Maurizio Stefanini, Libero 15/11/2012, 15 novembre 2012
A MORTE IL SOLDATO STRAGISTA DI AFGANI
Il procuratore militare ha chiesto la condanna a morte per Robert Bales: il soldato di fanteria, specialità tiratore scelto, che lo scorso 11 marzo si era reso responsabile della strage di 16 civili afgani, tra cui 9 bambini. Il militare ha 39 anni, sposato con due figli, inquadrato nel secondo battaglione del terzo reggimento della terza brigata della seconda divisione di fanteria di stanza in Afghanistana Camp Belamby, presso Kandahar. Bales era reduce da tre turni in Iraq dove era rimasto in tutto 37 mesi. Ferito nel 2007 a un piede durante la battaglia di Najaf e nel 2010 alla testa in un incidente stradale, quella sera era amareggiato per molti motivi: era stata cassata la sua promozione a sergente; aveva problemi con la moglie; era stata respinta una sua richiesta di trasferimento in un Paese più tranquillo; e tre giorni per poco non era stato ucciso da una bomba messa nei pressi del vicino villaggio di Balandi.
FILM E WHISKY
Dopo essere andato a vedere con alcuni commilitoni un film definito dagli inquirenti «violento», andò a riempirsi di whisky. Poi, dopo mezzanotte, indossò un abito afgano sulla divisa, si armò fino ai denti, andò fino al villaggio dell’attentato, entrò in due case successive, uccise quattro persone e ne ferì sei. Tornò a Camp Belamby, raccontò quello che aveva fatto, ma non gli credettero, ubriaco fradicio come era. «Smettila di dire sciocchezze», gli avrebbe detto un commilitone. Lui allora si armò di nuovo, andò nel villaggio di Alkozai, e ammazzò altre 12 persone. Secondo la moglie e anche l’avvocatessa Emma Scanlan non ricorda niente di quella notte. «Bugie», sostiene il procuratore capo tenente colonnello Jay Morse, «Bales era lucido e coerente». «Il crimine che ha commesso è efferato e spregevole, e molte prove dimostrano che era totalmente cosciente di quello che stava facendo», è la motivazione con cui il procuratore militare Rob Stelle ha motivato la sua richiesta di un processo davanti alla corte marziale e della pena di morte a carico. Comunque, oltre che dei 16 omicidi, di 6 tentati omicidi, di assalto aggravato e di aver dato fuoco ad alcuni cadaveri deve rispondere anche dell’accusa di possesso illecito e uso di steroidi e alcolici in missione. Attualmente il processo è infatti ancora allo stadio di udienza preliminare alla base di Lewis McChord, nello stato di Washington. E il primo passo consiste appunto nella decisione se mandarlo o no di fronte alla corte marziale. L’avvocatessa Scanlan sostiene che non ci sono ancora elementi sufficienti perché del caso si occupi la corte marziale, ed è necessario un supplemento di indagini «perché sono ancora molti i punti da chiarire». In particolare, per la sua legale, «non si sa se fosse lucido o meno. Ci sono alcuni soldati che hanno testimoniato che la notte prima della strage fosse completamente fuori di sé». In realtà le testimonianze sono discordanti. Altri soldati mostravano particolare raccapriccio al ricordarlo sporco di sangue. Il suo avvocato civile John Henry Browne parla invece di «un patriota, un padre modello e un marito devoto, che è stato traumatizzato dalle ferite in battaglia e che è stato mandato a combattere troppe volte». L’accusa ha invece sottolineato il carattere particolarmente odioso dei crimini, per il fatto che la maggior parte delle vittime, tutte colpite alla testa, erano donne e bambini.
I PRECEDENTI
Nelle forze armate Usa erano stati giustiziati 36 soldati durante la prima guerra mondiale e altri 157 tra 1942 e 1961: 106 per omicidio, 53 per stupro e uno solo per diserzione. Quest’ultimo, il famoso soldato Eddie Slovik, di cui si disse che era stato fucilato proprio per far capire che l’ipotesi di essere fucilati per diserzione non era solo astratta. Ma da 51 anni non c’è più stata più nessuna esecuzione, sebbene la pena di morte sia stata introdotta nell’ordinamento militare Usa nel 1984 e nel 2008 sia stata confermata la condanna a morte per il soldato Ronald A. Gray, arrestato nell’aprile del 1988 per vari omicidi e stupri. Tuttavia l’esecuzione non è stata ancora eseguita. Va ricordato che la strage ha reso ancora più tese la relazioni fra Stati Uniti e il governo di Kabul, secondo cui il processo avrebbe dovuto svolgersi in Afghanistan.