Chiara Beria Di Argentine, La Stampa 17/11/2012, 17 novembre 2012
LA SUORA CHE DÀ SPERANZA A CHI NON HA PIÙ NIENTE
Fuori, sul marciapiede di semiperiferia, già si sta formando la coda di donne e uomini; sono «gli invisibili», come ha chiamato i nuovi poveri il cardinale Dionigi Tettamanzi ex arcivescovo di Milano. Nella sala colloqui delle missionarie francescane che, ogni giorno, aiutate da 250 volontari, distribuiscono ai più bisognosi 550 pasti caldi («La carne? Non possiamo permettercela. Solo a Natale - grazie al consiglio di zona 3 - riusciamo a dare il pollo») una sola volta suor Rossella Vella smarrisce il suo bel sorriso. «Certo che ho momenti di sconforto. Per esempio, quando uno dei nostri ospiti (noi li chiamiamo così) mi chiede: “Perché non posso avere una vita normale come gli altri?”. Cosa posso rispondergli! Resto in silenzio e soffro con lui».
Una sola volta, suor Rossella, 41 anni, nata a Galliate (provincia di Novara) che, dal 2008, dopo essere stata in Brasile e in Bosnia, è missionaria sul fronte più oscuro e drammatico della metropoli (Milano è la città capitale degli homeless e con il maggior numero di migranti; una situazione aggravata dalla recessione) non riesce a nascondere la sua indignazione. Cosa pensa della nostra classe dirigente? Politici etc. etc. Prima arrossisce come una bambina la missionaria laureata in lingue straniere all’università di Vercelli che ha scelto di dedicare la sua vita a servire i più poveri nello spirito di Francesco d’Assisi e della fondatrice del suo ordine, Beata Maria della Passione. Poi, risponde: «Solo in Brasile ricordo tanta diseguaglianza sociale. Farebbero bene a venire a vedere, a toccare con mano la sofferenza ma anche la grande dignità di queste persone». Presenti a Milano fin dal 1911 le missionarie francescane nel 1950, nella sede di via Ponzio, diedero vita alla mensa gratuita; allora serviva non più di 50 «barboni» ma, con il passare del tempo davanti a nuove emergenze sociali hanno dovuto riorganizzarsi per riuscire a rispondere ai bisogni primari delle persone più indigenti.
Dati: quest’anno, da gennaio a ottobre, la mensa per i poveri delle missionarie francescane, la sola in città aperta anche la domenica, ha già servito 108.547 pasti (primo, secondo con contorno e possibilità di scelta alternativa per motivi di salute o religiosi); gli ospiti - di 110 nazionalità - muniti di un tesserino con foto possono fare una doccia e avere ogni 2 mesi un cambio di guardaroba; in via Ponzio funziona anche un Centro di ascolto e una scuola con corsi di lingua e cultura italiana per facilitare l’integrazione (nel 2011 ci sono state 2.300 ore di lezioni). «Non potremmo farcela senza la collaborazione dei nostri meravigliosi volontari», sorride suor Rossella. «Durante la settimana ci aiutano soprattutto i pensionati. Ma, quest’anno, abbiamo moltissimi giovani, dai 18 anni in su. Arrivano dalle parrocchie, aprono gli occhi, capiscono cosa significa la povertà. Altro che città senz’anima: il bene è spesso nascosto, bisogna scovarlo!». Sostenute dal Banco Alimentare, da Siticibo (recupera cibo cotto dalla ristorazione) e da benefattori privati le missionarie hanno ricevuto solo per 2 anni 10 mila euro di contributi dal Comune. Briciole. «Ci mancano sempre scarpe da ginnastica e giubbotti e, dopo 17 anni, dovremmo cambiare forni e pentoloni. Speriamo nella Provvidenza!», sospira la suora. Ciò che colpisce la missionaria degli invisibili è che mentre gli extracomunitari stanno un po’ diminuendo («Alcuni sudamericani con la crisi sono tornati a casa») nei primi 10 mesi del 2012 ben 24.874 pasti sono stati consumati da italiani. Anziani, padri separati, disoccupati.
Racconta suor Vella che ora la domenica con le mense scolastiche chiuse in via Ponzio arrivano molti bambini con i loro genitori e di quel bravo operaio che faceva il volontario ma adesso ha perso il posto; della giovane famiglia appena emigrata dal sud alla ricerca di lavoro con un bebè di 45 giorni e di una mamma con 2 figli piccoli che le ha chiesto delle candele perché non aveva i soldi per pagare la bolletta della luce e sulla sua casa è sceso il buio. Milano, autunno 2012, dalla parte dei nuovi poveri.