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 2012  novembre 16 Venerdì calendario

ALDO BUSI MORALISTA TRA GRAZIA E PERFIDIA

«Posso baciarle qualcosa, anche una guancia?». Con questa inusuale galanteria Aldo Busi si è congedato da Dietlinde Gruber, detta Lilli, la padrona di casa di «Otto e mezzo» (La 7, mercoledì, ore 20. 30). Da tempo non assistevamo a un siparietto così divertente, così raro, così elevato. Busi ha appena pubblicato il suo ultimo libro, «El especialista de Barcelona», storia di uno scrittore che non vuole scrivere un romanzo e dialoga con una foglia di platano, e lo stava promuovendo.
«Tra Berlusconi e i trenta milioni che lo hanno votato impiccherei i trenta milioni»: Busi è un moralista classico, ha convertito la sua scrittura e le sue apparizioni televisive in una riserva etica e in un’invenzione poetica tra le più inclassificabili. Confida a Lilli di aver appena scritto una «autobiografia dell’umanità», di occuparsi delle pieghe del cuore e non dei massimi sistemi. A chi vuole cambiare il mondo consiglia di starsene a casa a leggere un libro.
Lilli lo sollecita sul presente e lui risponde con galanteria: «Ah, se potessi essere un milionesimo di donna come lei». Ma la contraddittorietà dell’esistere lo tenta: «Odio i santoni, le pedane, il parlare ex cathedra». Per questo Beppe Grillo non gli piace, più per la sua cadenza tantrica da vecchio guitto che per le cose che dice. Per questo Nichi Vendola non è un santo del suo paradiso: il suo modo di esprimersi «è letterario senza essere estetico».
È infrequente (per essere generosi) sentire qualcuno in tv che si ponga al crocevia fra etica ed estetica, fra letteratura e poesia. E che lo faccia con grazia, senza spocchia, non rinunciando a quel tanto di recita divertente che il mezzo pretende: «Come lei è rossa fuori, cara Lilli, io sono rossa dentro».
Il mondo dei moralisti è il più mobile che esista, ricolmo di registri diversi, di osservazioni che squartano e di contraddittorietà gioiose, di atteggiamenti versatili, irrefrenabili e di perfidie psicologiche.
Tutto questo, una sera, in tv.
Aldo Grasso