Manlio Cancogni, L’Europeo 02/11/2012 (n°11 Novembre), 2 novembre 2012
IL FANTASMA DI ALCIDE SUL CANCELLIERE
[Nel settembre 19^3, alla vigilia delle elezioni, Adenauer temeva di fare la fine dell’amico-collega De Gasperi, bocciato dal voto e costretto alle dimissioni per la fallita "legge truffa". Andò altrimenti] –
Un’ombra ha accompagnato Konrad Adenauer durante la campagna elettorale della Repubblica federale tedesca dell’Ovest: quella di Aloide De Gasperi. L’ombra dell’ex presidente del Consiglio italiano gli è sorta alle spalle il 9 giugno 1953 quando fu conosciuto a Bonn il risultato delle elezioni in Italia, e da allora non l’ha più abbandonato. Gli è stata vicina il 25 luglio, nel teatro di Bergisch Gladbach, mentre pronunciava il primo discorso della campagna elettorale, e l’ha seguito in tutti gli spostamenti compiuti in automobile o in treno nei nove Länder della Repubblica federale tedesca. A ogni comizio, a seconda che dai volti o dagli applausi degli ascoltatori credesse di aver guadagnato o perso terreno, Adenauer sentiva l’ombra di De Gasperi impicciolirsi o ingrandirsi alle sue spalle. Fra tutti gli uomini di governo europei, l’ex presidente del Consiglio italiano era quello che il cancelliere tedesco sentiva più vicino per idee e carattere. L’anno scorso in settembre, quando De Gasperi venne in visita a Bonn, Adenauer mostrò assai più della cortesia che si usa in simili casi. Il suo comportamento fu addirittura affettuoso. Un giorno, finiti i colloqui ufficiali, andarono a fare una passeggiata sulle colline di Eifel. Visitarono l’abbazia benedettina di Santa Maria Laach, poi discesero al Reno e sedettero a un tavolo in un caffè-ristorante della riva. Era un pomeriggio tepido e luminoso. Fu portata una bottiglia di vino bianco. I due uomini brindarono guardandosi negli occhi chiari e dall’espressione ferma.
Le loro idee sull’avvenire dei loro due Paesi coincidevano: Patto atlantico, Comunità europea di difesa, stabilità monetaria, legge elettorale per assicurare ai partiti governativi una larga maggioranza. Adenauer, che non ama le effusioni e che, se scherza, lo fa con una riserva d’ironia che impedisce alle rughe della sua faccia di pergamena di spianarsi, quel giorno rise più volte di buon cuore. Vedeva in De Gasperi un amico e, quel che più importa, un uomo sul quale poteva contare. Guardando i vaporetti e le maone (barconi a fondo piatto, ndr) cariche di merci che salgono e scendono ininterrottamente la corrente del fiume, non provava alcuna stanchezza, benché l’ultimo giorno fosse stato faticoso, come se la vista di quel traffico, intenso ma calmo, accrescesse la sua naturale energia. Adenauer ha compiuto da poco 77 anni.
«Che cos’ha fatto», gli chiese a un certo punto De Gasperi, «per mantenersi così giovane?». «Ho sempre mangiato poco», rispose Adenauer, toccandogli confidenzialmente la spalla. Anche De Gasperi ha una fibra robusta. Tuttavia quella sera, dopo la passeggiata, ebbe voglia di andare a dormire. Se lo scacco subito da De Gasperi prima alle elezioni e poi in Parlamento ha rattristato, all’estero, quanti pensavano che soltanto un governo poggiato su una ferrea maggioranza garantisse la continuità della politica italiana rispetto al Patto atlantico e all’integrazione europea, per Adenauer fu un vero colpo. Avendo puntato tutta la sua politica estera sull’integrazione europea e l’implicito riarmo tedesco, il cancelliere provò lo stesso effetto di chi viene amputato d’un braccio. Adenauer non ha amici con cui confidarsi e non ha fiducia negli uomini. È solo nel Palazzo Schaumburg, a Bonn, ove stanno gli uffici della cancelleria, ed è solo nella sua casa di Rhöndorf sulla riva destra del Reno, dove tutte le sere lo aspetta la figlia Lotte. Non parlò a nessuno della sua pena. Si vedeva però che era colpito profondamente.
