Bernardo Caprotti, Corriere della Sera 18/11/2012, 18 novembre 2012
«BASTA ERRORI IN NOME DI ALITALIA, SERVE UNA SVOLTA RADICALE»
Caro direttore,
ho visto sul Corriere del 24 ottobre che personalità di grande spicco affermano che Milano deve diventare lo hub, il mozzo, il perno, delle comunicazioni tra il nord Europa e l’Europa mediterranea. Lodevole progetto per una città che ha perso il suo primato industriale!, ma che ne detiene ancora ben altri.
Questo mi porta a ripensare all’annuncio fatto da Esselunga su Linate e la sua utilità.
Esselunga ha fatto quell’annuncio perché i suoi 44 ingegneri ed i suoi 88 compratori hanno la continua necessità di visitare fornitori, fiere, eccetera in giro per l’Europa. Il che vale naturalmente anche per chi vuole venir qui.
Quell’annuncio ha suscitato molti improperi alla mia persona, «il patron che si schiera per Linate». Gli italiani amano le fazioni, addirittura le inventano.
Però il mio pensiero di raro utilizzatore, ma di capo d’azienda, è tutt’altro.
Linate è uno straordinario city-airport, che sarà collegato al centro città dalla metropolitana ormai in costruzione, come ce ne sono in altre città, vedi i collegamenti di London-City con Anversa (da 2 a 4 voli al giorno), con Nantes, Berna...
Alla City occorre essere connessa; la City dell’Italia è Milano.
Questo concetto non impedisce tuttavia di formularne un altro, forse dirompente: l’alta Italia non ha mai avuto e non ha un aeroporto intercontinentale, un aeroporto cioè che possa servire l’Italia del Nord, 28 milioni di persone, da Treviso a Torino, da Trento a Bologna a Genova. Altro che Milano!
Perché l’alta Italia è stata così trascurata? Perché c’era l’Alitalia, azienda romana col suo hub ed i suoi dipendenti a Roma: la linea aerea all’amatriciana che ci è costata oltre diecimila miliardi di vecchie lire in perdite e sovvenzioni.
Coloro i quali dovrebbero autorevolmente sollevare questo problema volano tutti con i loro jet privati. Pesenti (Italcementi), De Benedetti, Berlusconi, Meomartini, Presidente di Assolombarda (Eni)... Ma costoro non hanno anche loro 100 dirigenti che debbono spostarsi su Stoccarda oppure Chicago?
Poiché è entrato nel comune modo di pensare che sia normale per un abitante dell’alta Italia di dover passare per Francoforte, Roma, Londra o Parigi per andare in qualsiasi parte del mondo.
Da una recente intervista all’Amministratore Delegato di Alitalia (Panorama del 10 ottobre) apprendiamo che quando Air France-KLM acquisterà Alitalia, quella compagnia di hub ne avrà tre: Amsterdam, Parigi e Roma. E noi? Rimaniamo tagliati fuori per sempre?
La Germania di hub ne ha tre: Francoforte, Monaco e Berlino. Ha anche una compagnia che funziona! Ma questo è secondario. Se ci fosse lo scalo «giusto», più di una compagnia si candiderebbe a servire 28 milioni di abitanti!
Il vero blocco mentale è costituito dal convincimento generale che Malpensa un aeroporto intercontinentale lo sia. Non lo è. Né mai lo potrà essere.
Innanzi tutto perché è sorto lassù, per caso, sulla vecchia pista dei Caproni — costruttori di aerei anni Trenta —, assolutamente fuori mano.
Il terminal è mal concepito e non potrà mai funzionare. Quando ci si arriva da Monaco, da Barcellona o da Atene, da italiani, si prova vergogna.
Le due piste sono sullo stesso lato e gli aerei devono attraversare la prima pista per raggiungere il terminal; come si può pensare di costruirvi la terza?
L’aeroporto intercontinentale dell’alta Italia non deve essere pensato per Milano, deve essere centrale alla Valle, deve essere uno hub, ma deve essere in posizione facilmente navettabile con Linate e Orio, come il Kennedy e il La Guardia a New York.
L’Italia del Nord è stata penalizzata per decenni da Alitalia. Occorre affrancarla da altri interessi. Ma soprattutto occorre sbloccare i cervelli da un modo di affrontare il problema secondo me proprio distorto, cioè teso a risolvere problemi di volta in volta particolari.
L’attenzione quindi è rivolta a Malpensa, che non funziona e per farla funzionare vi si trasferiscono i pochi voli europei rimasti a Linate; oppure a Linate che ci collega con gli hub d’Oltralpe, e non deve; o al bilancio della SEA; o all’Alitalia, che ci ha afflitto quanto basta.
Del servizio ai cittadini, alle imprese, al turismo della «Grande Valle» nessuno si preoccupa. Là dove i numeri dicono chiaramente ciò che a loro necessita.
L’accanimento sull’errore iniziale andrebbe superato da uno slancio visionario verso una soluzione radicale che a mio avviso già c’è. Io, a mie spese, ho imparato: insistere ad investire su un impianto sbagliato è diabolicum.
Caro direttore, con tutto questo, sia chiaro, io non sono contro Fiumicino, Roma o Venezia, mete superlative, dove il traffico oltretutto continuerà a crescere. Ma certo non crescerà nella tratta Linate-Fiumicino, dato l’avvento di una assai più comoda e conveniente Alta Velocità.
Io mi scuso con Lei per queste molte, troppe idee farfugliate, ma mi sembrerebbe il caso che su un argomento così grave, quale la vita o l’asfissia della nostra città e di una parte tanto grande del Paese, si aprisse un dibattito, innanzi tutto coinvolgendo degli esperti di aviazione non interessati e poi altri giornali e persone informate e intelligenti, da Albertini a Molgora, da Armani ad Abravanel.
Coi miei più cordiali saluti.
Bernardo Caprotti