Nicolai Lilin, l’Espresso 16/11/2012, 16 novembre 2012
IL LINGUAGGIO SEGRETO DEI TATUAGGI
A quei tempi non sapevo niente dell’etica dei tatuaggi, ero ipnotizzato soltanto dall’estetica di quel mondo magico, e come la farfalla attratta dalla luce si spinge dentro le fiamme senza accorgersi che sta per morire, così anch’io rischiavo, mettendo alla prova la pazienza dei criminali onesti con la mia voglia di scoprire certi segreti che loro non mi avrebbero mai rivelato, neanche sotto tortura. Per niente al mondo, dice l’etica del tatuaggio siberiano, quei segreti devono essere raccontati a parole. Sapevo che quella tradizione significava molto per i vecchi, però era sempre avvolta dal mistero.
Ed era proprio il mistero che alimentava la nostra voglia di scoprire il loro mondo affascinante. Sarei stato capace di vendere l’anima per scoprire i segreti che serpeggiavano in mezzo a quelle figure: la gente che le portava impresse sulla pelle aveva vissuto cose di cui noi ragazzini sapevamo poco e niente, e il codice era complicato, non c’era verso di venirne a capo come si fa con le parole crociate o mettendo insieme i pezzi di un puzzle. (...)
Il mattino dopo sono uscito per andare a scuola e nonno Boris mi ha fermato nel cortile. Mi sono fermato aspettando il peggio, invece mi ha indicato lo spazio vuoto accanto a lui sulla panchina. Obbediente come non mai, mi sono precipitato a sedere assumendo subito un’aria di sottomissione difficile da contestare. Nonno Boris mi ha guardato dritto in faccia, i suoi occhi profondi come le acque dell’oceano trasmettevano una potenza che poteva spaccare in due la terra quasi fosse una noce. «Questa storia dei marchi criminali che vi siete disegnati addosso... se mi capiterà di sentire un’altra volta una cosa del genere, se vengo a sapere che tu e i tuoi amici vi siete segnati senza il permesso di un’autorità, correndo dietro allo scemo... ti giuro sul mio amore per la Vergine Maria, Madre del nostro Signore Gesù Cristo, farò in modo che né a te né ai tuoi amici rimanga un solo centimetro di pelle viva su cui poter ripetere la bestemmia che avete fatto. Vi appendo uno per uno alla trave del pollaio e vi spello vivi, come conigli...».
Ho cercato una strada per giustificarmi: «Ma io ho disegnato perché me l’hanno chiesto loro... ». E qui la pesante mano del nonno si è nuovamente abbattuta sulla mia testa, questa volta rischiando di farmi vomitare le vertebre del collo come se fossero dadi da gioco buttati sul tavolo con azzardo. Mi sono ripreso quasi subito, nonno Boris mi ha puntato il dito dritto in faccia: «Quando Giuda ha tradito il nostro Signore l’ha spedito sulla croce, e lui è finito sulla forca! Il tradimento chiama la morte... è un atto ingiusto e perfido, e gli amici non si tradiscono mai, neanche quando sbagliano. Se vedi che un tuo amico sbaglia piuttosto intervieni personalmente, fagli capire il suo errore, portalo sulla retta via, apriti a lui e con il tuo buon esempio aiutalo a superare le difficoltà. Oppure annientalo». (...) Ho raccolto un po’ di coraggio facendo due profondi respiri e ho detto: «Però noi abbiamo disegnato i tatuaggi perché vogliamo essere come voi, perché vogliamo imparare il significato dei simboli e diventare come te e i tuoi fratelli criminali onesti...». Nonno Boris mi ha guardato sorpreso, come se non si aspettasse una risposta del genere, e poi ha parlato con la voce grave e piena di calore, cosí che le sue parole sembravano enormi lingue di fuoco sprigionate dall’orlo di un vulcano che divorano la terra e bruciano se ti avvicini troppo. «Sei ancora troppo giovane per capire tutte le cose del mondo, devi lasciare che il tempo scorra. Non avere fretta, i criminali onesti ci mettono una vita per segnare i loro corpi con i nostri simboli sacri, come puoi pretendere di conoscere e condividere il vissuto della gente vecchia dieci volte più di te? Quando guardi i vecchi criminali non devi soffermarti solamente sui loro tatuaggi, prova a vedere come si comportano. Per caso hai mai visto me o qualcuno dei miei fratelli gironzolare per le strade del quartiere senza camicia, mostrando i marchi alle signore casalinghe o giocando con i coltelli per impressionare le ragazze? Tu sai che sono tatuato perché ti porto con me in sauna, dove vedi anche i marchi degli altri. Ma la maggior parte della gente non vede quello che vedi tu e non lo deve vedere. Se vuoi avvicinarti alla nostra tradizione, la prima cosa che devi imparare è il rispetto».
Le parole del nonno mi hanno lasciato senza fiato, mille idee hanno cominciato a girarmi in testa. Anche se il contenuto del suo discorso diceva tutt’altro, la confidenza con cui mi aveva parlato mi era sembrata un segno, un invito a proseguire. Poteva essere il momento giusto per cominciare a chiedergli qualcosa di più: «Senti nonno, ma perché quando ti fanno il battesimo criminale ti tatuano delle rose dei venti sulle ginocchia e sulle clavicole?».
Lui mi ha risposto con uno sguardo severo e poi non è riuscito a trattenere un sorriso e mi ha agitato i capelli, spingendomi la testa con tale forza che mi sono dovuto piegare per non rompermi la colonna vertebrale. «Ti ho appena spiegato che per ogni cosa c’è il suo tempo e tu te ne esci con questa domanda... Comunque: per ora ti basti sapere che il marchio è l’unico modo che abbiamo per difenderci da chi ci vuole annientare, è il posto segreto dentro il quale possiamo nascondere ciò che per noi è sacro. Non portiamo i marchi per vantarci davanti agli altri, ma perché quello è l’unico mondo incontaminato che ci è rimasto. Chiedere a un criminale onesto cosa significa il suo marchio è peggio che pronunciare una bestemmia».
Per tutta la mattina, a scuola, non ho ascoltato una lezione, pensavo a quello che mi aveva detto il nonno Boris, e quando sono tornato a casa mi sono messo a rivedere i miei quaderni da disegno. Sfogliavo le raccolte frutto di studi e ricerche, e ai miei occhi i simboli apparivano diversi, illuminati dall’interno con un chiarore che li rendeva piú vivi, piú importanti, come se le parole di mio nonno avessero animato ogni singolo elemento disegnato sulla carta, riconoscendogli una sua dignità.
Ho deciso che gli avrei dato ascolto: se il rispetto per la tradizione era la cosa piú importante, sarei partito da lì. E prima o poi, ne ero sicuro, anche i vecchi criminali onesti avrebbero rispettato me.