Diego Marani, Il Sole 24 Ore 18/11/2012, 18 novembre 2012
WOW, C’È LA «MOMZILLA»!
La prima cosa che si faceva al liceo con il dizionario di greco e di latino era cercare le parolacce. Ma con poca soddisfazione. Sembrava che nell’antichità nessuno tirasse bestemmie. Il nuovo Zanichelli dell’inglese idiomatico invece è un gustosissimo repertorio di lingua che viene dalla pancia. Del resto così dev’essere: in un dizionario di lingua parlata le volgarità non possono mancare. È spesso sul gergo greve che nascono i neologismi e le immagini più colorite di una lingua. Di parole ass-inspired ci sono piene le pagine, per non parlare di altre intimità. La più curiosa è aardvark, che di solito significa «oritteropo» ma qui è il membro dell’uomo non circonciso. Vista la sua somiglianza al muso dell’animale, dice la definizione. Per chi ne avesse mai visto uno (di oritteropi). La più simpatica è la cuntmobile, che sarebbe l’auto dove ci si apparta per fare sesso.
Con l’aiuto di questo dizionario, il telespettatore italiano sarebbe infine in grado di capire i sottotitoli di serial come The Wire. Se un giorno qualche televisione si decidesse infine ad abbandonare quei patetici doppiaggi dove i più brutali insulti vengono tradotti con obsolete esclamazioni da fumetti di Capitan Miki. Il principale limite di qualsiasi dizionario idiomatico, soprattutto inglese, è che non può riprodurre la pronuncia, spesso diversissima da come la può immaginare anche chi parla bene la lingua. Ma questo dizionario deve sorreggere il locutore italiano non tanto nell’uso quanto nella comprensione. Farebbe sicuramente colpo salutare un amico a Londra dicendo «Abyssinia» che è la deformazione di «I’ll be seeing you», ma bisogna essere nati nell’East End per poterselo permettere. Il nuovo Zanichelli è anche assai preciso nel distinguere gli usi inglesi, americani e australiani, menzionando sempre i riferimenti culturali indispensabili per situare ogni parola nel suo contesto e presentando una ricca e ben tradotta fraseologia. Così bisogna andarci piano con la black aspirin, perché in Australia è la Coca-Cola, ma in Gran Bretagna sono le «botte inflitte a un detenuto».
La droga, come era inevitabile, fa da perno a tutta una classe di espressioni: birdle, bouncing e flea powder soto tutte varianti di «cocaina», mentre puffy, come mu e kief è la «marijuana». Ma è la «birra», pardon!, la britney, che con il suo vissuto popolare, suscita espressioni fra le più divertenti del dizionario: c’è beergoggled che rende bene lo sguardo vitreo di qualcuno completamente ubriaco di birra e poi anche beernoculars, quella particolare visione appannata dall’alcol che porta a fare avances a persone poco attraenti. Sfogliando qua e là si scoprono anche parole che potrebbero essere italiane. Perché non adottare per esempio «boffola» che negli Usa significa «risata fragorosa o battuta che suscita la famosa ridarella»?
Qualche prestito potremmo davvero prenderlo per costruire neologismi. Come fruit-fly, la «donna che preferisce la compagnia di omosessuali». Ma è vero che «mosca da frutta» non suona tanto carino in italiano. Invece, dopo tanti e banali populismi nostrani, in vista delle prossime elezioni, ci servirebbe tantissimo una parola come proctocracy, la «proctocrazia», che è il dominio dei cretini. Ugualmente utile potrebbe esserci «garbo», lo spazzino: molto meglio che il nostro «operatore ecologico» o anche jaffa, uomo sterile come l’arancia israeliana senza semi. Cowabunga non è quel che pensate: si grida per fare il tifo a una partita; col papa è meglio essere chiari fin dall’inizio: perché può essere amico, amante o marito; il gayola è roba sordida: denaro estorto dai poliziotti a un gay per ricatto. Garbonzas e gazongas invece sono sempre due belle tette; mallie è quel genere di adolescenti che passa tutto il pomeriggio nei centri commerciali; cowboy non è più l’eroe del far-west bensì uno scalzacane che lavora male; Black Maria non è una madonna ma il cellulare della polizia, non nel senso di telefono; labonza è unisex e politicamente corretto: vuol dire sia «culona» che «pancione».
Quale parola più espressiva di momzilla per intendere una «mamma possessiva»? E il mostro giapponese Godzilla deve essere molto evocativo se gli americani parlano anche di bridezilla per descrivere una futura sposa molto esigente. Un metrosexual non è un «perverso», ma un «eterosessuale metropolitano», molto curato ed elegante, salutista e amante dei cosmetici. Proprio il contrario del retrosexual dalla cui ascella è meglio stare alla larga. Inevitabilmente si ripiomba nel sesso, cioè nell’horizontal mambo con nancy, uomo effemminato; mimbo, giovane bonazzo e marge, che fra le lesbiche è quella attiva, e mama, quella passiva.
Queen invece è l’«omosessuale classico»: nelle due varianti di chicken queen, quello maturo che ama i giovanetti e del drag queen, quello travestito e appariscente. Ma attenti alla mare, la «strega bisbetica»: quella c’è in tutti i sessi!