Alessandra Mangiarotti, Corriere della Sera 18/11/2012, 18 novembre 2012
L’AEROPORTO DEL SIGNOR ESSELUNGA: HUB A MONTICHIARI COME A PARIGI
Bernardo Caprotti costruisce il suo «sillogismo» con il piglio pragmatico dell’imprenditore che sa trasformare le idee in azioni: «Il Nord Italia non ha un aeroporto intercontinentale»; «Malpensa non sarà mai l’hub del Nord, Montichiari avrebbe tutte le carte in regola per diventarlo». Conclusione: «Perché non trasformare lo scalo bresciano nell’aeroporto che 28 milioni di abitanti chiedono?».
«Il mio è il ragionamento di un droghiere», premette il patron dell’Esselunga. «Ma questa, dopo Monaco, Ruhr e Île-de-France è la quarta regione più ricca d’Europa: non abbiamo forse diritto a un nostro aeroporto intercontinentale?».
Montichiari oggi è uno scalo fantasma: zero passeggeri, tremila metri di pista su cui rullano solo voli postali e qualche cargo, una gestione che in dieci anni ha perso più di 40 milioni. Eppure l’Ente per l’aviazione civile l’ha appena certificato per operazioni con Boeing 747-8, il gigante dei Jumbo jet. E il nuovo piano nazionale degli aeroporti gli attribuisce un ruolo di «scalo cargo e nel lungo periodo quello di riserva di capacità» per il Nord. Spiega Caprotti: «Montichiari ha tutto: posizione, bacino d’utenza, un’area vincolata di 44 kmq (ci sta dentro un Charles de Gaulle!), futuri collegamenti. Buttiamo tutto per salvare Malpensa?». Nella sua testa il futuro di Montichiari-hub è inserito in un piano che riserva un ruolo a ciascun aeroporto: «Malpensa: traffico cargo e passeggeri low cost per destinazioni lontane; Linate: city-airport con potenziamento dei collegamenti business su città come Nizza, Ginevra, Stoccarda». E i soldi? «Da qui a 15-20 anni ci saranno. Bisogna guardare lontano».
Per il 2030 nel Nord Ovest si prevede una domanda di traffico di oltre 75 milioni di passeggeri. Afferma Giulio De Carli, architetto esperto di pianificazione aeroportuale e coordinatore del piano nazionale degli aeroporti: «Già oggi il bacino è importante, 30 milioni e più. Ma non bisogna cadere nell’illusione che la risposta sia un hub. Da subito Montichiari è perfetto per il trasporto cargo, pochi investimenti e si recuperano in parte le perdite. Tra vent’anni potrebbe diventare sì un aeroporto intercontinentale. Ma per farne un hub oltre alla struttura ci vorrebbe un grande vettore con base li». Come Londra, Parigi, Francoforte. «E visto che abbiamo perso la possibilità di avere una nostra grande compagnia (in Europa non c’è più spazio, già premono gli asiatici) la soluzione è quella di creare uno scalo aperto ai vettori globali». Come Berlino: «Costruito potenziando accessibilità e infrastrutture. Allo stesso modo serve subito pianificare strade e ferrovie (con la fermata dell’Av il più vicino possibile a Montichiari) e salvaguardare le aree vicine come a Madrid».
Oliviero Baccelli, vicedirettore del Certet Bocconi, ricorda che di un grande Montichiari si parla da anni. Per lui stesse condizioni: «Vincolo delle aree e pianificazione dell’Alta velocità che ad oggi prevede un tracciato lontano dall’aeroporto. Serve però acquisire l’area militare di Ghedi, quindi rivedere potenziamento di Venezia e realizzazione della terza pista a Malpensa». Caprotti però su una cosa ha ragione: «Se si traccia una mappa isocrona per capire quanta gente attrae l’aeroporto quasi sicuramente Montichiari vince su Malpensa».
Alessandra Mangiarotti