La mattina dopo, prima di recarsi a Bonn, restò più a lungo del solito a lavorare nel giardino della sua casa, con il grembiule legato attorno alla vita e il cappello di paglia in testa. La cura speciale che dava alle sue piante aveva il significato di una rivalsa. Era come se dicesse che i fiori valgono più degli uomini; in questo caso gli uomini per lui erano gli italiani che avevano votato contro De Gasperi. Adenauer era addolorato ma non abbattuto. Soprattutto era deciso a fidarsi soltanto delle sue forze. L’ombra di De Gasperi gli stava accanto e per farla indietreggiare pensò subito di non parlare più del progetto di legge elettorale con il premio di maggioranza che prima del risultato delle elezioni avrebbe voluto far approvare dal Bundestag.
Eliminata la legge che in Italia è stata un’arma così forte in mano all’opposizione, Adenauer si è subito sentito più forte. In realtà, la sua posizione è ben diversa da quella di De Gasperi e questo si è visto subito dai primi comizi. In Italia, De Gasperi e i candidati governativi sembrava quasi chiedessero scusa agli elettori; i loro discorsi erano in gran parte giustificazioni; Adenauer invece non ha perso tempo a scusarsi ed è subito passato all’attacco. Quando la Deutscher Gewerkschaftsbund (Confederazione dei sindacati tedeschi, Dgb) pubblicò un pamphlet in cui era detto: «Votiamo per un Parlamento migliore contro i fautori di guerra», subito Adenauer chiese: «Chi sono i fautori di guerra? Sono forse io? Ditelo chiaramente». E la Dgb dovette in un certo senso scusarsi. «No», spiegò, «non è il cancelliere ne i suoi ministri che vogliono la guerra; noi intendevamo dire i monopolisti della Ruhr». Ma vediamo adesso come si è delineata la battaglia tra Adenauer e i suoi avversari. Mentre De Gasperi ha dovuto combattere su due fronti, contro i comunisti e i socialisti a sinistra, e contro i monarchici e i fascisti, specie nel Mezzogiorno, a destra, Adenauer ha avuto la vita più facile. A destra, il cancelliere tedesco non ha avversari di rilievo. Le destre moderate, liberali conservatori del Freie Demokratische Partei (Fdp, il Partito liberaldemocratico) e nazionalisti conservatori del Deutsche Partei (Dp, Partito tedesco), sono già rappresentati nel governo; cosicché da quella parte restano all’opposizione soltanto i neonazisti, ma questi ultimi non costituiscono per il momento un pericolo diretto. Cambiano continuamente sigla e dirigenti e il pubblico è in maggioranza loro ostile. A Bienefeld, nella Bassa Sassonia, l’ultimo dei loro capi, Werner Naumann, che oggi è stato escluso dalle liste elettorali come nazista di seconda classe, fu accolto dal pubblico con uova marce e torsi di cavolo. Ora i nazisti sono raccolti sotto l’insegna del Deutsche Reichspartei (Drp, Partito imperiale tedesco) ma non sembra che debbano avere maggior fortuna. La legge elettorale è nemica dei piccoli partiti. Devono raggiungere il cinque per cento dei voti e se non conquistano almeno un seggio pieno non possono avere rappresentanti al Bundestag. Nei confronti dei nazisti, Adenauer ha adottato una tattica assai diversa da De Gasperi. Quest’ultimo nei suoi discorsi elettorali fu spesso duro con i fascisti, ammorbidendo appena il suo atteggiamento nel luglio scorso quando si trattò di salvare il suo pericolante e ormai compromesso ottavo governo. Adenauer invece ha preferito assorbirli nel suo partito come del resto hanno fatto i liberali della Sed, il Partito socialista unificato di Germania, e i conservatori del Dp. La massa dei nostalgici è tutta sotto controllo in Germania, mentre i nazisti al cento per cento sono isolati.
D’altra parte, che cosa può pretendere oggi il tedesco piccolo-borghese che nel 1932 si mise dietro a Adolf Hitler seguendolo ciecamente fino al crollo finale? Il tedesco medio ex nazista chiede soltanto sicurezza economica, autorità e un linguaggio di patriottismo demagogico. E Adenauer sa essere sufficientemente autoritario e all’occasione usare le parole del più acceso nazionalismo. Ma non si tratta soltanto di parole. Nel 1948, anno delle prime elezioni federali, la Germania era un Paese rigidamente controllato e senza indipendenza; mentre oggi ha riacquistato gran parte della sua autonomia.
