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 2012  novembre 14 Mercoledì calendario

NON TUTTE LE PRETESE SONO GIUSTE [C’è

chi vuole imporre ai dipendenti la lunghezza delle unghie] –
Ogni tanto qualcosa conferma i luoghi comuni. Tutti sono convinti che ai tedeschi piaccia comandare, e mettere ordine nel mondo secondo i loro principi. Frau Angela non vuol forse insegnare a tenere i conti ai greci, ai portoghesi e anche a noi italiani? E i padroni di casa in Germania dettano regole precise ai loro inquilini, i capi ufficio agli impiegati.
Naturalmente, trovano sempre qualcuno disposto a obbedire, quando basterebbe rispondere «nein».
Tempo fa, a Bonn, prima dell’era dei computer, a un mio collega la padrona di casa vietò di scrivere a macchina perché la disturbava il ticchettìo. A qualunque ora del giorno. E lui obbedì. Allora lei proibì che ricevesse visite a casa. Quando lo venne a trovare la moglie da Milano, lui se ne andò per qualche giorno in albergo. Colpa sua. Qualche precetto, magari, ha un minimo di logica, come quello di non fare la doccia alle tre di notte nei palazzi costruiti negli anni sessanta, con pareti troppo sottili, ma è dovuto intervenire il giudice per stabilire che tutte le altre regole non hanno alcun valore. Altrimenti, molti avrebbero continuato a obbedire, forse a causa dell’educazione luterana ricevuta da bambini.E così in fabbrica o in ufficio. La Süddeutsche Zeitung pubblica su un’intera pagina gli ordini bizzarri dei capi. Qualcuno pretende di stabilire la lunghezza delle unghie e la lacca da usare. Quale colore è consentito? Alcune delle signore si sono ribellate e hanno ottenuto ragione, con un limite: se lavorano a contatto con il pubblico, il capo può stabilire una specie di codice estetico. Un’impiegata di banca non può accogliere la clientela allo sportello truccata come Lady Gaga, e in un istituto di bellezza le dipendenti non dovrebbero eccedere in bizzarrie. A meno che non lo desideri la capa: se lo stile non piace si può sempre cambiare posto. Non è che il giudice dia sempre ragione ai dipendenti. Un impiegato o un operaio può non salutare il capo? Sì, ha risposto il giudice, non è un’offesa, però se il capo gli dice «Guten Tag» e lui non risponde può venire ammonito. C’è il caso opposto, di un impiegato che si è ribellato al «tu» del direttore. Pretendeva che gli desse del lei, come è consuetudine anche dopo anni in Germania. Una vertenza quasi di diritto internazionale, perché il querelante lavorava nella filiale di una ditta di Stoccolma, e in svedese il «lei» non esiste. Il giudice tedesco ha dato ragione al suo connazionale.
Si può licenziare qualcuno che arriva in ritardo di due o tre minuti, ma quasi tutti i giorni? Il giudice ha invitato ad avere pazienza: comunque il danno per la ditta è minimo. Né si può tagliare lo stipendio a chi indugia troppo nella toilette. Il capo di uno studio legale ha cronometrato l’assenza del suo collaboratore, 384 minuti in un mese e gli ha tolto 682,40 euro dallo stipendio. Ha dovuto restituirli: non si può essere puniti per un «fattore umano», che è il titolo di un romanzo di Graham Greene, il quale, però, intendeva un’altra cosa.
Una ditta che gestisce il controllo dei passeggeri in aeroporto ha preteso dagli uomini che amano tingersi i capelli «almeno una tonalità naturale e uniforme per tutti», niente chiome viola o scarlatte. E per le donne, l’obbligo di reggiseno bianco, per non offendere le passeggere, non capisco in che modo. Di solito viene costretto a spogliarsi chi vola e non il contrario. Il giudice ha sancito che sono ordini ragionevoli. Dipende dalla situazione: alla segretaria di uno studio notarile può essere consigliato di sfoggiare tailleur in tinte sobrie, e agli uomini di usare la cravatta.
Ma non al commesso di un supermarket. In un negozio di cosmetici di lusso avevano assunto come commessa una ragazza elegante, di origine tunisina. Poi lei ha cominciato a sfoggiare il velo islamico, ed è stata licenziata. Metteva a disagio le clienti, ha spiegato la capo reparto. Ma ha avuto torto: bisogna tutelare la libertà religiosa.