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 2012  novembre 16 Venerdì calendario

TEHERAN, HEZBOLLAH, SIRIA, LIBIA ORA HAMAS HA ARMI CHE FANNO PAURA


La battaglia a Gaza e i lanci di razzi contro le città israeliane fanno chiarezza sul progressivo riarmo di Hamas, Jihad Islamica e altri gruppi armati palestinesi radicatisi nella Striscia. Armi che hanno fatto suonare le sirene dell’allarme aereo a Tel Aviv, come nel 1991, quando Saddam Hussein lanciava i suoi missili Scud contro le città israeliane. Ventuno anni dopo sono stati i razzi pesanti Fajr 5 della Jihad Islamica palestinese a evidenziare la vulnerabilità israeliana. Armi iraniane da 333 millimetri di diametro, pesanti una tonnellata (inclusi 90 chili di esplosivo) e lanciabili da rampe mobili fissate su autocarri. L’agenzia iraniana Mehr ha annunciato il lancio di sei razzi che hanno ucciso «cinque sionisti», e del resto i Fajr 5 sono arrivati a Gaza probabilmente smontati, contrabbandati attraverso il Sinai egiziano e provenienti forse dal Sudan, dove il mese scorso un misterioso raid aereo attribuito ai jet di Gerusalemme ha distrutto lo stabilimento militare di Yarmuk dove vengono prodotti anche i Fajr. Armi di questo tipo sono in dotazione anche aHezbollah, all’esercito siriano e secondo alcune fonti erano in dotazione anche a quello di Gheddafi, il cui sfaldamento in seguito alla guerra dell’anno scorso ha consentito di far affluire a Gaza molte armi moderne come i missili anticarro russi Kornet già “testati” contro i tank israeliani.
LA CRISI CON OBAMA
Dall’operazione “Piombo fuso”, scatenata dagli israeliani nel dicembre 2008, Hamas e le altre milizie diGaza hanno ricostituito i loro arsenali, migliorandone la qualità. Dopo i razzi artigianali Kassam e i Grad da 122 millimetri, con gittate limitate tra i 5 e 20 chilometri e facili preda del sistema di difesa anti-razzo “Iron Dome” dispiegato dagli israeliani nel sud, i palestinesi hanno fatto il salto di qualità passando ai Fajr 5, dotati di maggiore potenza e gittata fino a 75 chilometri. La presenza di queste armi potrebbe da sola giustificare un attacco terrestre israeliano a Gaza, le cui conseguenze rischiano di essere esplosive in un’area già incandescente per la guerra civile siriana. Israele, con i piani pronti per attaccare i siti atomici di Teheran, potrebbe avere buoni motivi per giocare la carta militare a Gaza. Specie dopo che la visita di fine ottobre dell’emiro del Qatar, Hamad bin Khalifa al-Thani, ha evidenziato il tentativo di sdoganare Hamas tra i movimenti che si richiamano ai Fratelli Musulmani. Forze che in un anno hanno assunto il potere in molti Paesi arabi grazie al Qatar, alle altre monarchie del Golfo, agli Stati Uniti e all’Europa. Non è un caso che proprio l’appoggio di Barack Obama ai gruppi islamisti definiti “moderati” abbia determinato una profonda crisi nei rapporti con Gerusalemme. Attaccando Gaza, gli israeliani potrebbero puntare ad allargare la crisi e a costringere la Casa Bianca a schierarsi in modo palese con o contro lo Stato ebraico, ma al tempo stesso rischiano di compromettere le ultime speranze di salvare l’accordo di pace con l’Egitto. Un’operazione israeliana in grande stile nella Striscia di Gaza comporterebbe infatti forti pressioni mediatiche su Gerusalemme e sarebbe giustificata sul piano militare solo dall’obiettivo di annientare Hamas e le altre milizie-a differenza di quanto accadde nel gennaio 2009, quando Israele sospese l’operazione “Piombo Fuso” sull’onda delle pressioni internazionali, risparmiando un avversario ormai alle corde.
L’INCOGNITA EGIZIANA
Questa volta però l’Egitto non è più guidato dall’affidabile regime di Mubaraq ma dai Fratelli Musulmani del presidente Morsi, che ben difficilmente potrebbe assistere senza intervenire all’annientamento di Hamas. Un confronto tra Israele ed Egitto metterebbe in serio imbarazzo Washington, che fornisce miliardi di aiuti militari a entrambi i Paesi. Ma mettere in difficoltà Obama potrebbe essere uno degli obiettivi del governo di Benyamin Nethanyau che, non a caso, ha atteso l’esito delle elezioni americane prima di dare il via ai raids su Gaza.