Ugo Bertone, Libero 13/11/2012, 13 novembre 2012
IMMOBILI, CONTI, UNA TANTUM TUTTE LE IPOTESI DELLA MAZZATA
Patrimoniale, dice Mario Monti, salvo poi rettificare con una smentita che non tranquillizza più di tanto gli italiani. Ma dovesse il Professore dare seguito in questi ultimi mesi al suo annuncio-non annuncio, cosa rischiano concretamente i detentori di patrimoni nel nostro Paese? Ecco alcune ipotesi, tratte dalla storia e dal dibattito recente sul tema. «Se è vero che il debito pubblico è la strozza più soffocante sul collo dei nostri giovani, sarebbe responsabilità delle nostre generazioni che quel debito l’hanno creato non lasciarlo in eredità ai giovani, almeno non in questa devastante misura». Difficile non convenire con questi nobili propositi di Giuliano Amato. Ma, in questo caso, il fine non giustifica i mezzi. «Il debito è di 30 mila euro a italiano – ragionava il dottor Sottile - Liberarci di un terzo di esso già lo ricondurrebbe a dimensioni governabili, sotto l’80%; significherebbe pagare 10 mila euro a italiano. Ma siccome gli italiani non sono tutti uguali, potremmo mettere la riduzione a carico di un terzo degli italiani. A quel punto sarebbero 30 mila euro a testa per un terzo degli italiani: magari pagabili in due anni». Insomma, una mazzata destinata a piegare la residua resistenza del ceto medio, la carne da macello di un’operazione di questo tipo che, tiene a sottolineare l’ex premier, non è una patrimoniale.
LA MAZZATA DI GIULIANO
Siamo d’accordo: assomiglia di più a un esproprio sulla falsariga di quello già praticato nel ’92, con un prelievo una tantum sui conti correnti. Stavolta si potrebbe essere un po’ più raffinati, aumentando la pressione sulla Tobin tax o spremendo di più polizze vita, fondi di investimento e altri beni finanziari mobili. In questo modo, però, il debito pubblico calerebbe di trenta punti percentuali in una volta sola. Chissà di quanto calerebbero i consumi interni. A pensare alla ricchezza immobiliare delle famiglie è il professor Pellegrino Capaldo, una delle teste d’uovo della sinistra dc che già all’inizio del 2011 suggeriva la necessità di un provvedimento tombale, punto di partenza di una nuova stagione politica. Anche qui il problema è cancellare una bella fetta del debito pubblico facendola pagare alle famiglie. Il patrimonio immobiliare vale grosso modo un quarto del debito. Perciò una bella imposta straordinaria potrebbe rendere assai. I conti sono presto fatti: pensiamo a un tributo tra il 5 ed il 20%, a seconda dei casi, sulle plusvalenze immobiliari. Badate bene, anche in questo caso non si parla di patrimoniale in senso stretto, bensì di un’imposta sul valore che le case hanno acquisito nel corso degli anni. Insomma, se la vecchia zia che ha comprato casa nel centro di Milano o di Roma negli anni Cinquanta ha avuto la disgraziata idea di lasciartela in eredità, tu dovresti pagare l’incremento di valore del periodo. Poco conta che tu non abbia incassato un euro da quel valore figurato. E non vale nemmeno l’obiezione che, dopo una legge del genere, il valore delle case potrebbe precipitare ai valori di vent’anni fa.
IMMOBILI PERSEGUITATI
Troppo bella è la prospettiva di incassare 8-900 miliardi in una volta sola. Certo, c’è l’altra faccia della medaglia: grazie a una pioggia di quattrini del genere il rapporto debito/Pil scenderebbe attorno al 60 per cento, in linea con i parametri Ue. Facile prevedere che, almeno per un po’, verrebbe pure azzerato lo spread. Ma che fine farebbero i 40-50 miliardi di risorse così liberate? Davvero rilancerebbero investimenti e posti di lavoro? E pagheranno anche gli enti ecclesiastici? L’elenco delle possibili proposte, in realtà, è assai più lungo. Così come quello dei proponenti, più o meno illustri: da Carlo De Benedetti a Eugenio Scalfari passando per Cgil e Veltroni. Con accenti diversi, il principio resta lo stesso: l’Italia, dopo aver raschiato il fondo del barile della spremitura fiscale, ha bisogno di dare una spallata a un debito che ci soffoca. Qualcuno, poi, ci aggiunge una tentazione alla francese: una supertassa per i più ricchi, diciamo dal milione di euro in su, dal grande valore simbolico seppur dai risultati modesti.
UNA TANTUM
Ovunque, però, si respira aria di «una tantum», ovvero di azione eccezionale. L’esatto opposto di quanto avviene in Paesi come la vicina Svizzera, dove da sempre il patrimonio è, assieme al reddito da lavoro e di impresa, uno dei parametri su cui si basa la tassazione. Ce lo spiega l’ex rettore della Bocconi, Guido Tabellini, il tecnico che Mario Monti avrebbe voluto con sé a palazzo Chigi. «Esiste – scriveva Tabellini in quei giorni – un altro modo per concepire un’imposta patrimoniale, tuttavia: come un prelievo regolare e con un’aliquota modesta, nell’ambito di un progetto di riforme incentrato sul rilancio della crescita e sulla legalità. In questa seconda concezione, l’imposta patrimoniale non avrebbe lo scopo principale di fare cassa per abbattere il debito, bensì di creare consenso politico intorno a un progetto complessivo di riforma dello Stato e dell’economia». Difficile esprimere in maniera più sintetica ed efficace quello che ci si aspettava da un esecutivo di «tecnici ».