Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2012  novembre 14 Mercoledì calendario

EMOTICON, PER VOCE ARANCIO


L’umore di chi scrive. La parola emoticon è un incrocio dei vocaboli inglesi «emotion» e «icon», etimologia che ne suggerisce il significato e l’uso: una combinazione di simboli che esprime l’umore di chi scrive. È ormai un codice comunicativo universale. Chat, email e smartphone le hanno rese famose: un sondaggio di Yahoo! dice che l’82% dei fruitori di messaggerie le usa ogni giorno e il 61% si esprime meglio così.

Trent’anni fa il primo sorriso digitale. Sono le 11.44 del 19 settembre 1982 quando il professore d’informatica Scott Elliott Fahlman mise insieme tre segni di punteggiatura, i due punti un trattino e una parentesi tonda, e inventa il primo emoticon.

Si leggono inclinando la testa. Combinazione di segni di punteggiatura che rappresentano un’espressione facciale. Si leggono inclinando la testa di 90° a sinistra. Quello di Fahlman riproduceva nient’altro che lo smile creato nel 1963 da Harvey Ball.

Per chi non capisce le battute. «Alla Carnegie Mellon Carnegie Mellon University di Pittsburgh avevamo una bacheca digitale in cui si discuteva di ogni sorta di argomento, con il tipico umorismo nerd. In una di queste discussioni ci chiedevamo cosa sarebbe successo, da un punto di vista scientifico, a una candela accesa, a un canarino e a una pozza di mercurio dentro un ascensore in caduta libera. Alle molte risposte serie, si aggiunse un commento umoristico che invitava a non usare uno degli ascensori dell’edificio “perché contaminato dal mercurio, danneggiato da piccoli incendi e pieno di uccelli morti”. Non tutti capirono che si trattava di una battuta. Uno dei tecnici pensò che fosse un vero allarme. A quel punto decidemmo di trovare un simbolo per gli scherzi e uno per i commenti seri e la mia proposta, quella delle faccine, venne accolta da tutti». Il messaggio originale: «Scott E. Fahlman propose that the following character sequence for joke markers: :-). Read it sideways. Actually, it is probably more economical to mark things that are NOT jokes, given current trends. For this, use :-(».

«Il mio piccolo regalo al mondo». Fahlman è stato riconosciuto come l’inventore dell’emoticon, dopo che per anni il post originario in cui era compreso era stato dato per perso, prima che venisse recuperato da un nastro di backup. «Per scrivere quel messaggio ho impiegato non più di dieci minuti della mia vita. Ed ciò mi ha reso famoso, più di qualunque cosa abbia fatto in quarant’anni di ricerca nel campo dell’intelligenza artificiale». Non detiene nessun copyright per cui non hai mai percepito alcun compenso: «Nel bene, o nel male, lo considero il mio piccolo regalo al mondo».

Fantasia che diventa realtà. Era il 1996 quando in un cinema di Tel Aviv, il giovane broker Ofer Adler si fece venire un’idea meravigliosa. Proiettavano Mission Impossible: «C’è un momento in cui Tom Cruise manda una email. Sullo schermo, quando clicca, si vede il disegnino d’una busta che si chiude e vola via. “Cool!”, mi sono detto. Il giorno dopo mi sono messo a cercarlo, ma era solo una fantasia degli sceneggiatori. Allora avevo 26 anni, ero già stanco del mio impiego alla Borsa di Tel Aviv, e pensai: perché non inventare qualcosa di divertente per chi manda messaggi? Mi misi a lavorarci con mio cugino Yaron, mago dei computer. E così inventammo emoticons, immagini, musichette». E fondarono IncrediMail (http://www.incredimail.com/italian/splash.aspx) un software di posta elettronica per la condivisione di emoticons animate, eCards etc.... «Oggi è seconda solo ad Outlook – continua Adler – abbiamo dato alla gente quel che voleva. Non è solo un mercato per ragazzini: il 69 per cento degli utenti è fra i 40 e i 50 anni».

