Mario Cianflone, Il Sole 24 Ore 11/11/2012, 11 novembre 2012
L’AUTO LOW COST VIAGGIA LENTAMENTE
La crisi dell’auto con cali a due cifre nelle vendite (nei Paesi europei, perché altrove le cose vanno meglio) ha spinto la Commissione Ue a presentare un piano di rilancio del settore puntando sui fondi Bei e spinge a ipotizzare che ci sia spazio per vetture di prezzo più basso di quelle proposte oggi, in grado di far breccia su automobilisti dalle tasche vuote e vessati da tasse e caro benzina. La realtà è diversa, e finora le proposte low cost, a parte il caso Dacia, che ha dinamiche particolari, si sono rivelate un flop. Anche nei Paesi emergenti dove avrebbero dovuto fare sfracelli. Un esempio su tutti è la Tata Nano, la citycar da meno di 200 dollari, che annunciata nel 2008 come l’auto più economica del mondo, quella che avrebbe motorizzato l’India, un po’ come la Ford T negli Usa, il maggiolino vw in Germania e la 600 in Italia, in realtà non ha fatto presa, se non su pochi automobilisti indiani. All’inizio, complice un hype mediatico irragionevole, anche in Occidente, le aspettative erano alte e in India le prenotazioni fioccavano. Poi le vendite si sono attenstate (e si attestano) a poche migliaia di unità. Ordini boom ma, quando si è trattato di saldare la vettura, molti han fatto retromarcia.
I motivi del fallimento: la Nano, costruita in povertà, con carrozzeria in plastica come una Trabant, è troppo piccola per una famiglia indiana. E la dotazione tecnica e di sicurezza è risicatissima (in Europa non potrebbe essere venduta). L’auto nei Paesi emergenti fa status e ad aver fatto flop è il marketing: nessuno vuole sentirsi povero e acquistare l’auto più economica. A inizio anno la Nano è stata sottoposta da Tata a un importante restyling per risollevarne le vendite, ma il trend negativo non è cambiato.
Come se non bastasse dall’anno prossimo dovrà vedersela anche con un’insidiosa concorrente, la Datsun, un marchio rispolverato da Nissan per le sue vetture più accessibili. L’amministratore delegato dell’alleanza Renault-Nissan Carlos Ghosn lo ha confermato in primavera dall’Indonesia: «Sarà il primo degli obiettivi su cui punterà la Casa giapponese a partire dal 2014, cui seguiranno Russia e India». Le vetture con il marchio Datsun si sono affacciate sul mercato nei primi anni 30, e sono state prodotte fino al 1981, quando la casa è stata inglobata dalla Nissan, raccogliendo anche qualche successo nelle competizioni di rally, che hanno preso sempre più piede negli anni 70. Voci insistenti confermano che la Datsun punterà anche sull’Africa tra tre o quattro anni. A supportare lo sbarco sul mercato del marchio Datsun saranno modelli economici, rivolti alle fasce di mercato con scarse disponibilità finanziarie. Questo grazie alla semplicità del progetto e alla produzione in stabilimenti in loco, sulla falsariga di ciò che ha fatto e sta facendo Renault con la Dacia. Per questo qualcuno ha giudicato l’iniziativa Datsun come una risposta alla Tata Nano. La strategia di fondo, però, sarebbe quella di progettare un gruppo Nissan articolato in tre marche principali Datsun, Nissan e Infiniti, per poter intercettare ogni tipo di esigenza e disponibilità di spesa. Anche da noi la nuova filosofia dell’auto low cost è Dacia (marchio del gruppo Renault, guarda caso) e in particolare un modello, la Duster, un crossover con design e contenuti tecnici offerti a un prezzo molto basso, riuscendo così a scompaginare gli equilibri del settore e a segnare lo sdoganamento definitivo di un nuovo fenomeno che vede marchi più o meno noti impegnati a dare una risposta a clienti nuovi, vecchi o con mutevoli esigenze, disposti a valutare l’auto non più solo con il metro dell’emotività, ma anche con quello della ragione.
Non tutta l’offerta low cost odierna ha la stessa filosofia commerciale. Sono tutte auto a basso costo che ammiccano al cliente puntando senza complessi sulla convenienza o su un rapporto costo-grandezza-prestazioni quasi irriverente, ma che arrivano alla stessa conclusione dopo aver percorso strade diverse. Per produrre un’auto dal prezzo basso o dal value for money invidiabile le vie percorribili sono numerose. E ognuna pone diversi problemi da gestire, che siano di produzione, di immagine o commerciali. Non esistono risposte definitive, ma solo tentativi seguiti dai primi riscontri commerciali.
Per capire chi avrà fatto la scelta giusta bisogna aspettare. Chi ha visto giusto è stata Renault con Dacia che, andandola a vedere bene usa motori stracollaudati, mentre portiere e plancia sono pantografate su quelle della Sandero. Per non parlare delle plastiche, di molta componentistica utilizzata in progetti precedenti e delle dotazioni risicate. Low cost fino a un certo punto però, tanto che il prezzo vero è ben più alto e coincide con la versione di punta. Nessuno comunque riesce a competere a parità di rapporto prezzo/contenuti/dimensioni. La ricetta del crossover low cost inventato da Renault per il marchio Dacia rappresenta un mix ben riuscito delle varie ricette tagliaprezzi. Sostenuto poi con un abile gioco di marketing: Dacia si fa forte dell’immagine di Renault. Utilizza tecnologia e pezzi già esistenti ma ha tutta la freschezza e il potenziale di immagine di un’auto nuova. E allora si tratta di capire chi, per primo con le auto, arriverà a individuare la ricetta giusta per intercettare i gusti e le scelte dei clienti minimal chic che già avevano apprezzato la prima low cost Dacia: la Logan. Un’operazione difficile, perché da una parte apre nuove potenzialità ma, dall’altra, spalanca la porta a una riflessione: costruire e acquistare buone auto a prezzi bassi, allora, si può. E a quel punto cosa deciderà di fare l’acquirente. Sarà sempre disposto a spendere di più se potrà avere l’equivalente anche a molto meno?