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 2012  novembre 11 Domenica calendario

Petraeus «incastrato» dal marito dell’amante - «Tutti commettiamo errori». Nel decalo­go di r­egole del gene­rale David Petraeus la frase era al quinto posto

Petraeus «incastrato» dal marito dell’amante - «Tutti commettiamo errori». Nel decalo­go di r­egole del gene­rale David Petraeus la frase era al quinto posto. «Dagli sbagli – aggiungeva Petraeus-c’è sem­pre da imparare». Lui non po­trà farlo. Il suo è un salto nel ba­ratro da cui non si risale. Per i suoi innumerevoli nemici, per la pletora di finti ammiratori che iniziava a Langley e finiva dentro l’Ufficio Ovale,è la mos­sa sbagliata al momento giu­sto. Per il Barack Obama appe­na rieletto e per i democratici il ruzzolone del generale più amato dagli americani è lo scandalo perfetto. Facendo ha­rakiri tre giorni dopo la ricon­ferma democratica Petraeus si trasforma nel capro espiatorio dei tanti errori commessi dal­l’Obama prima versione nel campo della politica estera e dell’intelligence. In quella galleria di cantona­te la svista più pericolosa era la debacle di Bengasi costata la vi­ta all’ambasciatore Chris Ste­vens a ad altri tre funzionari tra cui due uomini della Cia. Quel­la missione studiata per con­vincere le milizie islamiste di Bengasi a non ostacolare la no­mina di u­n premier libico gradi­to a Washington ( Mahmoud Ji­bril, ndr) era la classica azione audace in stile Petraeus. L’uso di un alto diplomatico per un’operazione clandestina ri­volta ad influenzare la politica interna di un altro Paese richie­deva, però, il consenso del Se­gretario di Stato. E del Presi­dente. I senatori repubblicani che attendevano un’audizio­ne di Petraeus per la prossima settimana intendevano chie­dergli probabilmente con chi avesse concordato l’operazio­ne. La domanda non avrà più ri­sposte. Le dimissioni del capo della Cia cancellano la seduta e restituiscono piena verginità al presidente Obama. La mes­sa fuori gioco di Petraeus priva inoltre i repubblicani di un pre­zioso e ineguagliabile candida­to per la corsa alla Casa Bianca del 2016. Detto questo, affermare che Petraeus sia vittima di un com­plotto è un’esagerazione. Alla fine la mano risolutrice, quella capace di trasformare una commedia all’italiana in una saga internazionale, sembre­rebbe quella del marito tradito di Paula Broadwell, la biografa­amante a cui il generale dona­va confidenze e passione. Il 13 luglio il New York Times pubbli­ca l’­accorata missiva di un ano­nimo che racconta di aver sco­perto la tresca tra la moglie e «un alto esponente governati­vo alla guida di un progetto i cui progressi sono visti nel mondo come una dimostrazio­ne della leadership america­na ». L’anonimo cornuto, che altri non è se non Chuck Klo­stermann marito della Broad­well, si chiede preoccupato se «debba venir allo scoperto met­tendo a rischio il progetto na­zionale » o «attendere soffren­do uno o due anni». Ma dietro la lettera c’è probabilmente una storia di gelosia e indagini private che ha già spinto Chuck a cercar di violare pri­ma la mail della moglie infede­le e poi quella del generale. Il tutto nei torridi giorni afghani in cui il futuro capo della Cia, al tempo comandante delle trup­pe a Kabul, spara mail infuoca­te rivelando all’amante il desi­derio di possederla «sotto la scrivania». Ma l’infoiato gene­rale è già allora uno dei deposi­tari della sicurezza americana. Probabile dunque che l’Fbi av­vii le sue indagini non appena il geloso Klostermann intercet­ta le mail destinate alla moglie e cerca di penetrare l’indirizzo del rivale. Da quel momento l’inchiesta su un’infuocata, ma banale storia di corna si tra­sforma in una spada di Damo­cle sospesa sulla testa del gene­rale. E i suoi nemici devono so­lo decidere quando sarà me­glio farla cadere. Ma c’è anche un’altra pista, indicata al New York Times da una fonte dell’Fbi.Una pista se­condo la quale l’indagine che ha portato alle dimissioni di David Petraeus sarebbe comin­ciata alcuni mesi fa con la de­nuncia da parte di una terza persona (non identificata, ma secondo una fonte del Congres­so si tratterebbe di una donna, che non fa parte del governo e non è un familiare delle perso­ne direttamente coinvolte) che avrebbe ricevuto da parte di Paula Broadwell alcune mail minacciose. Sarebbe sta­ta la paura dell’amante del ge­nerale (che evidentemente la percepiva come un ostacolo al­la sua relazione con Petraeus) a indurre questa donna per ora senza nome a rivolgersi ai fede­rali e dare il via allo scandalo. E sarebbe stato nel quadro di questa indagine che gli agenti dell’Fbi,rovistando nell’archi­vio mail della Broadwell, avreb­bero scoperto la fitta corrispon­denza di Petraeus, inviata da un indirizzo personale e non da quello della Cia. La fonte dell’Fbi rac­conta che è da que­sta denuncia che sarebbe scattato «l’allarme su que­stioni di sicurez­za di più ampia portata».E poi pre­cisa che né la Casa Bianca né il Congres­so hanno saputo dell’inchiesta fino a questa settimana. Un ele­mento questo di cui alcuni co­minciano a dubitare, tanto che Rupert Murdoch già parla di «tempi sospetti» e il commen­tatore della conservatrice Fox­news Steve Hayes afferma che «se il direttore dell’Fbi o il presi­dente Obama hanno tenuto la cosa segreta al Paese è uno scandalo enorme».