Paolo Mereghetti, Corriere della Sera 13/11/2012, 13 novembre 2012
UN BEL GESTO LE SCUSE DI LUCARELLI REGISTA. MANCANO QUELLE DI CHI LO HA CONVINTO
Neanche fosse il marito che, pentito del tradimento coniugale, aveva tappezzato tutta Roma con dei manifesti per chiedere pubblicamente scusa alla consorte, Carlo Lucarelli non ha voluto cercare scuse per la fredda accoglienza con cui il pubblico degli addetti ai lavori ha accolto al Festival di Roma il suo esordio nella regia: «L’isola dell’angelo caduto è un’opera volutamente sopra le righe, un thriller gotico surreale dal linguaggio complesso e contorto. Ed è venuto proprio come lo volevo io. Ma se trovate che sia pasticciato, che ci siano dentro troppe cose, la colpa è solo mia». Concludendo con ammirevole sincerità: «Non vi piace? Vuol dire che l’ho fatto male».
Nella storia del cinema, italiano e non solo, è quasi una prima assoluta. Nella memoria ho trovato solo il precedente di Paul Newman che comprò una pagina intera di giornale quando una televisione di Los Angeles decise di riprogrammare per una settimana intera il suo film d’esordio, «Il calice d’argento». «Paul Newman si scusa tutte le sere, questa settimana, sul canale nove» si leggeva. E aveva ragione perché il film di Victor Saville era un indigeribile polpettone semibiblico (Newman era lo scultore greco Basil incaricato di realizzare il calice con cui conservare il sacro sangue di Cristo) e da quel lontano 1954 erano passati gli anni ma era anche cresciuta la sua popolarità.
Lucarelli non è ancora entrato nell’Olimpo del cinema ma in quella della televisione c’è da tempo ed evidentemente ci tiene alla sua immagine. Così invece di ingrossare le file di chi scarica sempre le colpe dei propri fallimenti sugli altri, a cominciare dai «critici parrucconi», ci ha messo la faccia e la responsabilità. Sarebbe stato strano il contrario, visto che anche il romanzo all’origine del film era opera sua.
Ma forse, con un po’ più di coraggio e di autocritica, avrebbe potuto coinvolgere nella formulazione delle scuse anche chi l’aveva convinto ad esordire e soprattutto gli aveva dato mezzi e strumenti per farlo. Dimostrando — ahimè a nostre spese — che il cinema è un lavoro serio e che non ci si improvvisa registi.
Paolo Mereghetti