Claudio Tucci, Il Sole 24 Ore 13/11/2012, 13 novembre 2012
COSÌ BERLINO HA RIDOTTO I GIOVANI DISOCCUPATI ALL’8%
«Imparare, facendo» (in tedesco «lernen durch tun»), con l’azienda che si affianca alla scuola nell’attività di formazione del ragazzo (e crea così quel "trampolino di lancio" per la definitiva conquista del posto di lavoro).
È questa la chiave di successo del "sistema duale" di apprendistato in vigore da anni in Germania (il paese simbolo di questa formula anti-disoccupazione giovanile), che permette ai ragazzi a partire dai 15-16 anni (a seconda dei Lander - ma serve aver terminato la scuola dell’obbligo) di imparare sul campo uno dei 360 mestieri (con tanto di qualifiche riconosciute). E tutto ciò grazie all’aiuto di circa 500mila tra imprese, pubblica amministrazione e liberi professionisti, che sono impegnati in prima persona nell’addestramento professionale dei ragazzi. La parte pratica della formazione, nel sistema duale, viene infatti svolta sul posto di lavoro, e cioè direttamente in azienda, dove il giovane è tenuto ad andare per 3-4 giorni alla settimana. Mentre l’istruzione teorica rimane in capo alla scuola professionale, frequentata dal ragazzo part-time nei restanti uno-due giorni settimanali.
Una formula di successo (la Germania ha un tasso di occupazione degli under 24enni di circa il 75%, e una disoccupazione nella fascia d’età tra i 15 e i 19 anni di appena il 4,2% e dell’8% sotto i 25 anni), a cui ora l’Italia guarderà con più attenzione (nel tentativo di replicarla) dopo la firma degli accordi di ieri a Napoli tra Elsa Fornero e il ministro del Lavoro tedesco, Ursula von der Leyen. In Germania, secondo gli ultimi dati comparativi forniti dall’Isfol, nel 2010 gli apprendisti toccavano quota 1.508.476 unità, ed è almeno dal 1996 che si viaggia stabilmente intorno al milione e mezzo di contratti d’apprendistato. In Italia, invece, nel 2010, gli apprendisti erano 541.874 (quasi un terzo in meno di quanti ce ne erano in Germania), e in calo di circa 50mila unità rispetto ai 594.668 del 2009 (e anche nel confronto con il 2008 si è registrata nel nostro Paese una contrazione di altri 50mila contratti per apprendisti).
L’obiettivo del Governo è adesso invertire rotta, applicando concretamente il Tu Sacconi di fine 2011, e la riforma Fornero entrata in vigore lo scorso 18 luglio, che confermano forti sgravi fiscali e contributivi per le aziende che assumono apprendisti. Ma la strada da percorrere è ancora lunga (anche se i primi dati resi noti la settimana scorsa da Unioncamere mostrano una lieve crescita dell’apprendistato negli ultimi 6 mesi del 2012 - nonostante i contratti d’apprendistato rappresentino comunque il 4% del totale dei nuovi rapporti di lavoro instaurati dalle imprese italiane).
Certo, l’esperienza offerta dal sistema duale tedesco può essere un’occasione da sfruttare: «Soprattutto perché in Germania la disoccupazione giovanile è rimasta più o meno simile a quella generale, a differenza dell’Italia dove la prima è schizzata sopra il 35%, contro il 10,8% di quella complessiva», ha evidenziato Carlo Dell’Aringa, economista del lavoro alla Cattolica di Milano. Ma non è sufficiente importare il modello, ha poi aggiunto, serve piuttosto «un cambio di mentalità, anche da parte delle istituzioni».
In Germania, l’apprendistato può durare due o tre anni (a seconda del profilo professionale), ma nel contratto vengono subito definiti gli obiettivi della formazione. L’accoglienza dei giovani in apprendistato è intesa dalle aziende tedesche come una sorta di "dovere sociale" (visto che questo contratto è il canale d’ingresso principale del giovane nel mondo del lavoro), e la formazione è finanziata sia dalle imprese (che pagano un compenso agli apprendisti) sia dallo Stato che sostiene le spese della scuola professionale. È significativo poi come oltre l’80% dei posti di apprendistato, sempre in Germania, sia offerto da piccole e medie imprese. E l’apprendistato, inoltre, è scelto anche dai giovani in possesso della maturità (15%) che entrano nel sistema duale per imparare una professione. «Ed è questo approccio che ancora manca in Italia - ha sottolineato il sottosegretario, Elena Ugolini - dove l’apprendistato è visto ancora come un mero contratto di lavoro, e non piuttosto come avviene in Germania come uno strumento utile per apprendere».