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 2012  novembre 14 Mercoledì calendario

LA BUROCRAZIA FRENA IL PIL

Semplificazione e crescita sono state considerate due facce della stessa moneta dal Governo Monti che, poco dopo il suo insediamento, è riuscito a varare due decreti su questi fronti ricchi di misure in parte già entrate in fase attuativa.
La lotta alla burocrazia
La corsa è tuttavia un po’ rallentata, dopo il varo estivo della spending review, con la scelta di presentare in ottobre un disegno di legge (anziché un nuovo decreto) che completa l’azione intrapresa collegandosi al secondo decreto sviluppo. Si tratta di nuovi tagli importanti per le imprese. Si aggrediscono, per esempio, adempimenti formali in materia di sicurezza sul lavoro che rappresentano da soli un onere amministrativo valutato in 4,6 miliardi annui. Un risparmio che sarà realizzato, una volta approvata la legge, solo dopo l’adozione dei provvedimenti attuativi e che si andrà a sommare ai circa 8,14 miliardi di "guadagni" già realizzati, secondo le stime dello stesso Governo, su una massa di oneri complessivi da ridurre che supera i 26 miliardi.
Su questa parte dell’agenda di Governo oltre alla Commissione europea l’Ocse e il Fondo monetario hanno espresso diverse valutazioni positive: si tratta – è l’analisi comune – di provvedimenti di profilo strutturale e a costo zero che, una volta entrati a regime alleggeriranno nei fatti il contesto amministrativo e procedurale in cui operano le imprese e i cittadini quando entrano in contatto con la Pa. Come è stato osservato, proprio perché si tratta di provvedimenti «a costo zero», – ad esempio l’acquisizione di ufficio del Documento unico di regolarità contributiva (Durc) – la strada del decreto sarebbe stata preferibile, visto il peso record della burocrazia italiana.
In attesa dell’iter parlamentare del Ddl del 16 ottobre scorso, il cantiere delle semplificazioni non s’è fermato. Sono in dirittura di arrivo i provvedimenti attuativi in materia di autorizzazione unica ambientale, le linee guida sui controlli unificati nelle aziende. E tra gennaio e febbraio vedranno la luce la Banca dati per gli appalti e lo sportello unico per l’edilizia.
Le liberalizzazioni
In linea generale non si può trascurare la difficoltà di reperire risorse nuove a sostegno dell’«Agenda per la crescita», come dimostra il credito di imposta strutturale per investimenti in ricerca, la cui introduzione è vincolata all’individuazione di fondi attraverso il piano Giavazzi sugli incentivi alle imprese. La crisi della manifattura è stata solo parzialmente affrontata dal Governo, attraverso la gestione quotidiana delle crisi aziendali (da Alcoa a Fincantieri) ma alla fine è mancato un disegno strategico per rilanciare l’industria nazionale. Nei prossimi mesi sarà ancora decisiva la gestione dei casi Ilva e Fiat.
Per quanto riguarda la sequenza dei provvedimenti, con il decreto di esordio, il "Salva Italia", il Governo ha introdotto l’Ace (incentivo alla capitalizzazione delle imprese) e sgravi Irap per l’assunzione di giovani under 35 e donne. Poi è stato il turno delle liberalizzazioni con il "Cresci Italia", che vanta come risultati più eclatanti la separazione proprietaria tra Eni e Snam nel mercato del gas e l’abolizione delle tariffe minime dei professionisti. Il decreto resta però ancora incompiuto in attesa dei regolamenti attuativi dell’articolo 1 sulle attività economiche deregolamentate.
I decreti sviluppo
Prima dell’estate è invece arrivato il via libera al primo decreto sviluppo, che tra le altre cose ha introdotto i bond per le società non quotate, anche Pmi, la riforma della legge fallimentare, l’innalzamento del limite per l’Iva per cassa da 200mila a 2 milioni di euro.
Solo la prossima settimana, invece, entreranno nel vivo le votazioni al secondo decreto sviluppo, che oltre al credito di imposta per le nuove infrastrutture, contiene le misure per l’Agenda digitale e gli incentivi per le start up innovative. Su questo Dl più che mai pesa l’incognita dei provvedimenti attuativi (quasi 40) da portare al traguardo nella finestra sempre più stretta di fine legislatura. Infine, il Governo ha senz’altro all’attivo il pacchetto di decreti per sbloccare almeno una tranche dei pagamenti della Pa alle imprese e il recepimento della direttiva Ue sulle transazioni future, mentre, con sempre più clamore, la piena operatività della nuova Agenzia Ice per il commercio estero è ancora sospesa in attesa dell’agognata attuazione.
Le infrastrutture
Oltre 130 modifiche al codice dei lavori pubblici nell’ultimo anno e mezzo la dicono lunga sul "tira e molla" che si è intrapreso sul terreno delle infrastrutture prima dell’arrivo del Governo Monti e che il Governo Monti ha continuato. Alla fine della (troppo) lunga "tela di Penelope", qualche punto fermo si può mettere: per le infrastrutture finanziate da privati sono stati varati il project bond, la defiscalizzazione Ires e Irap e il credito di imposta per opere di importo superiore a 500 milioni; è stato avviato il piano città; è stato fatto ordine su una buona parte dei finanziamenti del Cipe; è continuata con successo l’operazione di riprogrammazione e concentrazione dei fondi Ue. Bene i fondi Ue ma non nascondiamoci che parte degli effetti sono contabili e dovuti alla riduzione del cofinanziamento nazionale. Bene il lavoro del Cipe, anche se finora parliamo degli stessi fondi disponibili da anni. Bene il piano città, ma c’è da scommettere che prima di febbraio-marzo non si vedranno cantieri. Bene gli strumenti per le infrastrutture a finanziamento privato, ma riguardano solo poche grandi opere e non produrranno nessun effetto a breve. Valutazione sintetica: è stata impostata una buona politica per il futuro, con qualche limite grave (sulle piccole e medie opere), ma per la crescita oggi non c’è ancora nulla. Adesso occorre finalizzare le risorse alla crescita, subito.