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 2012  novembre 18 Domenica calendario

GLI ALTI MAGISTRATI ALLA BATTAGLIA PER LA CONSULTA —

La notizia sta facendo da giorni il giro delle stanze che contano. È argomento di discussione fra gli alti burocrati dello Stato, i vertici delle magistrature, i politici più sensibili ai mutamenti degli equilibri di potere all’apice dell’amministrazione. Perché non capita tutti i giorni che un presidente di Consiglio di Stato, insediatosi da poco più di sette mesi, decida di lasciare il prestigioso incarico per puntare a un’altra poltrona. Nella fattispecie, quella di giudice costituzionale oggi occupata da Alfonso Quaranta.
L’attuale presidente della Consulta proviene dal Consiglio di Stato, organismo cui spetta uno dei quindici componenti della Corte, e scadrà il 27 gennaio 2013 lasciando così libero il seggio di competenza degli alti magistrati amministrativi. Che il 28 novembre dovranno eleggere chi lo occuperà per i prossimi nove anni. In cima alla lista dei possibili candidati troveranno il nome di Giancarlo Coraggio, 72 anni, magistrato da 47, consigliere di Stato da 39, una carriera formidabile nella quale non sono mancati incarichi governativi (è stato fra l’altro nello staff di palazzo Chigi al tempo di Ciriaco De Mita e capo di gabinetto del ministero dei Lavori pubblici), culminata con la nomina a presidente dei magistrati di palazzo Spada a febbraio di quest’anno.
Simili avvicendamenti sono fatti di ordinaria amministrazione. Ed è normale che non vada tutto liscio come l’olio: succede sempre quando ci sono in ballo posti di tale potere. Ma questo caso è diverso, come testimoniano gli scambi di mail infuocate che viaggiano nei computer di palazzo Spada. Alcuni consiglieri di Stato giudicano sconveniente il fatto che il presidente dei magistrati amministrativi si candidi per un posto di giudice costituzionale «semplice», pur con la prospettiva futura di ritrovarsi, chissà, a capo della Consulta, com’è accaduto a Quaranta e a Riccardo Chieppa prima di lui. Può sembrare una sciocchezza, ma chi conosce bene le dinamiche interne ai poteri dello Stato sa invece che queste «sciocchezze» sono a volte determinanti. Basta ricordare quanto la Corte dei conti ritenga indigesta la decisione di affidare la presidenza della commissione incaricata di controllare i bilanci dei partiti, composta per tre quinti da giudici contabili, a un consigliere di Stato. C’è poi chi, in modo decisamente più prosaico, lamenta che la discesa in campo della massima carica condizionerà la competizione elettorale, svantaggiando gli altri candidati meno influenti.
Sullo sfondo, però, c’è anche la non trascurabile questione della successione al vertice dei magistrati amministrativi. Il fatto è che la candidatura di Coraggio alla Corte è maturata contestualmente all’uscita di scena di un altro suo autorevole collega. Si tratta di Giorgio Giovannini, presidente aggiunto di palazzo Spada. Anch’egli ha un curriculum monumentale, nel quale fa capolino un vecchio incarico governativo: neanche quarantenne, era capo di gabinetto di Bettino Craxi a palazzo Chigi. Fino a qualche settimana fa era considerato lui il candidato meglio piazzato per la Corte costituzionale. Ora la sua rinuncia in favore di Coraggio gli spianerebbe invece la strada per la presidenza del Consiglio di Stato. Una specie di staffetta mal digerita da quanti temono che Giovannini, potendo occupare quella poltrona fino al giorno del compimento del settantacinquesimo anno, cioè il 24 dicembre del 2018, ostruirebbe per sei anni le prospettive di carriera ai piani alti di palazzo Spada. Inevitabile che i sintomi di questi malumori si concretizzassero in una candidatura alternativa a quella di Coraggio. Il quale, a meno di sorprese, alle elezioni del 28 novembre se la dovrà dunque vedere pure con Alessandro Pajno, presidente di sezione del Consiglio di Stato che vanta a sua volta una lista impressionante di incarichi. È stato capo di gabinetto con Sergio Mattarella, Rosa Russo Jervolino e Carlo Azeglio Ciampi: segretario generale di palazzo Chigi nel primo governo di Romano Prodi, nel secondo è stato addirittura sottosegretario all’Interno. Il confronto è inedito e appassionante come le Primarie del centrosinistra. Oltre a Pajno, per esempio, si considera sempre in lizza anche il presidente della quarta sezione, Gaetano Trotta. Il che complica ancora di più la corsa. I votanti sono un centinaio in tutto, considerando che sono esclusi quelli fuori ruolo, come il parlamentare del Pdl ed ex ministro Franco Frattini, oppure l’ex segretario generale del Senato e attuale sottosegretario alla presidenza Antonio Malaschini. Basterebbe una manciata di voti per far pendere la bilancia da una parte o dall’altra. Con il probabile rischio che, se nessuno dovesse raggiungere la maggioranza assoluta, si vada il giorno dopo al ballottaggio. E allora sarebbero comunque dolori. Come si dice in questi casi? Vinca il migliore.
Sergio Rizzo