Franco Cordero, la Repubblica 15/11/2012, 15 novembre 2012
LE METAMORFOSI DEL CAVALIERE
Fingendo un malinconico ritiro dalla politica attiva, B. s’era scelto tre compiti: fondare ospedali nel Sudan (provvederà Guido Bertolaso); promuovere l’università del libero pensiero; rilanciare il Milan. L’intento virtuoso dura poco. Vediamo come mai. Gli vengono dietro, cani fedeli, due processi milanesi: in uno l’accusa è concussione sullo sfondo dei fescennini d’Arcore; nell’altro d’avere a lungo frodato il fisco gonfiando gli esborsi negli acquisti dei film americani, anche quando era già presidente del Consiglio. Quest’ultimo dibattimento durava da sei anni, ostruito da tutti gl’immaginabili diversivi, finché il delitto fosse estinto, ma stavolta la macchina mangiatempo non basta. All’indomani dell’atto pseudoabdicativo gli cade addosso una condanna a quattro anni (tre condonati). Tetro e furente, dichiara guerra al mondo. In una conferenza stampa (Lesmo, Villa Gernetto) assale magistratura, fisco, governo, Berlino, l’Europa, Angela Merkel e Nicolas Sarkozy, colpevoli d’averlo screditato con dei sorrisi assassini; en passant indica gli obiettivi del
nuovo corso politico: fisco lieve, via l’Imu e mai più imposte sulla casa, giustizia riguardosa, pubblico ministero ubbidiente a chi comanda, una nuova Carta, premier forte, divieto d’intercettare, ossia criminali invulnerabili. L’indomani manda al diavolo i moderati Pdl. Nella lista dei felloni figurano capo dello Stato e premier: l’hanno lasciato in pasto a procure e tribunali
quaerentes quem devorent; è sottinteso che dovessero prestargli man forte, Dio sa come. Viso terreo, occhi fissi, loquela convulsa dicono cos’abbia dentro, e non pigliamo sotto gamba la rabbia dell’uomo più ricco d’Italia.
Notizie ab intra dicono pronto a dissolversi l’apparato mercenario: comandava 335 parlamentari; gl’irremovibili sarebbero appena una trentina, sicuri o illusi d’avere un grasso futuro nella compagnia della morte; 10 su 11 gli spaventati dal prevedibile collasso elettorale, quindi transumanti. Poco male, dev’essersi detto, ne assolda quanti vuole. Cosa fosse quel partito, consta dall’effusione d’una colomba. Maurizio Lupi viene da Cl, convinto governativo. Eccolo al Tg3. La domanda era cosa pensi del furioso coup de théatre; e lui risponde: è lo sfogo dell’offeso da una «terribile ingiustizia». Fosse cauto, direbbe: «D’uno che si ritiene offeso»; no, l’enunciato suona categorico. S’intende della materia? Ha letto quelle novanta e passa pagine soppesando le prove addotte dalle parti? No, ma dixit Dominus, le cui emissioni vocali fanno dogma, sebbene sia famoso mentitore. Da 18 anni dignitari più o meno genuflessi ripetono volubili diktat padronali. Era sicuro d’essere assolto, afferma, non è chiaro da quali premesse, visti i motivi della condanna. Dei sei testimoni le cui parole sono altrettanti chiodi, quattro appartenevano a Mediaset. Il meccanismo fraudolento ha un «elegante» marchio stilistico (le style c’est l’homo): fingere vari acquisti dello stesso materiale; i successivi acquirenti-venditori sono maschere del contraente effettivo, «Berlusconi’s Companies» (lo dicono anche lettere Twenty Centuries Fox e Paramount, nonché quella d’un produttore molto attivo nella pantomima contrattuale); ogni volta il prezzo lievita; ad esempio, 64 milioni e mezzo diventano 199, 5, donde 135 milioni d’un falso passivo, il cui importo scompare, imboscato off shore. Altrove s’era salvato scaricando l’accaduto su dipendenti cirenei: nessuno lo credeva ignaro, senonché
l’onere della prova incombe all’accusa; e dubbi marginali aprivano lo spiraglio d’una via d’uscita. Qui i testimoni parlano: eccome sapeva; anzi, era lui il vertice strategico; in materia vigeva un tabù; mai che nel cda se ne parlasse. Così la sentenza disegna i retroscena: questioni ridiscutibili in appello e se il soccombente ricorre, interloquirà la Cassazione, ma l’Olonese calpesta norme, logica, costumi. Anziché difendersi, ulula: è «barbarie» che un tribunale osi condannarlo, diagnosticando un abito criminofilo incompatibile con le attenuanti generiche. Tale rilievo blasfemo lo manda in bestia. I chierici fanno eco, incluso chi volentieri volerebbe in siti dove sia richiesto meno stomaco.
Abbiamo sotto gli occhi una metamorfosi. S’era presentato quale uomo d’ordine, onestamente pragmatico, semplificatore, impresario geniale, custode dei valori, liberalmoderato, inflessibile contro l’inesistente sinistra bolscevica: chi fosse e dove mirasse, era chiaro a chiunque guardi i fatti, ma disponeva d’un pubblico frollato dall’ipnosi televisiva, avendo gli avversari più comodi che uno possa augurarsi. Ormai la parte virtuosa è insostenibile. Anche fisicamente appare diverso, torvo, spento, gelido. Qualunque cosa dica, nessuno con la testa sul collo gli crede più, tanto spesso ha mentito. Le serate d’Arcore indicano allarmanti lacune nel controllo psichico. Al governo s’è visto quanto valga: ancora un poco e sarebbe stata bancarotta; in economia la scoperta è che gl’italiani siano ricchi ma non spendano perché la spirale recessiva imputabile alla Germania gela i consumi. Non erano malignità gratuita i sorrisi dei partner europei. Il punto è quanta chance elettorale abbia. Non consideriamola irrilevante. A parte i resti del pubblico credente, ha dalla sua chi ammira i Joker: gusto del nuocere, in tedesco, Schadenfreude; speriamo che siano pochi, ma sono tanti gl’interessati al lassismo nelle cui pieghe un vampiro succhia sessanta miliardi l’anno. È dogma berlusconiano che la parola non sia intercettabile. Infine, gioca l’effetto attraente d’un partito-lobby, protettore dei malaffaristi white colar: quanti baldi giovani possono farvi carriera; miseria, immoralismo, abito parassitario sono carattere genetico dell’Italia controriformista. Le urne quantificheranno tali classi umane.