Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2012  novembre 14 Mercoledì calendario

ITALIA A RISCHIO IDROGEOLOGICO. A RISCHIO 8 COMUNI SU 10

Questa volta è toccato alla Maremma, messa in ginocchio come negli anni scorsi era successo alla Liguria, alla Lunigiana, al Messinese e al Veneto, per colpa di una pioggia, intensa, è vero, ma pur sempre una pioggia d’autunno. Una pioggia che svela quanto fragile sia diventato il nostro Paese e ci spinga a fare i conti con un’emergenza che non risparmia nessuno: il dissesto idrogeologico. Il rapporto più recente, firmato Legambiente e Protezione civile, parla di 6.633 comuni italiani in pericolo per la fragilità del suolo. Per capire meglio, significa che 8 comuni su 10 sono ad alto rischio e quando piove, o nevica, o soffia forte il vento, ce ne accorgiamo drammaticamente. Toscana e Liguria sono in cima alla lista, ma prima ancora vengono Calabria, Molise, Basilicata, Umbria e Valle d’Aosta dove la minaccia riguarda il 100 per 100 del territorio.
MESSA IN SICUREZZA
Mentre fango e detriti seminano dolore e morte, si fa alta la voce di chi vuole smettere ogni volta di contare i danni. Anche il capo della Protezione civile, Franco Gabrielli, si unisce al coro di chi chiede di «investire in un programma serio» di messa in sicurezza del territorio che consenta «a questo Paese di non cadere a pezzi più di quanto stia facendo. E l’unica ricetta è la prevenzione che, dice Gabrielli, si può fare con le risorse che ci sono ma che, spesso «vengono utilizzate come alibi per non fare le cose». E dice che la «vera scommessa» è «immaginare un percorso più strutturato di messa in sicurezza, che preveda investimenti non eclatanti, ma certi e sicuri».
Già, ma intanto Maremma e Umbria aspettano che torni il sole per contare i danni. Milioni di euro che si sommano ai 3 miliardi stimati da Coldiretti, causati dagli eventi estremi di questo difficilissimo 2012. Qui Gabrielli ritorna su una vecchia questione: l’assicurazione obbligatoria per tutti i cittadini. «È ora di rendersi conto - afferma - che lo Stato non è più in grado di fornire in maniera equa risposte adeguate dal punto di vista dei danni». Contro terremoti, alluvioni, catastrofi naturali altro non c’è che «i cittadini si assicurino in maniera obbligatoria». Già oggi, ricorda Gabrielli, «vediamo alluvioni di serie A, B e C» con conseguente diverso trattamento nei confronti di chi ha avuto danni. Così come per i terremoti, e fa l’esempio dei cittadini dell’Aquila e dell’Emilia che dopo il sisma sono stati risarciti quasi del 100 per 100 mentre quelli di Mormanno e Marsciano stanno ancora ad aspettare. Dunque per il capo del Dipartimento «l’unica soluzione è che i cittadini si assicurino in maniera obbligatoria in modo tale che all’esito di catastrofi il ristoro sia fatto dall’assicurazione, perché questa è l’unica risposta equa che può essere data».
Concorda con questa soluzione anche il climatologo del Cnr Giampiero Maracchi, che porta a sostegno gli esempi di Francia e Spagna e sottolinea che solo un’assicurazione obbligatoria per tutti potrà far scendere il costo delle polizze e consentire il pieno risarcimento dei danneggiati. É critico invece Gian Vito Graziano, presidente del Consiglio nazionale dei geologi: «Non sono contrario - dice - ma non vorrei che poi passasse il concetto per cui lo Stato non ha più necessità di intervenire».
I BACINI
In questo nostro territorio, dove l’82 per 100 delle amministrazioni ha a che fare con il dissesto idrogeologico, Graziano espone la sua ricetta, «un ritorno al passato per una garanzia del futuro». E spiega: «Su un territorio in stato di devastazione come quello italiano non basta intervenire per consolidare versanti e centri abitati. Bisogna superare il concetto dei confini amministrativi e ragionare con un’unità di territorio, il bacino, come quello che c’è per i grandi fiumi, il Po, l’Arno e il Tevere, e che è necessario anche per corsi d’acqua più piccoli. Non si può lasciare tutto nelle mani dei sindaci, perché se io sono un primo cittadino virtuoso e faccio manutenzione ma il mio confinante no, alle prime grandi piogge si allagherà lui, ma mi allagherò anche io e la mia manutenzione sarà servita a poco. In Italia ci sono tante autorità, ma manca una cabina di regia che le coordini. E manca perché non c’è una legge che la preveda». Senza una regia, spiega Graziano, saranno inutili anche i 40 miliardi che il ministro Clini stima necessari nel Piano di prevenzione «Perché - dice - continuando a esporre il territorio agli incendi e all’incuria, tra poco ne avremo bisogno di 45. E così via».