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 2012  novembre 16 Venerdì calendario

Un confronto militare che deve durare poco per l’interesse di molti - Difficile prevedere quali saranno le ricadute a medio e lungo termine della nuova battaglia fra Israe­le e i palestinesi a Gaza

Un confronto militare che deve durare poco per l’interesse di molti - Difficile prevedere quali saranno le ricadute a medio e lungo termine della nuova battaglia fra Israe­le e i palestinesi a Gaza. Nell’im­mediato è possibile registrare chi guadagna o perde in questa prima fase del conflitto. Fare un primo bilancio dei possibili guadagni e perdite per gli stati interessati. L’Egitto fa la voce grossa riti­rando il suo ambasciatore da Tel Aviv e minacciando di viola­re gli impegni presi con la firma del trattato di pace con Israele inviando truppe nel Sinai demi­litarizzato. Israele non è di me­no mobilitando le sue riserve. Ciononostante la crisi sembra meno grave di quanto può ap­parire dai titoli dei media an­che perché le parti stanno tiran­do le somme di queste due pri­me giornate di guerra. Netanyahu guadagna senza dubbio e probabilmente non vuol perdere i vantaggi acquisi­ti. Rispondendo al lancio di più di 200 razzi sul suo territorio -che hanno creato morti, vari fe­riti e un milione di israeliani nei ricoveri - ha già ottenuto quattro risultati: ha compatta­to dietro di se un paese forte­mente diviso sulle questioni so­ciali;entra nella campagnaelettorale per le elezioni di gen­naio con l’immagine di leader deciso che nessun altro politi­co israeliano possiede; ha di­mostrato di non preoccuparsi come il suoi predecessori dell’ opinione internazionale; ri­prende una libertà d’azione nei confronti di Washington che la rielezione di Obama sem­bravaaver considerevolmente ridotto. Infine rinvia -anche se non abbandona- il momento di agire militarmente contro l’Iran. Guadagna l’Autorità palesti­nese che senza formalmente abbandonare la sua campagna diplomatica per ottenere il rico­noscimento dell’Onu a uno sta­to palestinese è tutt’altro di­spiaciuta nel vedere Israele fa­re «lo sporco lavoro» contro Ha­mas, suo mortale rivale. L’offensiva israeliana su Ga­za i­mbarazza il governo dei Fra­telli musulmani del Cairo vota­tiper ragioni ideologiche e di prestigio alla difesa del gover­no dei Fratelli musulmani di Gaza. Dimostra il fallimento dei suoi sforzi per ottenere il ri­spetto del cessate il fuoco delle frange radicali islamiche ostili ai Fratelli musulmani non me­no che a Israele. Allo stesso tem­po questa crisi offre al Cairo la possibilità di mostrarsi durocon Gerusalemme (ritirando da Tel Aviv l’ambasciatore ap­pena nominato inviando forze militari nel Sinai) di acquistare prestigio, aumentando il suo peso nei confronti di Washin­gton senza tema di rischiare un conflitto con Israele (che non vuole mettere a repentino la pa­ce con l’Egitto) e al quale l’Egit­to non è preparato. Due sono le grandi incogni­te: quello che farà Washington e quello che farà Ankara. Oba­ma invischiato come è negli scandali militari in casa e impe­gnato a sollevare­l’America dal­la crisi economica sembra mol­topiù cauto del passato nel prendere iniziative nel Medio Oriente. Il premier turco alle prese con la crisi siriana ma allo stes­so te­mpo impegnato a condur­re una forte azione di propagan­da anti israeliana (con il proces­so in con­tumacia contro massi­mi esponenti militari israelianiconsiderati responsabili della morte di 8 cittadini turchi sulla nave Marmara che cercava di rompere il blocco di Gaza due anni fa) potrebbe sfruttare la nuova crisi palestinese a suo fa­vore. Quello che conta in questo momento per tutti è riuscire a contenere la crisi in tempi bre­vissimi. Se durasse contagian­do la regione sarebbe un disa­stro che nessuno degli attori è preparato ad affrontare. Uno sviluppo che al di là delle varie retoriche nessuno degli attori desidera in questo momento veder concretizzarsi.