Gabriele De Palma, Corriere della Sera 17/11/2012, 17 novembre 2012
S econdo alcuni catastrofisti che vedono imminente il collasso dell’attuale sistema economico, la sopravvivenza in un futuro non troppo lontano sarà garantita dalla capacità di scambiare oggetti e servizi
S econdo alcuni catastrofisti che vedono imminente il collasso dell’attuale sistema economico, la sopravvivenza in un futuro non troppo lontano sarà garantita dalla capacità di scambiare oggetti e servizi. Una delle voci di questo coro pessimista, il popolare sito SurvivalLife, ha già stilato una lista di beni da accumulare in vista delle permute dell’era post dollaro. Senza aspettare tale cataclisma il baratto ha fatto il suo ritorno nelle abitudini dei consumatori e la Rete ha facilitato questa rinascita. Che siano strutturati come vere piattaforme web per le inserzioni o semplici forum, che vi si acceda da pc o da smartphone, la gamma di possibilità online di praticare una delle forme più primitive di transazione è vasta e declinata secondo tutte le modalità immaginabili: dal baratto diretto, senza intermediari, a quello indiretto in cui l’intermediario è chi gestisce la piattaforma; da quello puro, che non prevede l’uso di monete in alcuna forma, all’ibrido con la possibilità di utilizzare in certi casi anche il denaro. E non mancano le implicazioni etiche e ambientaliste, scambiare non comporta infatti aumenti del ciclo produttivo e riduce il numero di rifiuti da smaltire. Uno dei tratti comuni delle piattaforme online di scambio è la loro natura locale. Funzionano infatti generalmente meglio quelle che mettono in contatto utenti della stessa zona geografica. Questa caratteristica è agevolata dalle applicazioni che sfruttano i sistemi di geolocalizzazione degli smartphone. In questi casi l’app capisce la posizione dal Gps e mostra su una mappa le offerte dei barattatori nelle vicinanze (dovrebbe funzionare così anche la piattaforma italiana XTribe che verrà lanciata nelle prossime settimane per Android e iOS). Altro tratto comune a tutti è la modalità di partecipazione. Ci si registra sulla piattaforma e si pubblicano le informazioni e le immagini del bene di cui si è disposti a liberarsi. La ricerca avviene seguendo il percorso inverso, dal bene (ordinato in categorie) si arriva all’offerente, con cui ci si accorda per la permuta e la modalità di consegna. In Italia tra i servizi più diffusi c’è il decano del settore, ZeroRelativo, online dal 2006, che aggrega una comunità di permutatori di oltre 30 mila iscritti; qui il baratto avviene come da definizione con uno scambio diretto di beni o servizi. Chi gestisce il servizio non intasca nulla. Una delle nuove realtà più interessanti, Reoose, adotta invece il sistema dei crediti: ogni oggetto ha un valore espresso in crediti, si può scambiare un bene solo quando si hanno crediti sufficienti e i crediti si accumulano non solo vendendo ma anche sponsorizzando la piattaforma o acquistandoli in denaro. Basato sul sistema dei crediti anche Cose(in)utili, che però dal 2013 chiederà una piccola quota di iscrizione a pagamento. Swoppydo è agnostico riguardo alla natura dello scambio, baratto puro e diretto o mediato dal sistema di crediti su valuta virtuale (non riconvertibile in denaro). La reputazione degli inserzionisti è fondamentale per la fiducia nella piattaforma. Il livello di intermediazione di chi la gestisce parte da un grado zero di semplice tramite per l’incontro di domanda e offerta, a uno massimo in cui ogni fase dello scambio è monitorata. I furbi e i disonesti vengono segnalati dagli utenti stessi e possono essere «bannati» dal servizio (ed eventualmente perseguiti per legge). Non c’è niente di peggio, sia per gestori sia per gli utenti delle piattaforme online, che il cosiddetto swaplifting, ovvero il mancato rispetto dell’accordo preso. D’altronde tutte le forme di vita sociale si basano sulla fiducia, anche quelle che hanno radici lontane nel tempo e che oggi vivono un ritorno telematico.