Gli opuscoli di propaganda mostrano una fotografia dell’anno scorso che rappresenta Adenauer fra Anthony Eden, Dean Acheson e Robert Schuman (rispettivamente segretario di Stato per gli Affari esteri britannico, segretario di Stato statunitense e ministro degli Esteri francese, ndr). Sotto c’è questa scritta: «Die grossen Vier» (I quattro grandi). Anche il tedesco dal cranio rasato e dalla collottola spessa che, nonostante gli abiti borghesi e la moglie dai grossi fianchi che lo accompagna a passeggio, rivela l’ufficiale in congedo, può essere soddisfatto. Muovendosi a sud di Roma durante la campagna elettorale De Gasperi sentiva quale nemico avesse nella cronica depressione di quelle regioni. Un problema del genere non esiste per Adenauer. Nei nove Lànder della Repubblica federale, ricchezza e povertà sono quasi ugualmente distribuite e dappertutto la ripresa economica sbalordisce il viaggiatore frettoloso. La situazione economica dalla Baviera allo Schleswig-Holstein è certamente l’argomento base di tutta l’azione elettorale di Adenauer e dei partiti al governo. Il professor Ludwig Erhard, ministro dell’Economia (e cancelliere dal 16 ottobre 1963 al 1° dicembre 1966, ndr), si rivolge più all’istinto dei suoi elettori. «Guardatevi intorno», egli dice, e giudicate.
L’elettore tedesco, operaio, impiegato, contadino, commerciante, industriale, deve ammettere che il miracolo esiste. Volkswagen, Taurus, Porsche, Opel e un’altra quantità di automobili rendono difficile la circolazione nelle strade in città e in campagna. Le ciminiere nell’Assia, in Renania e nella Ruhr fumano notte e giorno; la navigazione sul Reno è ininterrotta; le vetrine sono piene di merci. Tutti hanno solide scarpe ai piedi e buoni vestiti addosso, anche se tagliati con cattivo gusto. Poi ci sono le cifre: nel 1950 ci volevano 12 marchi per un dollaro; oggi ne bastano quattro. La bilancia commerciale si salda con un attivo di 300 milioni di marchi; il numero dei disoccupati, nonostante che per l’affluenza dei profughi la popolazione nella zona Ovest sia aumentata di 9 milioni, è sceso sotto il milione. Il professor Erhard ha tutti i numeri per passare per un mago.
La donna di casa, sulla quale egli fa assegnamento per il voto, conta i 300 marchi di salario del marito se operaio, o i 400 se impiegato, pari a 50 mila e a 65 mila lire italiane (nel 1950 un operaio italiano guadagnava 25 - 30 mila lire, ndr), e non può fare a meno di ricordare che ancora quattro anni fa, con quei soldi, se li aveva, comprava molto meno roba. E tutto ciò grazie al tandem Adenauer - Erhard. Il tandem De Gasperi - Pella (Giuseppe Fella, ministro delle Finanze nel IV governo De Gasperi, ndr) non poteva offrire agli elettori italiani vantaggi altrettanto evidenti. Inoltre, il grosso industriale che in Italia ha aiutato le destre e che ha fatto spesso opposizione alla politica governativa, troppo vincolata per il suo gusto, qui ringrazia il professor Erhard che, unico al mondo, mostra di credere nel liberismo. Le case sono ancora per il 60 % a terra, ma le fabbriche lavorano, i profitti del capitale sono forti e il fisco è meno arcigno che negli anni passati. L’industriale tedesco non ha nel 1953 nessuna voglia di finanziare i sovversivi di destra come fecero nel 1932 FritzThyssen e Gustav Krupp. Ma un avversario esiste e ogni mese che passa, invece che addolcirsi con l’accresciuto benessere della popolazione, accentua la sua polemica contro la politica governativa. Non è Max Reimann, capo dei comunisti, e nemmeno Erich Ollenhauer, capo del Partito socialdemocratico tedesco (Spd) che nella Camera uscente contava solo otto seggi meno dell’Unione cristiano democratica (Cdu) di Adenauer (131 contro 139). Su Max Reimann grava la situazione della Germania Est e gli avvenimenti di Berlino del giugno scorso (17 giugno 1953: sciopero generale soffocato nel sangue, ndr) l’hanno ancora indebolita. Il suo problema per avere rappresentanti alla Camera è di concentrare a Solingen, dove si presenta candidato, le masse comuniste (nel 1948 i comunisti furono un milione e 361.706, il 5,7%, ma oggi sono certamente diminuiti) per riuscire a vincere un seggio. La legge elettorale permette che l’elettore vada a votare, dandone giustificazione, dove meglio crede.
