Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2012  novembre 16 Venerdì calendario

VERDI E WAGNER ALLA SCALA IL DUELLO 200 ANNI DOPO

Sotto il cappellone alla Cavour, la barba bianca e l’aria malinconica, Giuseppe Verdi dice “Gentili a cederci il posto”, e di fronte a lui, col solito grande berretto di velluto, i folti favoriti e lo sguardo al cielo, Richard Wagner gli risponde, “Il bello di avere duecento anni”. Scherzano i due grandi compositori dalle fiancate dei tram milanesi, e anche dai manifesti.
Verdi: “Tu porti le bibite, io la musica”. Wagner: “Non ci provare”. Intanto la melocittà è in tumulto come se si fosse ancora a metà Ottocento quando i due compositori erano in vita e rivali musicali, con moltitudini italiane di verdiani che odiavano Wagner e di wagneriani che odiavano Verdi. Oggi i due eccelsi personaggi, pace all’anima loro, senza chiederne il consenso vengono trasformati in armi contundenti ma anche press agent di personaggi attuali, cioè usati per scopi diversi dal loro genio musicale, vittime innocenti di quella capacità di fare casino che hanno molti italiani.
Si sa che i due geni sono nati nello stesso anno, il 1813: Wagner il 22 maggio a Lipsia, Verdi cinque mesi dopo, il 10 ottobre, a Roncole, frazione di Busseto. In tutto il mondo musicale non si è persa la testa, e si celebra la festosa concomitanza del duecentenario, dando qua e là un po’ di “Oberto Conte di San Bonifacio” e di “Nabucco”, e una gragnuola dell’“Anello del Nibelungo”. E, per esempio, il Regio di Torino si è inaugurato con il wagneriano “Olandese Volante” e non è volata una sola mosca incavolata nel grande combattivo esercito verdiano. Ma con il teatro alla Scala a Milano, che inaugura la stagione 2012-13 con il “Lohengrin”, apriti cielo, sommosse su sommosse, di ogni genere. Gemito patriottico: tralasciare Verdi nei 150 anni dell’Unità d’Italia! Rabbia finanziaria: proprio una cosa tedesca quando la stirpe teutonica sta tentando di rovinarci! Calcoli moda: bene, la Germania importa molto made in Italy! Male, Verdi ispira la nostra moda, Wagner no! Sfruttamento pubblicitario; “Sant’Ambrogio senza Verdi è un grave errore politico, civile, culturale!”. Meno male che esce in questi giorni il saggio L’Italia s’è desta dello stesso Cazzullo, autore dell’invettiva.
Ancora pubblicità: il giornalista Torno attribuisce sul
Corriere della Sera a un anonimo orchestrale l’idea che inaugurare la stagione scaligera con un Wagner «sarebbe come farlo con Verdi a Bayreuth», il che è ovviamente impossibile essendo quel teatro dedicato esclusivamente a Wagner: la frase invece è di Riccardo Muti (che all’opera di Roma dirige il verdiano “Simon Boccanegra”) il cui già richiestissimo saggio Verdi l’italiano, verrà presentato in questi giorni a Milano dallo stesso giornalista. Ma la vera ragione per cui gli innocenti Verdi e Wagner vengono agitati come pupi siciliani è, ancora una volta, il futuro della poltrona del sovrintendente, su cui qualsiasi suonatore di piffero o melomane, se provvisto di protezione politica o di miliardi (c’è infatti chi si offre gratis, ma anche chi vuole il doppio), sogna di potersi insediare il più presto possibile, affrettando l’abbandono di Stephane Lissner che il premier francese Hollande (che sarà all’inaugurazione) ha nominato direttore dei teatri d’opera di Parigi dalla fine del 2015.
Ad inasprire la casta del potere musicale l’essere il francese Lissner riuscito a riportare alla Scala, dopo 26 anni di assenza, Claudio Abbado, con un successo immenso e davvero commosso. La guerra è soprattutto tra eventuali sovrintendenti stranieri o italiani e, in questo caso, certi nomi fanno rizzare i capelli in testa, immaginando come la politica soprattutto localistica, la famosa italianità rissosa, che era già vecchia musica nell’800, potrebbe mangiarsi la Scala in un boccone umiliandone la fama e l’ammirazione internazionali. Si sa che per questo 7 dicembre (la Scala è uno dei rari teatri che glorifichino l’inaugurazione della stagione), era stato programmato “Otello”, ma era stato impossibile ingaggiare grandi cantanti disposti a interpretare il troppo esigente Verdi, è arrivato questo “Lohengrin” che già si annuncia pane per i denti aguzzi dei tradizionalisti, anche wagneriani: niente cigno (come già in un’edizione del 2006), molto Freud, ambientazione politico-finanziaria-capitalista Ottocento. Direttore argentino-israeliano (Barenboim), regista tedesco (Guth), protagonista tedesco celebre per fascino e bravura (Kaufmann). Lissner già immagina una serata incandescente, con massimi “buuu” dal loggione ma anche dai palchi dei suoi furibondi detrattori. Comunque, per la cronaca: in tutto il 2013 ci saranno 68 recite di otto opere verdiane, con “La Traviata” per l’inaugurazione del 7 dicembre, e 20 recite di sei produzioni wagneriane. Molti masochisti non le reputano sufficienti e, dopo aver già prenotato per giugno l’intero ciclo dell’“Anello del Nibelungo”, han deciso di non perdere quello che in maggio verrà messo in scena al Metropolitan di New York.