15 novembre 2012
INTERVISTA A MARCO PONTECORVO, PER SETTE TV
1. Partiamo da uno degli ultimi lavori, la regia di Mille e una notte. Come hai ricreato l’ambientazione “orientaleggiante” di una storia senza tempo come questa? Che “tocco” hai dato alla storia?
«Nella fiction si cita Baghdad, un luogo preciso, ma in realtà volevamo slegarla da luoghi e tempi. Abbiamo girato un po’ in Tunisia e un po’ negli studi, abbiamo lavorato sui costumi, ma si è deciso con la produzione di staccarsi da quello, senza essere troppo attaccati alla realtà, in fondo è una favola».
2. Sei stato direttore della fotografia per diversi lavori, sia italiani che stranieri. Quali sono le differenze (produzione, direzione, recitazione…) tra un prodotto di casa nostra e uno americano?
«La differenza è enorme. Per una serie come Rome, di cui ho diretto la fotografia, avevamo 100 milioni di dollari, 6-7 milioni circa per un episodio di 55 minuti. C’è una lunghissima preparazione. Poi la serie è di Hbo, una tv via cavo, e loro investono parecchio. Non si può neanche fare il paragone, è il sistema che è completamente diverso. È una tv che io considero cinema, loro danno la stessa importanza di un film a una serie. Ci sono differenze non solo di soldi ma anche di approccio, di definizione dei ruoli. Gli scrittori per esempio accompagnano il prodotto fino alla fine. Il regista, invece, cambia anche due o tre volte. È il direttore della fotografia che segue il progetto dall’inizio alla fine. Entra anche due mesi prima. Loro il prodotto lo vendono, quindi si possono permettere di spendere di più. Poi è anche vero che in Italia arrivano le serie migliori. Noi abbiamo una tv generalista che produce, loro fanno quello che Sky nel suo piccolo fa da noi».
3. Nel caso specifico delle serie tv, perché secondo te in Italia non si riesce a realizzare un prodotto paragonabile a quelli d’oltreoceano? Cosa manca e come bisognerebbe muoversi?
«Sono due Paesi diversi, hanno un mondo tutto diverso. Esistono prodotti interessanti anche sulle generaliste. Mille e una notte è un tentativo di raccontare qualcosa di diverso. Ci sono un sacco di effetti visivi… C’era la volontà di fare qualcosa di diverso. Gli spazi per provare storie interessanti si stanno creando. La spinta per migliorare c’è secondo me. E poi gli spazi ce li dobbiamo conquistare. Il pubblico si può interessare a cose nuove. Interpretarlo è difficile. Mille e una notte è un tentativo di fare questo. È un bel cast, una coproduzione».
4. Tu ti sei occupato di serie come Rome e Il Trono di Spade, che non si risparmiano in materia di sesso e violenza, e poi di fiction come Mai per amore e Mille e una notte, dal “tono” completamente diverso. Come si fa a passare dall’una all’altra? Qual è l’approccio?
«L’approccio per me non è diverso. Se stabilisco una maniera di affrontare una cosa è quella. Il tuo metodo è lo stesso, poi è chiaro che aggiusti tutto in relazione al budget. Devo capire qual è il modo migliore per raccontare una storia con quello che ho. L’esperienza fuori mi ha aiutato, per esempio, a capire come fare a girare molto rapidamente. Ho lavorato con maestri da cui imparare, Antonioni, Rosi, ma mi hanno chiamato loro, piano piano con il tempo ti crei uno spazio. La regia è il mio primo amore. Sono partito dalla fotografia per arrivare a questo. La regia permette di scoprire ogni volta una parte diversa di sé. È un bell’esercizio. Facendo il direttore della fotografia ho imparato a relazionarmi con un’altra testa, con registi diversi, mantenendo sempre uno stile. Il direttore della fotografia lavora sulla psicologia del personaggio attraverso l’immagine; ora da regista, oltre all’immagine, lavoro accanto ai protagonisti. Mille e una notte è una favola, non dovevo cercare il realismo. Ho fatto altri lavori in cui il realismo era fondamentale, qui ho cercato di creare un mondo credibile ma sempre all’interno di una favola. Amo la regia perché è più completa. Mi piace scavare. Il personaggio deve vivere, l’attore non deve solo recitare. Fare tutto in 8 settimane è stato faticoso, ci sono tanti effetti visivi, montagne che si sgretolano, pappagalli che parlano…Ho girato tante scene con la macchina a spalla per accelerare i tempi».
5. Qual è secondo te una delle fiction o delle serie più riuscite degli ultimi tempi?
«Non saprei scegliere. Mi piacciono tutte quelle che cercano di uscire da un territorio troppo esplorato. Come Mille e una notte, che ha tutti gli elementi di una storia affascinante ma diversa. Mi interessa tutto quello che ha questo tentativo dentro, in tutte le direzioni, sia cinema che tv devono spaziare, indagare all’interno dell’umanità. Io lo faccio e lo cerco. La grande guerra di Monicelli, per esempio, ti rimane impresso, ma ti fa anche ridere. Poi nella fiction ci sono delle cose che uno si aspetta di trovare su Rai1. C’è romanticismo, azione e fantasy. Ho cercato di trovare un equilibrio tra questi generi».