Ollenhauer è alla testa di un partito formidabile che in alcune elezioni parziali nei Länder ha superato anche il 50% dei voti. Tuttavia negli ultimi tempi il successo della Spd è diventato più tiepido. Nella politica estera è contro la Sed, ma non chiede la neutralità della Germania, e Adenauer gli ha quasi strappato lo slogan dell’unità che era la forza del presidente Kurt Schumacher. Un episodio è abbastanza significativo. Quando ci fu la commemorazione per gli operai caduti a Berlino, i socialdemocratici furono presenti con la bandiera della Repubblica e non con quella rossa del partito. Ollenhauer è un eccellente organizzatore ma non ha affatto il fascino di Schumacher che con la sua faccia scava, senza una gamba, perduta nella Prima guerra mondiale, simbolo di patriottismo, e senza un braccio, perso in un campo di concentramento, simbolo di antinazismo, eccitava la fantasia romantica dei tedeschi. Altro sintomo: accanto al ritratto di Adenauer i socialdemocratici mettono sempre quello del loro primo capo, morto l’anno scorso. I socialdemocratici presero 6 milioni e 934.975 voti nel 1948 (il 29,2%) e sono andati aumentando negli anni successivi.
Ma il pericolo per il cancelliere non è a Bonn, bensì a Düsseldorf. In questa città di mezzo milione di abitanti, dove si re- spira già odor di carbone della Ruhr, nella Stromstraße, in un quartiere periferico vicino al Reno, sorge un edificio massiccio che ricorda, specie all’interno, i film espressionisti del primo dopoguerra. È la sede centrale della Dgb, il sindacato unico che conta più di 6 milioni di iscritti.
Nella stanza numero 407, da cui si vedono le rive del fiume fitte di gru e di banchine, siede Walter Freitag, capo del sindacato e avversario numero uno della politica economica del professor Erhard. Ancora due anni fa quel posto era occupato da Hans Böckler. Böckler era stato un avversario meno duro per gli industriali e per il governo. Allora si trattava di ricostruire e Böckler persuase gli operai a far tacere le loro rivendicazioni. Ma oggi che la ricostruzione industriale è avvenuta, Freitag è passato all’attacco. Egli non crede al miracolo del liberismo e teme che il benessere attuale della Repubblica non abbia fondamento. Già raccoglie notizie di mercati stranieri che si chiudono e di difficoltà nella esportazione. Vorrebbe un controllo, vorrebbe intanto per gli operai la cogestione nella direzione generale dell’economia. E a questo proposito ha chiesto ai minatori e ai lavoratori dell’acciaio, spina dorsale dell’industria tedesca, se siano disposti a seguirlo in uno sciopero generale. I minatori e gli operai della Ruhr hanno risposto di sì. Adenauer ha accusato Freitag di violare la neutralità dei sindacati. «Ci sono troppi milionari e troppo poche case», risponde Freitag.
Nella Ruhr migliaia di famiglie vivono ancora nei bunker mentre a Düsseldorf, dove affluisce la ricchezza della zona, le vetrine sono piene di articoli di lusso. Sotto la spinta di Freitag, che in sostanza chiede una maggior cautela e una divisione più equa degli utili, i 6 milioni di iscritti, che rappresentano più di 10 milioni di voti, possono indirizzarsi in massa verso il partito socialdemocratico. Anche se questo non dovesse avvenire subito, il pericolo per Adenauer rimane. La lotta politica in Germania è appena agli inizi. Pensando alla stanza numero 407 del palazzo della Stromstraße, Adenauer vede sbiadirsi la faccia larga e ottimista del professor Erhard e delinearsi quella magra e accigliata di De Gasperi.
COM’E ANDATA A FINIRE
Nelle politiche italiane del 7 giugno 1953 debuttò una legge elettorale, la n. 148: un sistema proporzionale con premio di maggioranza (65% dei seggi) per la lista o gruppo di liste che avesse ottenuto il 50% +1 dei voti. Chiamata "legge truffa" dall’opposizione, fallì per poche migliaio di voti. Dopo le polemiche sulla legge elettorale (abrogata il 31 luglio 1954), il 28 luglio De Gasperi, sfiduciato dalle Camere, si dimise.
Il 6 settembre 1953 si svolsero le seconde elezioni federali tedesche. Grazie al 36,4% della sua Cdu (+11,2 rispetto alle elezioni precedenti del 1949), Konrad Adenauer fu riconfermato cancelliere alla guida di una vasta coalizione che non comprendeva solo socialdemocratici (28,8%) e comunisti (2,2%). Il 15 settembre del 1957 alle elezioni per il terzo Parlamento tedesco la Cdu/ Csu ottenne la maggioranza assoluta e Adenauer venne eletto di nuovo cancelliere. Il 7 novembre 1961 venne rieletto cancelliere e il 15 ottobre del 1963 si dimise. Gli successe Ludwig Erhard.