Marco Pasotto, La Gazzetta dello Sport 19/11/2012, 19 novembre 2012
Occhiali da sole, infradito, palma d’ordinanza e magari un bel chiringuito a pochi passi. La cartolina perfetta
Occhiali da sole, infradito, palma d’ordinanza e magari un bel chiringuito a pochi passi. La cartolina perfetta. Soprattutto se non costa un centesimo. Questo è ciò che attende Stephan El Shaarawy fra poco più di un mese, per gentile omaggio del suo capitano Ambrosini. Ferie pagate ai Caraibi, chiaramente non in hotel a due stelle. Ambro onorerà la scommessa molto volentieri — l’accordo era 10 gol stagionali entro Natale — perché vuole bene al Milan e spedire il Faraone ai tropici a sue spese significa che il ragazzo ha fatto meraviglie, e di conseguenza che il Milan ne ha tratto beneficio. Ancora una volta i rossoneri si sono salvati grazie al loro Piccolo Faraone, terminale di gioco ideale sia quando si tenta la rimonta con molta disperazione e poca lucidità (Palermo), sia quando la si cerca con carattere e idee finalmente chiare (Napoli). Per Stephan non fa differenza perché evidentemente non sente la pressione e non si fa prendere dall’ebbrezza da gol. Fateci caso: esulta soltanto quando mette a segno reti decisive — un pareggio o un vantaggio — e non se la squadra è ancora sotto. Perché per un attaccante non c’è nulla di più triste di un gol inutile. Atteggiamento Per raccontare i primi due mesi stagionali di Stephan non bisogna analizzare la tecnica. Quella è evidente, basta riguardarsi le sue partite. Meglio concentrarsi sulla maturità, che a 20 anni appena compiuti non è propriamente così scontata. Il Faraone fin qui ha dato una lezione di comportamento a tutta la squadra, mostrando a compagni ben più anziani, navigati e celebrati qual è l’atteggiamento corretto da tenere in campo. Proprio quell’atteggiamento invocato da Allegri pochi giorni fa, dai senatori Abbiati e Ambrosini dopo la Fiorentina, e da Berlusconi alla vigilia di Napoli. E’ un concetto semplice: prevede tanta corsa, raddoppi, recuperi, contrasti. Sintetizzando: voglia di sbattersi. Lui ce l’ha, e in più è riuscito ad arrivare sufficientemente lucido davanti alla porta ben undici volte. Dieci in campionato, con due schiaffi in faccia a Cavani (che condivideva con lui il trono dei bomber), e una in Champions, il primo sigillo europeo della vita. Bidone Nella notte del San Paolo Galliani aveva chiamato Preziosi: «Ma che bidone mi hai venduto?». E giù a ridere. Sembrava di rivederlo felice dopo qualche prodezza di Ibra. Il filo che unisce lo svedese e Stephan in realtà c’è perché il Milan è dipendente dal Faraone come lo era da Zlatan. Anche di più. Dopo 13 giornate di campionato, con 10 reti, El Shaarawy è in vantaggio su «entrambi» gli Ibrahimovic: nel 2010-11 Zlatan ne aveva segnati 7, un anno fa erano 8. Stephan meglio di Ibra anche nella media gol: uno ogni 107’ a fronte di uno ogni 152 (’10-11) e uno ogni 108 (’11-12). Questo per quanto riguarda un’analisi esclusivamente temporale, basata sui primi 13 turni, ma va ricordato che lo svedese aveva saltato una partita due campionati fa e tre l’anno scorso. Appaiando i due fenomeni in termini di presenze e minuti, l’Ibra 2010-11 ne esce sempre nettamente sconfitto (7 gol), mentre quello dell’anno scorso è a quota 11, quindi sopra di un gol. Dettagli. Che nulla tolgono alla meravigliosa stagione di Stephan, capace, da qualsiasi angolazione si osservi, di non far rimpiangere lo svedese. La cresta resta alta e scolpita come sempre, Berlusconi si metta il cuore in pace perché Stephan non la modificherà. A patto di continuare così.