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 2012  novembre 16 Venerdì calendario

PERCHE’ ARRANCHIAMO DIETRO L’AMERICA

Da ieri anche tecnicamente l’eurozona è in recessione. Eurostat ha pubblicato i dati del terzo trimestre 2012 per l’area della moneta unica: la crescita, rispetto all’analogo periodo precedente, è stata meno 0,1%. Questo dato segue quello, anch’esso negativo, dei secondi tre mesi dell’anno. Due trimestri consecutivi a segno negativo sono considerati, generalmente, il segno ufficiale della recessione.
In realtà, un significativo rallentamento economico era già presente dal terzo trimestre del 2011. Da quella data in Europa la debole ripresa, iniziata dopo la grande crisi del 2008, si è arrestata e l’economia ha continuato a contrarsi (con l’eccezione del primo trimestre di quest’anno che ha fatto segnare crescita zero).
Il comitato che studia l’andamento del ciclo europeo per il Center for Economic Policy Research, che basa la sua analisi sul Prodotto interno lordo (Pil) e altri dati significativi delle economie della zona euro, stabilisce infatti il picco del livello dell’attività economica al terzo trimestre del 2011. Ciò significa che, nonostante a quella data il livello del Pil fosse ancora al di sotto di quello raggiunto prima della crisi del 2008, la crescita da allora si è fermata. Questo si vede chiaramente dal grafico 2, che mostra l’andamento del Pil dal 2005.
Il punto è molto significativo, soprattutto per noi italiani, poiché proprio in quella calda estate del 2011 i mercati dimostrarono di dubitare della sostenibilità del nostro debito. La crisi sovrana che fino ad allora era rimasta circoscritta ai più piccoli Paesi della periferia, contagiò Italia, Spagna e brevemente anche la Francia.
Da allora i Paesi a rischio sono stati costretti a prendere misure straordinarie di contenimento del deficit pubblico, ma soprattutto si è innescato un generale senso di incertezza sulle sorti della moneta unica accompagnato dalla mancanza di fiducia sulla capacità dei governi di Nord e Sud di far fronte adeguatamente alla situazione.
Tutte le economie dell’euro ne hanno risentito: quelle forti e quelle deboli. Per capire questo basta fare il confronto con gli Stati Uniti. Storicamente le recessioni dai due lati dell’Atlantico sono sincronizzate. Lo è stata anche la grande recessione cominciata tra la fine del 2007 e l’inizio del 2008. Il punto minimo dell’attività, che segna la fine di quella contrazione e l’inizio della fase di espansione ciclica, è dell’inizio del 2009 sia per gli Stati Uniti sia per l’eurozona.
Tuttavia, da allora, la ripresa degli Usa si è consolidata mentre l’economia dell’euro è caduta in una nuova recessione. Il primo grafico illustra il tasso di crescita del Pil negli Usa e nell’eurozona e mostra quanto detto: dal terzo trimestre del 2011 è chiaro che si verifica una divergenza tra le due economie.
Per di più, nel quarto trimestre, Now-casting economics, prevede un tasso ancora negativo per l’Europa. Lo stiamo vivendo oggi, ma dati i ritardi di pubblicazione dei dati, lo sapremo solo a febbraio.
Naturalmente i numeri non sono gli stessi per tutti i Paesi. La Germania, per esempio, mostra una crescita leggermente positiva negli ultimi tre trimestri. Anche se mascherata da un profilo trimestrale notoriamente volatile per quel Paese, è anch’essa in un trend declinante da più di un anno e gli esperti pensano che i numeri del terzo trimestre siano eccessivamente ottimisti e saranno probabilmente rivisti al ribasso. Le previsioni, sempre di Now-casting economics, ma anche quelle di altre istituzioni, indicano un quarto trimestre negativo o vicino allo zero anche per la Germania.
Il messaggio che ne consegue sulla scorta del discorso è chiaro: porre enfasi sulle differenze dei risultati economici dei Paesi della zona euro è una lettura superficiale. Il messaggio fondamentale che ci viene dagli istituti di statistica è che l’Europa nel suo insieme diverge dagli Stati Uniti e non riesce a ritrovare la via della ripresa.
Anche le implicazioni che ne conseguono sono chiare: o si agisce in modo coordinato tra i Paesi dell’euro per rispondere a questa crisi o avremo di fronte a noi una fase di decadenza economica che toccherà tutti e metterà a rischio non solo il progetto dell’euro, ma anche la coesione sociale dei Paesi membri.
Lucrezia Reichlin