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 2012  novembre 20 Martedì calendario

RAME FUSO NELLA CAPITALE, POI IL LUNGO VIAGGIO VERSO EST

Rottamai e piccole fonderie. È il primo step del rame rubato. I ladri recuperano il metallo ovunque. Dai cantieri, linee ferroviarie, linee elettriche, telefoniche, fabbriche e cimiteri. Lo portano nelle piccole aziende in grado di riciclarlo: viene fuso, o ripulito delle guaine in gomma che lo proteggono. Una volta terminata l’operazione viene rivenduto a produttori locali, oppure esportato nei paesi dell’Est, come la Romania. Di lì finisce a rifornire l’Europa e l’Asia. Il suo valore è alle stelle, in continua crescita. L’oro rosso, inoltre, si ricicla facilmente in un mercato nero gigantesco, fatto di piccole aziende, molto numerose, che passano il metallo alle fonderie che lo trasformano in barre, regolarmente esportate negli altri Paesi.
LE DOGANE
Il primo dato che salta all’occhio è quello dell’Agenzia delle Dogane. «Nel 2012 nessun caso di materiale rubato esportato all’estero», spiegano. Un controllo che avviene sull’export verificando l’eventuale difformità tra il materiale esportato e quello rubato. Che non significa che non esista il problema. Ma solo che dall’Italia il metallo non va direttamente in Cina, o in India, due nazioni che insieme consumano il 51% della produzione mondiale complessiva di rame. La maggior parte del materiale rubato, secondo gli investigatori, finisce in Romania e in Italia, in decine di fonderie. E i dati Europei parlano chiaro sulla quantità di richiesta dell’oro rosso: il 41% dei prodotti in rame vengono realizzati con la fusione del metallo rottamato. In Italia si arriva a sfiorare il 75%.
IL VALORE
Ma quanto vale il rame rubato? Un chilo varia da un minimo di 4 a un massimo di 6/7 euro. Un valore che dipende non tanto dalla legge della domanda e dell’offerta. Quanto piuttosto dalla speculazione dei fondi d’investimento. Il rame, secondo Rbs Global Banking, raggiungerà probabilmente nuovi massimi nel 2013, 9mila dollari per tonnellata, quando il mercato si troverà in deficit di materia prima. Così i ladri diventano una sorta di termometro del mercato: tanto più rame viene rubato, tanto più il suo valore sta aumentando. E tenere a bada i 16mila chilometri di rete ferroviaria esistenti in Italia è praticamente impossibile: nel solo Lazio da gennaio ci sono stati 161 furti e 1035 treni colpiti dai ritardi causati dai ladri. Intanto ad aggiungersi alla congiuntura negativa, che fa aumentare il prezzo dell’oro rosso, c’è pure il dato sull’estrazione. L’ultimo bollettino del Gruppo internazionale di studio sul rame (Icsg) parla di un calo di produzione di 23mila tonnellate.
I PIRATI
I pirati del rame sono quasi tutti romeni (80%), molti zingari, pochi italiani e cittadini di qualche altro Paese dell’Est in misura minoritaria. Perché rubare l’oro rosso è come andare al bancomat. Una volta ripulito, con operazioni abbastanza semplici, è come avere in tasca dei contanti. Ultimamente anche la grossa criminalità pare stia occupandosi del business. Qualche anno fa a Caserta un gruppo assaltò armi in pugno una fabbrica di rame. Fuggirono con tre camion carichi di oro rosso, un colpo da un milione e mezzo di euro. C’è perfino chi ipotizza che dietro le fonderie delocalizzate dalle società italiane nei Paesi dell’Est, siano la copertura di un grande traffico internazionale. Un viaggio attraverso la vecchia cortina di ferro per cancellare le tracce di un passato scomodo.