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 2012  novembre 13 Martedì calendario

COME DIFENDERSI DALLA PATRIMONIALE


Premessa. In Italia la patrimoniale esiste già. Se sommiamo l’Imu sulla casa, l’imposta di bollo straordinaria sui depositi, l’imposta sugli immobili detenuti all’estero, la patrimonialina sui conti correnti o depositi detenuti fuori confine e i super bolli per auto di lusso e yacht, mancano solo le imposte su cavalli, gioielli e sui quadri per fare quello che in Francia chiamano imposta di solidarietà sulla fortuna.

Se il governo dovesse decidere per una consacrazione e riorganizzazione di quanto già è stato fatto, come Monti ha fatto trapelare, finirebbe con lo stratificare tasse già in uso. Tralasciando i dettagli funesti, le possibilità di sfuggire a una tale imposta sono sempre più esigue. Almeno da un punto di vista legale. Tenendo presente che i patrimoni mobili (azioni, titoli, depositi e conti correnti) aggredibili dal fisco viaggiano sui 2.000 miliardi, la scelta sarebbe tra un prelievo secco dello 0,5%, per esempio, o uno progressivo come in Francia. A Parigi viene applicata un’aliquota compresa fra lo 0,55 e l’1,8% del patrimonio. A partire da 790 mila euro e fino a 1,3 milioni si paga lo 0,55%, lo 0,75% fino a 2,5, l’1,8% è a carico di chi ha un patrimonio superiore a circa 16 milioni. Nel caso di una scelta progressiva, qui da noi, una prima difesa consisterebbe nello spacchettamento del patrimonio: tra i figli, per esempio. Così si eviterebbe il salasso. Una coppia di sessantenni con un conto in banca da 100.000 euro, a fronte di una soglia di esenzione a quota 70.000, può bonificare 30.000 euro alla primogenita (purché ovviamente costituisca famiglia a sé) per eludere la tassa. Se non si vogliono far apparire i bonifici basta prelevare i contanti e darli alla figlia. Ma va fatto in piccole tranche.

RETROATTIVA O NO?
Se invece l’imposta è secca, è inutile spezzettare il patrimonio. Senza considerare che con l’introduzione della patrimoniale potrebbe essere inserita una clausola di calcolo legata al patrimonio familiare esteso. Anche in questo caso, poco varrebbe lo spezzatino. Di fronte a una patrimoniale una tantum, i contribuenti potrebbero
valutare il prelievo dai conti correnti (dopo aver smobilitato gli investimenti) di denaro contante e il deposito in cassette di sicurezza. Ma dovrebbero farlo in un numero di volte proporzionato alla cifra complessiva, e frazionato in modo da non essere segnalato: infatti, per le cifre superiori ai 5.000 euro la banca è costretta a segnalare l’operazione all’Agenzia delle Entrate, che vanificherebbe ogni fatica. Se poi la patrimoniale fosse retroattiva, c’è poco da fare. Stesso discorso per coloro i quali volessero ipotizzare lo svuotamento del conto con un assegno circolare intestato a una persona di fiducia, per chiederle poi di restituire la somma una volta passata la tempesta.

IL PESO DEL MATTONE
Una forma «brutale» di autodifesa, ovviamente, è il fuggi-fuggi, che si è verificato dopo i provvedimenti di Hollande in Francia. Le famiglie veramente ricche farebbero armi e bagagli per andare a vivere, ad esempio, in Svizzera e spostare lì la propria tassazione. Dulcis in fundo, il tanto agognato mattone. Se il governo decidesse per una patrimoniale estesa anche ai beni immobili nessuno riuscirebbe a salvarsi. Anche immaginando la creazione di trust e fondi esteri non ci sarebbe modo di farsi trasparenti. Si paga sul bene. Di chiunque esso sia. Anche il trust neozelandese cui eventualmente fosse intestato l’immobile colpito si troverebbe a versare l’imposta. Ecco perché un tale prelievo bastonerebbe gli italiani e deprimerebbe gli investimenti esteri. Nessuno più verrebbe al di sotto delle Alpi a fare shopping. Concludendo, l’unico modo per evitare davvero una patrimoniale secca o progressiva sarebbe quello di far sparire il patrimonio. Ovvero, farlo confluire in una fiduciaria, che a sua volta lo potrebbe trasferire a una seconda fiduciaria che si potrebbe indebitare con una società offshore (molto usate le SA panamensi, ndr) che a sua volta incasserebbe il debito per poi bonificarlo in un conto corrente cifrato in Thailandia o a Guam, nell’Oceano Pacifico. L’operazione avrebbe un costo estremamente elevato e ha una seconda, più grave controindicazione: metterebbe il contribuente tra le fila degli evasori. Dunque se poi gli 007 del fisco dovessero ritrovare il patrimonio, oltre alla tassa si rischia una multa fino al 400% e magari pure il carcere. Oltre alle conseguenze legali, c’è da chiedersi se ne valga la pena, a meno che non si tratti di patrimoni esplosivi: il costo dell’occultamento per una somma sotto al milione di euro sarebbe quasi certamente superiore a quello della tassa patrimoniale stessa.

TAGLI O TASSE?
Chiudiamo citando Un Paese migliore. Per un’Italia in cui valga la pena vivere, lavorare, pagare le tasse e ogni tanto anche votare di Claudio Siciliotti e Enrico Zanetti, Dalai Editore. Il presidente dei commercialisti e il coordinatore dell’ufficio studi sintetizzano così: «Alla luce di quanto è successo sino ad ora, soltanto la pazzia o la malafede possono indurre a credere ancora che la leva della tassazione patrimoniale sarebbe utilizzata per ridurre le tasse sul lavoro e sui consumi, essendo invece ormai chiaro che il prelievo verrebbe semplicemente stratificato a quello esistente, già elevatissimo, per ridurre il meno possibile la spesa pubblica».