Ettore Bianchi, ItaliaOggi 14/11/2012, 14 novembre 2012
PERFINO LA FINLANDIA BRILLA MENO
[Gli industriali sentono la mancanza di un tessuto di pmi] –
I venti di crisi soffiano minacciosi anche sui paesi virtuosi dell’Europa. Come è accaduto con la Germania, dove la crescita economica è rallentata e dove si guarda con apprensione al destino di paesi come la Grecia, la Spagna e l’Italia, così i timori stanno contagiando anche la Finlandia.
Unica nazione scandinava ad avere abbracciato l’euro, contro il quale si sta scagliando la formazione politica guidata da Timo Soini (si veda ItaliaOggi del 31 ottobre), essa comincia a soffrire a causa dell’andamento del commercio estero e della domanda in calo dei partner del continente.
Diversi indicatori fanno pensare che Helsinki sia finita in recessione nel corso del terzo trimestre. Per la prima volta da febbraio 2010 il pil è sceso dello 0,9% in agosto rispetto a dodici mesi prima. Dopo un avvio d’anno scoppiettante, trascinato dalle vendite al dettaglio e dall’export, nel secondo trimestre il pil ha accusato una flessione dell’1,1%. Si tratta di una delle peggiori performance dell’eurozona. Un vero e proprio campanello d’allarme.
Gli osservatori hanno notato una contrazione delle esportazioni, una diminuzione degli investimenti e una debole crescita dei consumi interni. Anche l’occupazione ha dato segnali di cedimento e il numero dei senza lavoro è tornato a salire nel corso dell’estate.
Pasi Sorjonen, economista della banca Nordea di Helsinki, spiega che il rischio recessivo proviene soprattutto dalla frenata degli investimenti, legata a un eccesso di produzione delle imprese e a una domanda meno solida. La congiuntura rimane molto incerta e Nordea prevede un calo del pil dello 0,2%. Quanto al commercio estero, in settembre le importazioni sono arretrate del 9% e le esportazioni del 10%. Il deficit della bilancia commerciale è balzato a 181 milioni di euro, con un incremento del 29% rispetto al mese precedente.
A soffrire è soprattutto il comparto tecnologico, dove i nuovi ordini sono diminuiti del 20% tra marzo e giugno. Va male l’industria del metallo. Anche il gigante Nokia fatica a tenere il passo dei concorrenti. La confederazione degli imprenditori sottolinea che esiste un problema di competitività, in particolare nei settori tradizionali della carta e della meccanica, troppo dipendenti dalle multinazionali. Non vi sono abbastanza piccole e medie aziende.
Intanto, il governo vuole introdurre una legge che tassi gli elementi di rischio presenti nelle banche finlandesi. Si tratterebbe di applicare una ritenuta dello 0,125% sul montante degli attivi a rischio di ogni istituto di deposito. Una piccola banca che si sia presa grandi rischi finanziari dovrebbe pagare di più rispetto a un grosso istituto che, però, sia stato più prudente nella gestione dei fondi. Il progetto sarà sottoposto al parlamento entro fine anno. Questa misura dovrebbe fruttare alle casse statali 170 milioni di euro all’anno. In tale contesto rischiano di guadagnare terreno i nemici della moneta unica e del sostegno alle nazioni deboli del continente.
In generale, comunque, Helsinki è schierata con il blocco nordico dell’Europa, quello che finora si era guadagnato la reputazione di maggiore solidità. Tant’è vero che la Finlandia, insieme ad altre nazioni tra cui la Germania e l’Olanda, è fautrice di una politica di bilancio rigorosa a Bruxelles. L’ultimo esempio risale a ieri, quando il ministro delle finanze Jutta Urpilainen si è schierato a fianco del collega tedesco, Wolfgang Schaeuble, che ha pronunciato l’ennesimo no all’emissione di eurobond.