Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2012  novembre 15 Giovedì calendario

LE QUATTRO MODERNIZZAZIONI DEL DRAGONE FINO AL 2025

[Deng Xiaoping nel 1978 dettò le priorità per la Cina comunista-capitalista. I nuovi capi del Pcc hanno di fronte questi obiettivi: raddoppio del pil, yuan convertibile, lotta alla corruzione, marina militare...] –
Per la Cina dei nuovi leader la strada potrebbe farsi accidentata. Il sentiero è quello tracciato dal segretario e presidente uscente Hu Jintao nel suo discorso finale alla Grande sala del popolo, tenuto la scorsa settimana in apertura del diciottesimo congresso del Partito comunista cinese. La leadership della Repubblica popolare deve impiegare «tutti i suoi sforzi nella lotta alla corruzione, promuovere l’integrità e mantenersi vigile contro ogni degenerazione» ha affermato con aria grave Hu Jintao. «Se falliamo, la corruzione potrebbe causare un collasso del partito e dello stato». Ma ai prossimi oligarchi alla guida della nazione più popolosa del mondo spetta il raggiungimento anche di altri obiettivi, una sorta di roadmap per il Dragone in quattro tappe fondamentali.
La prima è il raggiungimento della democrazia interna al partito: non esiste una data certa e l’obiettivo non è stato fissato, però si tratta di stabilire un meccanismo formale per le successioni e le promozioni. Senza certezze, riflettono molti accademici cinesi sulle riviste ufficiali, il partito è esposto a lotte tra fazioni interne che possono sfociare in vere e proprie guerre per bande, come è avvenuto recentemente con l’epurazione del discusso leader Bo Xilai. Ovviamente, come affermato dallo stesso Hu Jintao, «non copieremo mai i sistemi occidentali». Una riforma in senso multipartitico è pertanto fuori discussione.
Entro il 2015 si dovrebbe arrivare alla seconda tappa: la piena convertibilità dello yuan. La moneta cinese, al momento, ha un tasso di cambio determinato all’interno di una banda di oscillazione fissata dalla banca centrale. Secondo le accuse di Usa ed Europa, questa misura permette alla Cina di avvantaggiarsi nell’export, mantenendo la divisa nazionale forzatamente bassa. Ma lo yuan, la moneta della seconda economia globale, può ambire a diventare una valuta di riserva alternativa al dollaro. Secondo molte indiscrezioni, Pechino potrebbe raggiungere la piena convertibilità entro 3 anni.
Un obiettivo che sta molto a cuore a Pechino è il rafforzamento della crescita economica. Nelle intenzioni di Hu Jintao, la Cina deve raddoppiare il pil e il reddito pro capite del 2010 entro il 2020. Si tratta di una crescita moderata, rispetto ai ritmi a due cifre degli ultimi anni, situata attorno al 7 per cento, ma che permette di sanare diversi squilibri interni. Come raggiungere l’obiettivo? La chiave consiste nel rendere l’economia cinese meno dipendente dalle esportazioni e dagli investimenti esteri e statali, che la espongono alle crisi in Europa e Usa oppure al calo delle risorse gestite dalle amministrazioni locali. Il Dragone deve puntare sui consumi interni attraverso una più ampia distribuzione della ricchezza e una riforma del sistema finanziario. Allo studio ci sono l’innalzamento dello stipendio minimo e alcune misure per incentivare l’acquisto di beni durevoli, come elettrodomestici. Temi già contenuti nell’ultimo piano quinquennale.
Se consolidare la propria potenza economica è fondamentale, Pechino lavora anche per rafforzare quella militare. La Cina è impegnata in una serie di aspre contese con il Giappone e con le nazioni del Sud-Est asiatico per il controllo delle acque circostanti, ricche di risorse energetiche e ittiche. La marina è il punto più debole della difesa: la maggior parte degli aumenti del budget militare sono stati impiegati per la nuova portaerei Liaoning e per il missile Dongfeng 21-D, capace di rivaleggiare con la potenza americana. Sulla Cina incombe la Trans pacific partnership, una zona di libero scambio nel Pacifico voluta da Washington che esclude Pechino. E l’obiettivo di diventare una potenza marittima è stato indicato dallo stesso Hu. Secondo molti analisti potrebbe essere raggiunto tra il 2025 e il 2030.