Filippo Ceccarelli, la Repubblica 14/11/2012, 14 novembre 2012
DA PROUDHON AL PAPA BUONO IL MARKETING POLITICO DEL PANTHEON USA-E-GETTA
AH, ancora il Pantheon: uffa! O forse no, tanto vale adattarvisi. Nell’avido e cannibalico ciclo produzioneconsumo di icone ad uso partitico, per esempio, Papa Giovanni, e con rispetto parlando, non era mai entrato.
O meglio: nessun leader l’aveva finora promosso, o ristretto, o comunque arruolato come testimonial più o meno posticcio insieme al cardinal Martini, a Mandela, all’impossibile duo Iotti-Anselmi, come pure, sempre nello show di lunedì, a De Gasperi, al compianto Marcora o a una blogger tunisina nel più straniante casting genealogico che si ricordi.
Con il che appare evidente che la posta del marketing simbolico continua ad alzarsi, ma al tempo stesso è come se il discorso pubblico, ormai palesemente piallato e definitivamente regredito a pure indizio, tornasse a rispecchiarsi in quei piatti dai colori vivaci che cinquant’anni orsono si notavano dietro le vetrine dei negozi di souvenir raffigurando il volto del Papa Buono al fianco di Kennedy e di Martin Luther King, non a caso altri due gettonatissimi eroi dell’odierna politica usa-egetta.
E così almeno a sinistra la newentry Roncalli va a raggiungere quel piccolo grande Olimpo popolato dalle figure più strambamente inconciliabili che la fantasia pop di consiglieri e spin-doctor seguita a radunare a spregio della storia, del ridicolo e del buonsenso: Pasolini e i Simpson, Montanelli e Allende, don Milani e Dylan Dog, Pertini e John Lennon, e Dossetti, Tex, Falcone, Bobbio, La Pira, Gandhi, Einaudi, Fonzie e naturalmente Berlinguer.
Dio ne scampi perciò dalla moda del Pantheon, e ancor più dalla sua mai sazia retorica, dall’astuto suo candore modernizzante. Sono più di trent’anni, d’altra parte, che cerca d’imporsi; e se all’inizio, quando nel 1978 del tutto a freddo Craxi si pose all’ombra di Proudhon, e poi da palazzo Chigi impose agli italiani il culto di Garibaldi, e dopo Sigonella arrivò a scippare Mazzini al povero Spadolini, e in odio al Pci cominciò addirittura a volteggiare su Gramsci, beh, se all’inizio bene o male il gioco poteva e doveva tenere conto delle culture politiche, oggi assomiglia a una desolante collezione di figurine Panini: Rosselli ce l’ho, Spinelli ce l’ho, Keynes e Roosvelt pure, ma Madre Teresa mi manca, ma che problema c’è?
Tortuose vie, nel frattempo, l’hanno degradato e perfezionato l’assemblaggio di radici, non senza furti con destrezza, incauti acquisti e appropriazione di indebiti antenati. Ora, è anche vero che si possono invocare a discolpa attenuanti generiche determinate dal crollo della Prima Repubblica e dall’affermarsi di leader e forze politiche senza storie e senza tempo.
Ma certo i video-minestroni congressuali e le visite mirate alle tombe della prima segreteria ds di Veltroni (2000) hanno senz’altro alimentato quel «pantagruelico sincretismo», come l’ha definito Andrea Romano in «Compagni di scuola» (Mondadori, 2008), che nell’altro campo si misurava con i grotteschi rimbambimenti celtici della Lega, il culto berlusconiano di Mamma Rosa e una marmellata di d’Annunzio e Mogol-Battisti in voga ad Alleanza nazionale.
Però la sinistra in questo diede di più, fece scuola e anzi si può dire che generò una sorta di estetica. Tanto che per presentare la nuova Cinquecento la Fiat mandò in onda uno spot che sulle note del piano di Allevi mostrava Pertini, Wojtyla, Coppi, Fellini, Falcone e Borsellino, mentre la voce di Ricky Tognazzi annunciava: «La vita è un insieme di luoghi e di persone che scrivono il tempo ». Solenne pausa: «Il nostro tempo» .
Quando, era il 2007, Fassino stabilì di comprendere Bettino Craxi nell’erigendo Pantheon del Pd, per sottolineare ingiustizia e assurdità la figlia Stefania se ne uscì sarcastica che «magari» era il caso di inserirvi anche Totò e Macario. E qui tuttavia basta fare solo un piccolo salto, o aspettare che Pecoraro Scanio annettesse San Francesco al sole che ride, e i comunisti di Diliberto evocassero a loro conforto l’esempio di George Clooney in «Syriana» o del Doctor House, per scoprire che nel 2009 Totò era effettivamente entrato (con Obama, il Papa Giovanni Paolo II, Falcone, Borsellino, Peres & Sharon più un certo numero di alpinisti, tenniste e ginnaste) in un polpettone visivo proiettato al congresso di fondazione dell’Api, a Parma.
Di Erminio Macario si erano purtroppo perse le tracce. In compenso, dalla radunata di fantasmi s’affacciava Aldo Fabrizi che profeticamente divorava una costoletta d’abbacchio. A riprova del potere che i morti esercitano sui vivi, e ancora di più della frenetica sequenza che senza fine brucia e consuma comici, santi, sportivi, eroi, papi, statisti e personaggi, addirittura, che non sono mai esistiti.