Maria Luisa Agnese, Corriere della Sera 15/11/2012, 15 novembre 2012
«Ma perché gli uomini hanno tanta paura di noi?». Scritto ieri, direte voi, anche perché l’articolo anticipava la ginofobia, nuova malattia dei maschi atterriti dalle donne
«Ma perché gli uomini hanno tanta paura di noi?». Scritto ieri, direte voi, anche perché l’articolo anticipava la ginofobia, nuova malattia dei maschi atterriti dalle donne. E invece no, trattasi dell’altro ieri, correva l’anno 1973. Ma il gioco potrebbe continuare e potrei chiedere di che anno è il titolo «Quanto vale il lavoro della casalinga?» che annunciava un’inchiesta del 1972 sulla donna reginetta del multitasking e parlava già delle ansie per riuscire a far tutto: si calcolavano 489 mila lire al mese per nove mansioni, cuoca, babysitter, manager, guardarobiera... Ma era trasgressivamente anticipatoria anche quella Claudia Cardinale del 1962 in versione maschio che, in sontuosa veste da camera si radeva storcendo il mento, proprio come fanno loro, gli uomini: gioco di scambio di ruolo poi ripreso nel 1965 dalla rivista americana Esquire che farà radere in copertina una Virna Lisi in espatrio hollywoodiano, e che riocchieggia oggi nella rubrica intrigante dell’Amica contemporanea «Se fossi uomo», vedi Luisa Ranieri alle prese con rasoio affilato nella foto di Giovanni Gastel. Ebbene sì, parliamo di Amica, il femminile che ha accompagnato l’ascesa e la trasformazione della donna italiana con acribiosa attenzione ai giovani e al cambiamento e con continua innovazione d’immagine e di grafica. «Ci voleva un’Amica per sovvertire lo status quo e trasformare i femminili da manuali per benpensanti in fogli di ritrovata consapevolezza» scrive la psicoterapeuta e collaboratrice storica del giornale Gianna Schelotto nel libro poderosamente illustrato in uscita da Rizzoli per celebrare i 50 anni della rivista. «E accompagnare il cammino femminile verso le nuove identità». E per Cristina Lucchini, il direttore di oggi, è stato un divertimento scendere in archivio con il vicedirettore Pietro Cheli «a sfogliare le annate del giornale» per costruire questo libro, Amica è..., fondato su criteri non strettamente temporali ma tematici, e giocato sugli accostamenti attraverso il tempo: nella sezione Celebrities ci si trova, non senza sconcerto, a paragonare Twiggy con Megan Fox (pagina 170), o a fare confronti fra i tacchi e le zeppe di ieri e quelli di oggi, pagina 294. «Quando ho visto quell’articolo sulla casalinga — racconta Cheli — l’ho subito riconosciuto e mi è preso un colpo: il ritaglio aveva troneggiato per anni nella cucina della mia infanzia, appeso dalla mamma». Nato come costola di lusso dalla grande testa del Corriere della Sera, nel marzo 1962, con una copertina dedicata a Sophia Loren Amica denuncia subito il suo alto pedigree giornalistico: Catherine Spaak, lolita trasgressiva al cinema, indossava la moda giovane (anche se gli abiti erano ancora da signora) e Jacqueline Kennedy firmava un articolo in cui raccontava il presidente John, suo marito: «La pasta al forno è il suo piatto preferito». Anche il nome, per cui la redazione a lungo si tormentò (a un certo punto sembrava prevalere un Lillà), nacque da nobili lombi: il copyright è dello scrittore Dino Buzzati, ai tempi anche redattore e «nume tutelare» del Corriere. Lungo è stato il cammino che da allora hanno fatto, insieme, le lettrici e le giornaliste e l’Italia tutta — fra avanzate e retromarce — e, come scrive Schelotto, «a ripensarci oggi sembra impossibile che siano cambiate tante cose in così poco tempo: la legge sul divorzio è del ’70, il permesso di usare i contraccettivi del ’71, il nuovo diritto di famiglia del ’75, l’approvazione della legge 194 sull’aborto del 1978, e l’abrogazione del delitto d’onore del 1981». Con il suo dna corrieresco Amica diventa femminile di tendenza e di notizie e alleva un vivaio di giovani a raccontare il cambiamento, le svolte della storia, ma anche del glamour: c’è persino un Roberto Benigni giovanissimo che nel 1979, con tutti i capelli, fa il modello «Classico con humour». Un bouquet di grandi firme e di eccellenze accompagnano il giornale, da Alberto Moravia a Indro Montanelli a Oriana Fallaci, e adesso, sfogliare il libro che racconta i suoi cinquant’anni, vuol dire ripercorrere l’album della nostra vita recente con l’aiuto di una guida d’alta gamma. Ricorda Barbara Alberti (che a lungo ha curato la rubrica delle lettere d’amore) di come Paolo Pietroni, direttore a suo dire geniale quanto inquietante sul piano caratteriale, la recrutò nel 1983 dicendole arcigno: «Scrittura alta, mi raccomando!».