Paolo Di Stefano, Corriere della Sera 16/11/2012, 16 novembre 2012
L’OSSESSIONE DEL POSTO SICURO IN VOLO
Non sei un tipo scaramantico, non lo sei mai stato. A differenza di Erica Jong, non hai mai avuto paura di volare. Ma proprio ieri, la sera prima di partire per le agognate ferie esotiche, destinazione Honolulu, per quell’assurdo vizio navigare in Internet a casaccio e a tempo perso (la valigia era già chiusa), ti sei imbattuto nel sito online del Daily Mail, dove campeggiava la gigantesca fotografia di un Boeing 727 tranciato a metà: la parte anteriore non c’era più, rimanevano il tronco posteriore, una mezza aletta sinistra e le ruote rotolate chissà dove. Si raccontava di un documentario tv che dava conto di un esperimento costosissimo: un crash test per verificare la sicurezza aerea.
L’aereo in volo, imbottito di manichini, telecamere e sensori, è stato abbandonato dal pilota-paracadutista a poco meno di 800 metri di altitudine ed è andato a schiantarsi come un kamikaze inanimato nel deserto del Sonora in Messico. Si trattava di vedere l’effetto che fa (farebbe) sui passeggeri un tale incidente. Un disastro, ovviamente. Con qualche sorprendente distinguo. I posti più sicuri sono quelli collocati dietro le uscite di emergenza. Più stai indietro, maggiori sono le possibilità di salvarti, più paghi e più rischi: in business class sarebbero per lo più spacciati. Il biglietto più caro è il loro killer. Ma quel che ti ha impressionato è la precisione micidiale che colpisce il 7A: morte sicura («certainly died»). In effetti, te l’hanno sempre detto che di fianco all’oblò ti puoi godere il panorama, però è anche vero che in caso di incidente saresti costretto a perdere tempo a scavalcare i tuoi vicini.
Ma perché proprio il 7? La maledizione dei numeri primi? Non proprio. Per tranquillizzare gli scaramantici ansiosi, molte compagnie (non tutte) cancellano le file 13 e 17, sbagliando, perché in realtà sarebbero in una botte di ferro. E adesso cancelleranno anche la fila 7?
Insomma, saresti partito all’alba per un volo di 26 ore, e stavi a crogiolarti sui dettagli macabri di una catastrofe aerea simulata. Mentre osservavi, con il gusto di un masochista all’ultimo stadio, le immagini dei manichini riversi, ti sei ricordato di una pagina apparsa sul Corriere non molto tempo fa. L’hai trovata in pochi minuti (Internet, che meraviglia!) e hai scoperto un servizio su «L’irresistibile fascino del posto 6A». Data: 26 aprile 2012. Quel sedile, proprio davanti al 7A, veniva considerato dai passeggeri abituali il top del «volare comodi». Ricevi per primo lo snack, ti puoi godere le nuvole e dormi senza essere disturbato. Tant’è vero che EasyJet aveva deciso di far pagare quel privilegio con un supplemento di 8 euro. Che percentuale di scampare avrà un 6A rispetto a un 7A? Poche, in compenso avranno la fortuna di morire a stomaco pieno.
Il posto peggiore? Ovvio, il 31E, in coda, vicino alle toilette, tra gli sfigati che sentono più di tutti le turbolenze e vengono serviti per ultimi. Ma che hanno maggiori possibilità di salvarsi se l’aereo precipita! Continui a cliccare e scopri che, secondo un sondaggio di qualche anno fa, i furbi che scelgono i sedili centrali, più vicini alle uscite di sicurezza e magari lungo il corridoio, in media ogni due ore ricevono in testa un oggetto stipato male nel bagagliaio. Adesso, tu che non sei mai stato né insonne né scaramantico né masochista pur avendo sempre desiderato una vacanza alle Hawaii, sei qua alle 5 del mattino in coda al check-in, con gli occhi gonfi, in testa le immagini dei manichini e dell’aereo a brandelli, una mano in tasca con le corna ben aperte. E il rimpianto di non aver scelto per le tue ferie esotiche un agriturismo in Monferrato.
Paolo Di Stefano