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 2012  novembre 17 Sabato calendario

Bibite e cibi grassi, il flop delle tasse etiche - Tutto è cominciato intorno agli anni Trenta quando il go­verno americano decise di im­porre ai suoi cittadini di non be­re alcolici

Bibite e cibi grassi, il flop delle tasse etiche - Tutto è cominciato intorno agli anni Trenta quando il go­verno americano decise di im­porre ai suoi cittadini di non be­re alcolici. Nei programmi il proibizionismo avrebbe dovu­to far crollare il consumo di al­col, nella realtà contribuì ad ali­mentare il commercio nero. A distanza di quasi un secolo la storia si ripete, solo che adesso lo Stato non vieta: impone tas­se. Imposte definite «etiche», perché etico dovrebbe essere il fine educativo, ma che spesso celano intenti economici. E che mai come adesso si stanno di­mostrando un flop. Basta pensare agli esempi più recenti per arrivare alla con­clusione che far pagare di più chi beve alcolici, fuma sigarette o consuma bibite gasate non so­lo non migliora la salute dei cit­tadini, ma arricchisce le tasche dei contrabbandieri. E così chi queste tasse ha cercato di im­porle in ogni modo, adesso fa marcia indie­tro. È il caso della Dani­marca, che a distanza di un anno dall’in­troduzione della legge contro i cibi ipercalorici ha dovuto pie­gar­si alla soffe­renza dei produttori. Mentre, infatti, il costo di burro e altri ge­neri grassi lievitava di oltre il 2%, i cittadini fuggivano in Ger­mania per acquistare gli stessi prodotti a prezzi più bassi. Met­tendo a rischio non solo la pro­pria salute, ma anche migliaia di posti di lavoro. Tanto che la legge non ha cambiato le stati­stiche: secondo l’Istituto nazio­nale di sanità i­l 47 per cento del­la popolazione danese è sovrap­peso e il 13% è obeso. Numeri che non sono cambiati nell’ulti­mo anno. Tanto che il governo danese sta pensando di fare re­tromarcia anche sulla tassa ap­plicata allo zucchero, che sareb­be dovuta partire nel 2013. Co­me la revisione della direttiva europea contro il fumo, che do­vrebbe essere presentata il prossimo anno e portare divieti come quello di esporre le siga­rette e di applicare il logo del produttore sul pacchetto. Men­tre i prezzi continuano a salire, specialmente in Italia, come conseguenza dell’aumento dell’Iva. Qui la tassa ’etica’ rap­presenta un introito importan­tissimo per le casse dello Stato: nel 2011 il gettito derivante da questo settore è stato pari a 14,1 miliardi di euro, di cui oltre 10,9 miliardi derivanti dalle accise e 3,1 dall’Iva. Proprio come quel­lo g­arantito dalle accise sugli al­colici. Il risultato è che gli italia­ni comprano le sigarette al­l’estero - nel Belpaese l’accisa sul tabacco rappresenta più del 58% del prezzo finale - o, peg­gio, si rivolgono al mercato del contrabbando. Le previsioni già dicono che nel 2012 il merca­to legale delle sigarette, in Ita­lia, ha subito una flessione dell’8 per cento. E la cifra è desti­nata ad aumentare, mentre di­minuiranno i guadagni dello Stato. Italia e Danimarca non sono certo gli unici Paesi euro­pei a farsi abbagliare dalle tasse etiche. Anche la Francia, che mira a salvare la salute dei pro­pri cittadini dal famigerato olio di palma, ovvero l’ingrediente principale dell’italianissima Nutella. E questa volta sul pie­de di guerra - per gli aumenti del 300 per cento che una tassa del genere imporrebbe- non so­no solo gli imprenditori del set­tore, ma anche i Paesi che fon­dano gran parte della propria economia proprio sull’esporta­zione di questo olio. La Malesia su tutti. E negli Stati Uniti? Qui la battaglia è contro le bibite ga­sate. L’ha dichiarata il sindaco di New York Michael Bloomberg che, con un’ordinanza che mi­ra a contrastare l’obesità, ha vie­tato la vendita di bibite frizzanti in confezioni superiori al mez­zo litro in tutti i luoghi pubblici ma anche nei fast food e nei ri­storanti della Grande Mela. E chi sgarra dovrà pagare una multa di 300 dollari.