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 2012  novembre 12 Lunedì calendario

La recente escalation di attacchi sul sud di Israele è stata innescata da terroristi della striscia di Gaza, verosimilmente affiliati alla Jihad Islamica palestinese, quando sabato scorso hanno sparato un razzo anti-carro contro una jeep delle Forze di Difesa israeliane in normale servizio di pattuglia sul versante israeliano del confine, nei pressi del kibbutz Nahal Oz

La recente escalation di attacchi sul sud di Israele è stata innescata da terroristi della striscia di Gaza, verosimilmente affiliati alla Jihad Islamica palestinese, quando sabato scorso hanno sparato un razzo anti-carro contro una jeep delle Forze di Difesa israeliane in normale servizio di pattuglia sul versante israeliano del confine, nei pressi del kibbutz Nahal Oz. I quattro soldati della Brigata Givati a bordo della jeep sono rimasti feriti, uno in modo molto grave (versa ancora in pericolo di vita e rischia di perdere la vista). Dopo quell’attacco condotto totalmente a freddo, più di 150 fra razzi e colpi di mortaio palestinesi sono stati sparati contro centri civili del sud di Israele come Ashdod, Ashkelon, Gan Yavne, Netivot, Sderot e altri. Centinaia di migliaia di abitanti della zona – uomini donne e bambini – vivono nella costante paura di essere colpiti da un razzo o da un proiettile di mortaio. Non è la prima volta che terroristi della striscia di Gaza controllata da Hamas lanciano raffiche di attacchi prendendo deliberatamente di mira civili israeliani. Gli abitanti del sud di Israele conoscono purtroppo molto bene i mortai e i razzi Qassam e Grad sparati dalla vicina Gaza. Solo dall’inizio di quest’anno sono stati sparati un migliaio di ordigni su città e cittadine del sud di Israele. Quest’ultima escalation di attacchi ha convinto molti, anche nel governo e nell’establishment della difesa, della necessità che Israele ripristini la sua forza deterrente con una reazione più decisa e determinata all’aggressività dei terroristi. Lo Stato d’Israele – come ogni altro Stato sovrano – ha il dovere morale di proteggere i propri cittadini dalle aggressioni del terrorismo. Non a caso la responsabilità di proteggere i cittadini costituisce un principio dell’Onu, adottato nel 2005 sulla scorta dei massacri in Rwanda, fondato sul concetto che la sovranità non rappresenta solo un diritto, ma anche una responsabilità. Se Israele non facesse tutto ciò che è in suo potere per garantire agli abitanti nel sud la necessaria protezione dal terrorismo estremista islamico, si macchierebbe di una grave inadempienza anche sul piano del diritto internazionale. A quel punto la comunità internazionale avrebbe l’obbligo di intervenire per garantire ai cittadini israeliani la dovuta protezione dai terroristi che operano dalla striscia di Gaza controllata da Hamas. Purtroppo, però, troppi nella comunità internazionale non solo non fanno nulla per fermare i terroristi che dalla striscia di Gaza prendono di mira innocenti civili israeliani, ma si rifiutano anche solo di riconoscere il fondamentale diritto d’Israele di difendere i suoi cittadini. Le legittime operazioni militari israeliane – lanciate per contrastare gli attacchi terroristici che partono dalla striscia di Gaza – vengono falsamente descritte come atti d’aggressione non provocati. Un esempio eclatante di questa tendenza nei consessi internazionali a delegittimare moralmente il diritto di Israele all’autodifesa è dato dal Rapporto Goldstone. Richard Goldstone e gli altri membri della commissione di indagine nominata dal Consiglio Onu per i Diritti Umani, dopo l’operazione anti-Hamas “piombo fuso” del gennaio 2009, accusarono ingiustamente i militari israeliani d’aver intenzionalmente preso di mira i civili palestinesi nella striscia di Gaza. Alcuni mesi dopo che il rapporto era stato pubblicato e l’immagine d’Israele era stata diffamata, con un editoriale apparso sul Washington Post Goldstone ammise che Israele “come linea di condotta non ha preso intenzionalmente di mira i civili”. La realtà, infatti, è che Israele fa tutto ciò che è in suo potere per evitare di colpire civili nella striscia di Gaza, anche ricorrendo alle tecnologie più avanzate e mettendo a repentaglio la vita dei propri soldati. Ma quando Hamas e le altre organizzazioni terroristiche si mimetizzano di proposito da civili, posizionano se stessi e le loro armi nei centri più popolati e usano i civili come scudi umani, è chiaro che i civili rischiano di essere colpiti. Troppo spesso queste morti tragiche e non volute vengono falsamente descritte come “crimini di guerra” non solo da Hamas e dalle altre organizzazioni terroristiche, ma anche da ong e agenzie Onu per i dritti umani che in teoria dovrebbero essere “obiettive”, come la commissione Goldstone. Israele potrebbe essere sul punto di intraprendere un’altra operazione militare nella striscia di Gaza con lo scopo di ripristinare la sua deterrenza e proteggere gli abitanti del sud del paese dai terroristi di Gaza. Se una tale operazione deve essere intrapresa, è necessario fare uno sforzo per spiegare alla comunità internazionale come stanno le cose. Può darsi che l’opinione mondiale sia prevenuta contro Israele, ma non si deve abbandonare la speranza. Chiunque, nella comunità internazionale, abbia un minimo di onestà intellettuale non potrà non riconoscere che, se soltanto i palestinesi di Gaza abbandonassero la violenza e si riconciliassero con l’esistenza di Israele, il conflitto finirebbe immediatamente. (Da: Jerusalem Post, 12.11.12)