proprio ragione la mia mamma”. E lui: “Sempre dare ascolto alle mamme!”».
1992
«Non è più possibile dare senza togliere […] La scelta politica vera non è se e quanto si debba pagare. La scelta vera è fra l’onere che siamo disposti a sopportare noi, oggi, e quello che altrimenti dovranno presto sopportare i nostri figli e le nuove generazioni […] Un metodo di gestione dell’economia […] non certo basato sullo scontro, ma sull’ipotesi che governo e Parlamento abbiano titolo a esprimere l’interesse generale più delle parti sociali, per quanto responsabili e illuminate […] L’inflazione e il disavanzo italiani sono stati generati negli anni dal metodo di governo consociativo […] Il governo […] non dovrebbe neppure accettare di sedersi al tavolo delle trattative per la modifica di questo o quell’aspetto dei provvedimenti».
Oggi
I partiti che dovrebbero sostenerla lo fanno con ambiguità. Scalpitano, recalcitrano. «Un altro modo di vederla è che non è chiaro perché dovrebbero sostenerci».
1992
«Non basta criticare la classe politica. Occorre un’autocritica della società civile. […] Anche al di là dei fatti di rilevanza penale, ci sono gli atteggiamenti di disponibilità al favore, alla fedeltà di partito nella vita professionale, alla vicinanza politica vissuta non come modo di impegno civile, ma come occasione per emergere più rapidamente, meglio, più facilmente: nelle professioni liberali, nelle carriere dirigenziali, nel settore pubblico e, chissà, qualche volta anche in quello privato».
Oggi
Dentro di lei, in questi sei mesi, si è mai dato una soglia? Intendo una linea nella sabbia alla quale lei dice a se stesso: «Non ci sto più». «Se si parla di una soglia di dignità personale, quella è già stata superata molte volte verso il basso […] Poi c’è una soglia che riguarda la qualità delle decisioni prese. Qui non siamo nel campo delle percezioni, delle lodi o degli attacchi personali, ma della qualità delle scelte politiche e legislative. Lì ovviamente non dichiaro mai prima la soglia che mi sono dato, ma la valutazione di qual è il livello accettabile per una riforma o un provvedimento la faccio sempre. Sicuramente avrei ritirato certe proposte, se le avessi viste snaturate. In alcuni casi il risultato finale è stato meno buono di quanto avrei voluto, ma naturalmente va considerata anche l’alternativa: cosa succede se non si fa una certa riforma o si abbandona il campo perché un certo provvedimento subisce trasformazioni che non convincono completamente?».
2006
«Conservo ancora la foto con gli autografi di Gunnar Gren, Gunnar Nordhal e Nils Liedholm, il mitico trio d’attacco Gre-No-Li del mio Milan degli Anni 50. La prima partita che mio padre mi portò a vedere, all’Arena di Milano, quando avevo 5 anni, fu Milan-Torino (il grande Torino di Valentino Mazzola, prima di Superga). Da quel giorno, per decenni, sono stato un tifoso convinto. Da molti anni non vado più allo stadio, né guardo le partite alla televisione. Non perché non abbia tempo. Ma perché il calcio, non solo in Italia, mi sembra sia diventato un fenomeno negativo. Certo, lo spettacolo calcistico è sempre più suggestivo, grazie al continuo progresso delle tecniche di gioco e delle tecniche televisive. E io che, come è noto, sono un “tecnico”, dovrei esserne felice. Invece, provo per il calcio – intendo il grande calcio professionistico – un crescente disgusto».
Oggi
«Fa parte della mia natura, malgrado qualche recente erosione, di parlare in modo calmo di cose brutte e magari anche drammatiche […] È vero che il posto fìsso è monotono, però sicuramente dirlo in quel modo è stato per me un bell’infortunio».
1994
«Se dopo quindici anni di “stangate” e di “manovre” abbiamo il più alto debito pubblico tra i Paesi industriali, non si dev’essere trattato né di vere stangate né di vere manovre» (1994).
Oggi
Intende dire che non c’è più un marchio d’infamia su un Paese che dovesse chiedere un sostegno europeo? «La prova del budino è nel mangiarlo».
Notizie tratte da: «Mario Monti, le parole e i fatti». A cura e con un’intervista di Federico Fubini, Rizzoli, euro 18