Gian Antonio Stella, Corriere della Sera 19/11/2012, 19 novembre 2012
LA FATTORIA DI LORENZO IL MAGNIFICO SCOPERCHIATA E ABBANDONATA
Sta arrivando l’incubo di un altro inverno, dopo giorni di piogge a dirotto, sulle cascine scoperchiate di Lorenzo il Magnifico. E nuove crepe e nuovi crolli e nuovi grovigli di sterpi si sommeranno ai vecchi. Rovine su rovine. Un degrado umiliante per la fattoria modello del Rinascimento.
Il sito web del Comune di Prato, ancora oggi, riporta un quadretto idilliaco tratto da «Itinerari laurenziani» del 1992 dove si spiega che «nel tratto di pianura compreso fra Poggio a Caiano e Prato», lungo il fiume Ombrone che la separa dai terreni della villa medicea, la fattoria «creata per volontà di Lorenzo il Magnifico» è «rimasta pressoché intatta nelle sue linee originarie fino ad oggi...».
Una presa in giro che dovrebbe almeno essere rimossa da internet. Non occorre neppure andare a Poggio a Caiano, infatti, per vedere in quali condizioni disperate versano le cascine che il signore di Firenze volle edificare nel 1477, dando una sistemazione definitiva alle terre che i Medici avevano cominciato ad acquistare da alcuni decenni nella pianura solcata dall’Ombrone. Basta andare su Google Map: i tetti della fattoria per la gran parte non ci sono più. Sono stati tolti cinque anni fa per una ristrutturazione bloccata dalla rivolta degli ambientalisti e dai magistrati. Perché proprio di una ristrutturazione si trattava: mica di un restauro conservativo.
Andiamo a rileggere il rapporto di Italia Nostra: «Si tratta di un insolito edificio quadrato a corte centrale e torri angolari, attribuito a Giuliano da Sangallo e contemporaneo al primo cantiere della Villa di Poggio a Caiano (fine XV)… L’edificio è circondato da un fossato d’acqua e si accede alla corte interna da un unico ingresso ad arco. La corte è circondata da portici su tre lati ed accoglieva al suo centro, fino al XVIII secolo, una grande vasca adibita a vivaio di pesci». Era un gioiello, quella tenuta. Tanto da vantare il primo esperimento di risaia in Toscana, l’allevamento dei bachi da seta, la produzione di miele e formaggi e ancora la selezione di «animali esotici da caccia quali pavoni, conigli di razza spagnola, daini bianchi».
Fu lì, a quanto pare, che Lorenzo de’ Medici fece portare anche la giraffa che, con un leone addomesticato, gli aveva regalato nel novembre 1487 «el Soldano di Babilonia», che in realtà era quello d’Egitto. Un animale magnifico che lasciò a bocca aperta i fiorentini, racconteranno i cronisti, perché «era sette braccia alta, e ’l piè come ’l bue» e così tranquilla che poteva prendere una mela dalla mano di un bambino. E sollevò tanta curiosità che dovettero portarla in giro per conventi perché la vedessero anche le suore di clausura. Un impazzimento tale che il «camelopardo», com’era chiamata la giraffa allora, finì addirittura nel corteo di una «Adorazione dei magi» del Ghirlandaio e nel «Tributo a Cesare» lasciato incompiuto dal Andrea del Sarto nella Villa di Poggio a Caiano.
A farla corta, stiamo parlando di un luogo magico che si presterebbe splendidamente per offrire al turismo colto internazionale innamorato di Lorenzo de’ Medici la ricostruzione fedele d’una fattoria come l’immaginavano nel Rinascimento. Non ce ne sono altre, nell’orbe terraqueo. Le Cascine di Tavola, come sono chiamate oggi, sono uniche e irripetibili.
Per questo, quando passò il progetto di farne un quartiere residenziale, Legambiente e Italia Nostra fecero l’iradiddio per mettersi di traverso: come potevano trasformare la fattoria medicea, finita di passaggio in passaggio in mano ai privati, in un complesso edilizio di 160 bilocali alcuni dei quali col giardinetto privato più un hotel a quattro stelle, un ristorante e parcheggi e negozi, campi da tennis e centri benessere con palestre, fitness, saune? E come aveva potuto quel progetto della società «Agrifina» esser accettato dal Comune e dalla stessa Sovrintendenza?
A un certo punto, decisa a vederci chiaro, intervenne la magistratura. Che finì per sequestrare il cantiere dopo che già gli edifici erano stati quasi tutti scoperchiati. Era il luglio 2008. Spiegò la Nazione: «Nel mirino degli inquirenti ci sarebbero le autorizzazioni al progetto di recupero presentato dai precedenti proprietari e approvato nel 2003 dal Comune e concordato con la Soprintendenza per i beni ambientali e architettonici. C’è un nome iscritto nel registro degli indagati: quello di una donna, funzionario della stessa Soprintendenza, che dette il via libera al progetto». Due anni prima, nel 2006, la «Agrifina» aveva ceduto l’antica fattoria e i terreni per quasi 18 milioni di euro all’immobiliare «Fattoria Medicea» costituita al 60% dalla «Re Sole» e al 40% da «Pirelli Real Estate». Che da allora ripetono d’aver «comprato in buona fede coi progetti approvati», d’essere disposti a modifiche rendendo una parte della proprietà a uso pubblico, di aver offerto al Comune d’entrare in società a prezzo scontato…
Non bastassero tante grane, da fine ottobre l’inchiesta si è arricchita di un secondo filone. Un’indagine aperta dalla magistratura olandese e da Eurojust, l’organismo che coordina tutte le procure europee, su una gigantesca frode fiscale per centinaia di milioni di euro. Un giro di fatture false emesse da una ambigua società di Amsterdam che consentivano la creazione di fondi neri nei paradisi fiscali. E chi c’è tra gli italiani coinvolti? Riccardo Manetti, il padrone della «Agrifina» che riuscì a ottenere le autorizzazioni a ristrutturare, stravolgendole, le Cascine medicee.
Ha scritto il Tirreno che tra gli affari immobiliari «sui quali si sono innestate le fatture olandesi» c’è anche la fattoria medicea delle Cascine di Tavola «venduta nell’aprile 2006 per 17.700.000 euro da Agrifina a Fattoria Medicea srl». E ha spiegato che, attraverso un giro strano, «lo scopo, secondo gli inquirenti, era far pervenire a Fattoria Medicea srl immobili a un valore vicino a quello reale senza che fosse scontata alcuna imposizione sulla plusvalenza. Detta in altri termini, non pagare le tasse».
Sabato mattina Margherita Signorini e un folto gruppo di amici di Italia nostra e Legambiente sono tornati di nuovo alle Cascine: «Fate qualcosa! Fermate il degrado!». Allarmatissimi, gli stessi protagonisti della battaglia di oggi avevano presentato nel febbraio 2009 un esposto al ministero dei Beni culturali, alle autorità locali, alla procura della Repubblica chiedendo che per salvare la bellissima e malandata fattoria di Lorenzo il Magnifico venisse almeno «effettuata la messa in sicurezza dal degrado causato dagli agenti atmosferici». Da allora sono passati quasi quattro, lunghissimi, anni. Inutilmente.
Gian Antonio Stella