Stefano Salis, Il Sole 24 Ore 11/11/2012, 11 novembre 2012
UN GESTO ED È SUBITO ALFABETO
Partiamo da un video. So che è strano per un articolo scritto su carta, ma aiuta. Provate a cercare su Youtube o, ancora meglio, su Vimeo, un piccolo documentario sull’arte di Hermann Zapf. È uno dei più celebri calligrafi del Novecento, nonché disegnatore di caratteri tipografici celeberrimi (per esempio il Palatino; controllate sul menu del vostro pc...). Ecco: in questo filmato – provo comunque a descriverlo –, proprio all’inizio, si vede il calligrafo arrivare davanti a una lavagna e, come un maestro con le bacchette dirige un’orchestra – sono esattamente gli stessi gesti – con un piccolo gesso egli dirige le sue mani. Ed esegue una sinfonia. La sua musica interiore lo porta a realizzare un perfetto movimento, dalla sua armonia, dal gesto sicuro ecco sgorgare un... alfabeto. Vivido, panciuto arioso, denso di curve, allegro e autorevole allo stesso tempo. L’alfabeto è una creazione meravigliosa e il calligrafo sa bene di venerarlo ogni volta che lo ripete e che ripetendolo lo venera: un rituale sciamanico per un sistema chiuso di pochi simboli, che sigilla un mondo di possibilità, di significati. Ma il significato più profondo non è, per il calligrafo, quello delle parole composte; risiede nella bellezza delle lettere in se stesse.
Luca Barcellona (1978) è un calligrafo milanese già piuttosto noto nell’ambiente, la cui fama è destinata a crescere nel tempo. Quando l’ho incontrato, qualche giorno prima dell’uscita di questo suo primo, ottimo, libro, presentato a Francoforte, mi ha raccontato del suo incontro con Zapf – che oggi, 95enne, vive a Darmstadt – con emozione e rispetto. Ha lui dedicato il suo lavoro con l’umiltà con la quale ci si accosta ai maestri. È cresciuto, anzi, meglio, è maturato, studiando i suoi libri (vi consiglio di procurarvene almeno uno edito dalla stamperia Valdonega, con prefazione del sommo Bruno Munari), le sue lettere, il suo metodo.
Non saprei se ci sia continuità tra maestro e allievo (e, anzi, tenderei a dire di no): certamente c’è il comune amore – è la parola giusta – per le lettere e la devozione per un lavoro così affascinante e raro. Perché Barcellona, oggi, vive facendo questo mestiere, per quanto possa suonare strano, mischiando felicemente le committenze più commerciali, le performance artistiche (vederlo scrivere è emozionante e un po’ magico) e le prove intimistiche e personali. Ha un passato da "graffitaro" (con la tag Bean) e da commesso nei negozi di dischi: la sua parabola ci testimonia che la calligrafia ritorna prepotentemente, in un’epoca in cui la stessa manualità della scrittura è severamente messa in pericolo e si va verso scuole il cui progetto perverso è quello di non prevedere la scrittura eseguita con le mani che guidano una penna su foglio: tutto tablet e pc. Mah. Eppure il segreto del calligrafo è proprio questo: la scrittura è fondamentalmente gesto, e non mira nemmeno tanto alla perfezione formale dei segni, quanto all’armonia nel loro complesso. Forse, guardando con attenzione questo Take Your Pleasure Seriously (una frase degli Eames scelta emblematicamente da Barcellona), la lezione che si trae è che la restituzione di una necessità armonica tra legature, svolazzi, aste, traverse e occhielli è la base sulla quale poggia l’arte della calligrafia. «Odio quando mi sento costretto a ritoccare, a cercare una perfezione che non esiste per nostra natura, è un’esigenza dalla quale spero di liberarmi», scrive Barcellona. E la differenza tra calligrafia e tipografia, tra perfezione formale e ripetibilità "statica" è uno dei più comuni errori che si commette quando si tratta questo argomento. È una cosa che a Barcellona è successa recentemente, e con un vero perfezionista. Il regista Wes Anderson, il cui capolavoro Moonrise Kingdom, è in arrivo nelle nostre sale (e vedrete la bellezza dei titoli di testa, oltre a tutto il resto...) aveva chiesto a Barcellona di inventare un lettering adatto. Ma la richiesta era sempre più indirizzata a una forma tipografica – poi magnificamente realizzata da Jessica Hische – e Barcellona ha spiegato al regista di non essere lui la persona giusta, in questo momento. Sicuramente ricapiterà un’occasione di lavoro (Barcellona ha già firmato il lettering dei titoli di testa di Io sono l’amore), anche perché il disegno di caratteri a mano è oggi «cool» presso case editrici, registi, pubblicitari. Non solo Jessica Hische, ma artiste come Dana Tanamachi, perfezionista delle iscrizioni in gesso su lavagna, l’Elegantissima Louise Fili (così come recita il suo recente libro per Princeton Architectural Press), la strabiliante Marian Bantjes o un designer come John Gray – autori di cui si è parlato altre volte – testimoniano a livello internazionale il ritorno di questa pratica.
Ma il libro di Luca Barcellona è, infine, un bel segnale di speranza anche per un altro motivo. Il volume segna il debutto di una casa editrice, Lazy Dog, che ha come obiettivo di pubblicare libri belli e importanti per la grafica, la cultura visiva, il design soprattutto costruendoli bene come oggetti. La prima prova non è niente male: copertina telata rossa cui maliziosamente è stata stampata una bella goccia d’inchiostro, sovraccoperta-poster che si stacca e si può appendere con un bell’alfabeto bianco di Barcellona (solo c’è un "ampersand", il segno di & commerciale in rosso), una stampa nitida e qualche promettente trovata grafica. Cura del libro e dei contenuti, una dimensione che è volutamente artigianale – tiratura non troppo bassa, però: 2500 copie e una riserva di 50 speciali per amatori –, Lazy Dog nasce dall’accordo tra Massimo Pitis, Riccardo Bello, Debbie Bibo e lo stesso Luca Barcellona. Il nome, ironico e spiritoso come conviene è tratto dal pangramma inglese «The quick brown fox jumps over the lazy dog», una frase che utilizza tutte le lettere dell’alfabeto e che viene stampata per testare la bontà delle macchine di stampa in ogni singola lettera o per vedere, come si diceva, appunto, l’armonia di un alfabeto quando diventa strumento d’uso. Il «cane pigro» sa anche correre, all’occorrenza. E questo sembra avere buone zampe. Auguri.