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 2012  novembre 17 Sabato calendario

«Non sono mica dei bar o delle sale da tè dove fra amici si possono dire le cose peggiori e si resta impuniti»

«Non sono mica dei bar o delle sale da tè dove fra amici si possono dire le cose peggiori e si resta impuniti». Per l’avvocato Andrew Reid, che si è preso l’incarico di farla pagare cara a chi ha coinvolto maldestramente Lord McAlpine nella squallida catena degli abusi sessuali sui minori, è ora di voltare pagina. «Basta coi processi agli innocenti celebrati sui social network». Nel mirino, il legale dell’ex tesoriere conservatore, ha messo Twitter. Ma non è che le altre «piazze» virtuali siano al riparo dalla sua offensiva. Anzi, da temere qualcosa l’hanno pure. La vicenda che è cominciata con i silenzi e le figuracce della Bbc sul losco passato della star televisiva Jimmy Savile e che si è trasformata in un boomerang clamoroso per l’istituzione televisiva britannica può diventare il grimaldello per regolamentare l’uso di Internet e di quelle utili quanto dirompenti finestre di informazione e intrattenimento che sono appunto le reti sociali. Niente paura: non ci sono prepotenti censori che stanno pensando di sbattere in galera dissidenti o partigiani di libertà. Solo che la storiaccia della Bbc ha stimolato più di una semplice riflessione: come è possibile impedire che un innocente si ritrovi nella melma e coperto d’infamia perché un giornalista, o frettoloso o smanioso di gloria o in malafede ma poi ripreso da migliaia di «follower» e seguaci, colleghi il suo nome a una violenza, a un’inchiesta senza le necessarie prudenze e verifiche? A Londra se ne parla parecchio e si sta venendo al dunque, tanto che se ne occupano sia gli uffici del Crown Prosecutor Service, i pubblici ministeri, sia l’Ofcom che è l’authority di controllo sulle società di comunicazione. Però la strada è aperta per allargare il teatro della discussione. Di gogne costruite dal nulla ormai è piena la platea virtuale di mezzo mondo, Italia compresa. L’avvocato di Lord McAlpine non si è lasciato sfuggire l’occasione e adesso spara bordate a raffica. Con la Bbc l’ha chiusa in fretta: ha preteso le scuse per avere trascinato il suo assistito nel burrone dei sospetti gratuiti e falsi, ottenendo a corredo un risarcimento di 185 mila sterline. Nessuna causa e contanti. La partita non si è esaurita qui. L’avere diffuso impropriamente via Twitter il nome di Lord McAlpine, accreditandolo come professionista di perversioni, costerà caro a parecchie persone e non soltanto ai giornalisti più incauti. Bensì a tutti quanti si sono cimentati nel rilanciare le prime false notizie sul suo conto. La lista è lunghissima. C’è persino la signora Bercow, la dinamica Sally moglie dello speaker dei Comuni, il «presidente» dei parlamentari di Westminster, che ai suoi 50 mila fedeli ha dato in pasta il nome di Lord McAlpine con eccessiva disinvoltura. Occorrerà capire se le scuse pubbliche, chiare, urlate, rilanciate via Twitter e via mass media di ogni genere, basteranno a evitare processi ed esborsi di denaro per riparare le offese. Lord McAlpine intervistato ha messo in chiaro un concetto semplice: una volta entrato nel tritacarne non ne esci più. «Il marchio che ti affibbiano i social network ti entra nelle ossa e non te lo togli più». Avvocati ed esperti si interrogano: sono sufficienti un messaggio, un tweet, un cinguettio con l’ammissione di colpa e la richiesta di perdono per evitare la condanna? Quasi tutti rispondono che no, la richiesta di clemenza è «un’ammissione di colpa». Al massimo ti regala le attenuanti generiche. Insomma, lo scandalo Bbc-Savile-Lord McAlpine può essere un terremoto per i social network. Al bando i gossip da bar.