Paolo Valentino, L’Europeo 11/2012, 15 novembre 2012
L’ORFANO CHE VOLEVA TORNARE AL POTERE
[«Quello che fa il governo tedesco, cioè dire alla Grecia che bisogna fare contemporaneamente le riforme e la politica di austerità, non ha alcun senso né politico, né economico (…). Merkel pensa in termini di potere politico interno. E sbaglia» Gerhard Schröder, intervista del Corriere della Sera, 31 maggio 2012]
[18 settembre 2005]
DI TUTTE LE POESIE di Rainer Maria Rilke che conosce a memoria, Gerhard Schröder non si stancherebbe mai di recitare i versi di Der Panther, la pantera. Dove «il molle ritmo di passi flessuosi e forti» del felino diventa «...una danza di forze intorno a un centro ove stordito un gran volere dorme». Ma in lui, il gran volere non è stato mai stordito, né addormentato. Dai campi di calcio, dove da giovane "arava" il terreno meritandosi il soprannome di Acker (campo), a quelli del potere che lo hanno visto vincere sfide impossibili, il cancelliere tedesco ha sempre contato su se stesso e la sua forza di volontà.
LE ORIGINI. Gerhard Fritz Kurt Schröder nasce a Mossenberg, in Westfalia, il 7 aprile 1944, pochi mesi prima che sua madre, Erika Vosseler, riceva la notizia che il marito, coscritto nella Wehrmacht, è stato ucciso in Romania durante la ritirata dal fronte orientale. Come Bill Clinton, il cancelliere non ha conosciuto suo padre. La sua è un’infanzia di rinunce. Lascia la scuola a 14 anni. Si ritrova dietro il bancone di un ferramenta e poi in un negozio di porcellane, per aiutare la famiglia e finanziarsi i corsi serali. Si iscrive a legge all’Università di Gottinga, perché vuoi fare l’avvocato «come Perry Mason» e battersi per la giustizia. Prende la laurea a pieni voti, mentre fuori infuria il Sessantotto, che non lo vede in piazza: «Studiare era un privilegio così grande, che non potevo immaginare di rinunciare anche a una sola lezione».
LA POLITICA. L’impegno nei giovani socialdemocratici e «l’impressionante volontà di potere» mostrata dal giovane Schröder, di cui parla nelle sue memorie l’ex leader della Spd, Hans-Jochen Vogel, trovano radici proprio nel bisogno esistenziale di salire sempre più in alto e riscattare l’umiltà delle origini. Un bisogno del quale Schröder non si vergogna: «So da dove vengo e a chi appartengo», ha sempre ripetuto a chi gli rinfacciava la fama di «compagno dei padroni». Nella Spd rimane tuttavia sempre un alieno, poco amato dalla base che preferisce rimpiangere Willy Brandt e perdere con Oskar Lafontaine piuttosto che farsi ispirare da Helmut Schmidt e vincere con Gerhard Schröder. Ma il tempo e lo Zeitgeist, lo spirito del tempo, sono dalla sua parte. Leader degli Jusos nel 1978, deputato al Bundestag due anni dopo, ministro-presidente della Bassa Sassonia nel 1990, carica alla quale viene rieletto per tre volte, il 27 settembre 1998 l’orfanello di Mossenberg spodesta Helmut Kohl, il padre della riunificazione, e diventa cancelliere federale.
L’AMORE. Se quattro mogli ci sembrano troppe, provate a vederla così. Gerhard Schröder ha conosciuto e amato quattro donne in tutta la sua vita. E le ha sposate: la bibliotecaria Eva Schubach, nel 1968; la maestra e militante socialdemocratica Anne Taschenmacher, nel 1972; l’intellettuale Hiltrud Hampel, nel 1984; la giornalista Doris Köpf, nel 1997. «Con Doris sono davvero arrivato», dice il cancelliere, che forse non prende alcuna decisione prima di consultarsi con lei. A Gerhard, la quarta moglie porta in dote Klara, la figlia oggi quattordicenne avuta da un’altra relazione, e tutta la sensibilità per i problemi delle donne di chi è stata giovanissima single mother in cerca di un lavoro. Insieme, nel 2004, adottano una bambina russa: Viktoria, detta Dascha, ha quattro anni e Gerhard Schröder ne va matto. «Per me l’alternativa», celia, riferendosi alle sue prospettive dopo il
voto di oggi, «è tra vittoria e Viktoria».
LE FRASI FAMOSE. Una notte del 1982, giovane deputato socialdemocratico di Hannover, la polizia lo trovò alticcio, aggrappato all’inferriata della cancelleria di Bonn, mentre gridava: «Voglio entrare qui dentro!». Nessun cancelliere federale ha trovato parole più convincenti di quelle di Schröder sulle responsabilità del passato: «Noi tedeschi sappiamo chi scatenò la guerra e per questo ci inchiniamo pieni di vergogna». In campagna elettorale, la sua difesa del modello renano è stata: «Non dovrà mai accadere che la possibilità di accedere alla migliore istruzione e alla migliore assistenza sanitaria debba dipendere dai soldi che si hanno in tasca».
LA CURIOSITÀ. La sua canzone preferita è In the Ghetto di Elvis Presley.