Claudio Antonelli, Libero 17/11/2012, 17 novembre 2012
LA VERITÀ SUGLI EVASORI FISCALI E LO SCANDALO DEL SUK DI BRERA
Non ce ne voglia Maffeo Pantaleoni, ma vorremmo esordire con una sua citazione. «Qualunque sciocco può imporre tasse, l’abilità consiste nel ridurre le spese». Ma era il diciannovesimo secolo. Ora invece la scuola di pensiero economica è molto diversa. Il debito pubblico è arrivato al 126,1% del Pil e da più fronti ci viene spiegato che l’unica cura che ci può salvare è la caccia senza pietà all’evasore fiscale. Se i servizi non funzionano è perché in molti non pagano le tasse.
Ed è per colpa degli evasori che le aziende oneste sborsano fino al 70% tra tasse e imposte. Insomma una certa stampa poi ha le idee ancora più chiare: piccoli imprenditori e Partite Iva sono ricettacolo di evasione. Dunque rimettere in carreggiata questa fetta di società permetterebbe anche di rimettere in sesto i conti pubblici. Eppure l’evasione imputabile a questa categoria è solo il 5% dello stimato. Gli autonomi assieme alle società di capitali in Italia evadono meno degli extracomunitari e dei lavoratori dipendenti che fanno il doppio lavoro. Operai o lavoratori pubblici che siano.
Contribuenti.it, associazione che collabora con le Commissioni Finanze della Camera e del Senato, la Presidenza del Consiglio, il Ministero dell’Economia e delle Finanze, il Ministero dell’Interno, l’Agenzia delle Entrate, delle Dogane e le Commissioni Tributarie, ha stilato una stima di come la grande torta dell’evasione fatta ogni anno da circa 180 miliardi sia suddivisa. Al primo posto le organizzazioni criminali con poco meno di 80 miliardi. Al secondo le grandi aziende e le multinazionali con 38 miliardi. Seguono appena dietro i lavoratori dipendenti e gli extracomunitari che lavorano in nero. Poi le società di capitali che si attestano a 22 miliardi. E infondo le partite iva e le pmi con nove miliardi di euro. È vero stiamo parlando di stime. Ma d’altronde il nero si può solo stimare altrimenti sarebbe emerso e dunque vinto.
Detto questo, e se le percentuali sopra riportate sono esatte, l’Italia sta rischiando di massacrare la propria economia soffocandola di tasse per racimolare 9 più 22 miliardi. A livello teorico è ineccepibile. Ma la scelta politica ci lascia sconcertati. Perché non fare una campagna contro i dipendenti che fanno il doppio lavoro? Non sono forse evasori quanto uno che porta lo yacht alle Cayman? E poi tutti gli extracomunitari che lavorano nel sommerso, che commerciano merci contraffatte? Lo illustra perfettamente il reportage milanese pubblicato in questa pagina. Senza contare che se non ci fosse la contraffazione in Italia ci sarebbero 110 mila posti di lavoro in più e 1,7 miliardi di euro di entrate per il fisco. Secondo una ricerca presentata dal ministero dello Sviluppo economico insieme al Censis, se i prodotti falsi fossero venduti sul mercato legale le imposte salirebbero di 4,6 miliardi. È chiaro. Politicamente i lavoratori dipendenti non si toccano. Guai a criminalizzare la categoria. E gli extracomunitari non sono aggredibili nei patrimoni. Perché non ne hanno. Infine le mafie. Lo Stato ogni tanto fa del solletico e sequestra qualche bene. Ma il problema è sempre lo stesso. Patrimoni difficilmente aggredibili. Così si finisce per voler sempre assimilare quelle solite categorie al concetto stesso di evasione fiscale. Quando invece rappresentano solo una piccola fetta della grande torta. Intanto negli ultimi mesi hanno già chiuso per tasse 45 mila piccole imprese. E dalla politica si sente il solito ritornello: «Le pmi sono la spina dorsale del Paese». Che infatti di spina dorsale non ne ha più. Dal governo, infine, ci saremmo aspettati due parole sull’evasione fiscale legata alle gradi aziende.
Secondo lo studio di Contribuenti it, una grande società su tre «ha chiuso il bilancio in perdita e non pagando le tasse. Inoltre il 94% delle big company abusa del “transfer pricing” per spostare costi e ricavi tra le società del gruppo trasferendo la tassazione nei paesi dove di fatto non vi sono controlli e sottraendo al fisco italiano 37,8 miliardi di euro all’anno». Gran Bretagna e Germania hanno chiesto un giro di vite sulle multinazionali. «Le normative fiscali internazionali hanno fatto fatica a stare al passo con i cambiamenti nella e-commerce», si legge in una nota congiunta. E di conseguenza «alcune multinazionali sono in grado di spostare la tassazione degli utili altrove rispetto a dove sono generati, minimizzando il loro carico fiscale rispetto alle imprese più piccole e meno internazionalizzate». Da noi si combatte l’evasione. Sacrosanto. Ma col taccuino al rovescio. Milton Friedman nel 2001 in visita nel nostro Paese sentenziò: «Se l’Italia si regge ancora in piedi è grazie all’evasione fiscale... l’evasore in Italia è un patriota». Ora rischierebbe l’arresto.