IncrediMail & Co. Oggi da Tel Aviv si sono trasferiti negli Usa e nel 2011 la società ha cambiato nome in Perion Interactive Inc. perché oltre alle mail hanno intenzione di ampliare l’azienda: contano 139 dipendenti, 150 milioni di download, 18 milioni di utilizzatori fissi in cento paesi. L’applicazione è stata tradotta in undici lingue. Solo ad agosto hanno fatturato 12,3 milioni di dollari e sperano di chiudere il 2012 sui 50-52 milioni. Tra i loro prodotti oltre a IncrediMail ci sono: SmileBox (http://www.smilebox.com/), PhotoJoy (www.photojoy.com/), Fixie (www.fixie.com/) e lo scorso febbraio hanno lanciato Photo Email (itunes.apple.com/it/app/photo-email/id501349816?mt=8), un app per iPad che facilità l’invio di immagini tra gli utenti.

E se c’è fantasia... Online si trovano molti tutorial che aiutano a creare emoticons personalizzate con una foto o con la propria firma. Si può fare con l’utilizzo di photoshop (vedi qui il video http://www.youtube.com/watch?v=uWQE_UJqdJU) oppure scaricando gratuitamente programmi come Emoticons Maker (http://emoticon-maker.softonic.it/) o Emote Maker (http://emote-maker.en.softonic.com/)

Palline di riso e tazze di sakè. Le emoji sono, invece, le versioni più sofisticate dell’emoticon. Sorta di alfabeto illustrato archiviato in un telefonino o che può essere riprodotto sulla tastiera di un computer – e che non richiede di piegare la testa per essere compreso. Le prime apparvero in Giappone negli anni Novanta. Fuori dal loro paese natale, sono diventate accessibili negli ultimi anni ai proprietari di smartphone. iPhone ha emoji per ciotole fumanti di ramen (piatto giapponese di pasta in brodo con carni e verdure), palline di riso e tazze di sakè, non ne ha per cibi come la pizza e gli spaghetti.

Trame cinematografiche. Un blog, «Narratives in Emoji» pubblica storie e trame cinematografiche scritte in una sorta di stenografia emoji. Di recente è stata postata quella del Titanic, lunga 14 caratteri appena: inizia con l’ancora di una nave e si conclude con un cuore spezzato.

Musi di gatti. Il sito americano Buzzfeed gioca ad associare il muso di alcuni gatti particolarmente espressivi alle emoticon.

Il primo punto e virgola. Era il febbraio 1496 (1495 secondo il calendario veneto), quando nella tipografia veneziana di Aldo Manuzio veniva pubblicata un’opera del giovane umanista Pietro Bembo, il dialogo De Aetna, in cui apparivano per la prima volta in un testo stampato il punto e virgola, la virgola di forma moderna e l’apostrofo.

Il primo occhiolino fu un refuso. Un occhiolino ;), appare nella trascrizione di un discorso di Abraham Lincoln del 1862 pubblicata dal New York Times. Probabile fosse un refuso.

Dalle chat dei teenager alle email dei manager. Le mutazioni non sono state solo grafiche. Sono cambiati anche i contenitori in cui essi vengono scambiati e l’emoticon è passato dalle chat dei teenager alle email dei manager. Il sociologo Alberto Abruzzese: «Danno calore a un tipo di comunicazione, quella online, che è fortemente verbale. Riscaldare un messaggio professionale non è molto semplice. Diciamo che l’emoticon rende il compito più facile». Nel dubbio, ci si può affidare alla «netiquette», il galateo della rete, che suggerisce di usare smile e affini con moderazione, tranne quando si fa una battuta che potrebbe essere equivocata.

Come i cibi di McDonald. «Soluzioni preconfezionate in cui specchiare i propri desideri. Parole, disegni e simboli precotti, come i cibi di McDonald, ma molto efficaci nella rappresentazione del loro universo emozionale. O, per meglio dire, visto che le emozioni non sono mai precotte, cifrari utilizzati alla bisogna. Segni che chi li riceve sa come decrittare in questa sorta di linguaggio dell’interiorità» (Tano Gullo, la Repubblica).