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 2012  novembre 12 Lunedì calendario

IL TACCUINO DI BERNI MANAGER GLOBALE CHE PORTERÀ MOLESKINE IN BORSA


[Arrigo Berni]

Lo dice con leggerezza, come se non avesse sottomano uno degli oggetti di culto degli ultimi anni. «Per me si tratta pur sempre di passare da un prodotto a un altro e di farlo vendere». Ma si vede che era destino che le sorti del marchio Moleskine, il block notes reso famoso da scrittori come Bruce Chatwin ed Ernst Hemingway, da pittori come Pablo Picasso o intellettuali come Jean Paul Sartre, cadessero nelle mani di un manager come Arrigo Berni che ha fatto del nomadismo professionale una scelta di vita. Nel suo curriculum ci sono molte trasformazioni prima di approdare nel luminoso loft milanese da cui dirige una società che in pochi anni è passata da dieci a cento dipendenti, distribuisce 400 diversi modelli di taccuino in 70 paesi e ora punta alla Borsa, non appena le condizioni dei mercati lo permetteranno.
Ha girato molto, cambiato ruoli e lavorato per anni all’estero, da New York alla Svizzera al Giappone. Quasi un modello di quel cliente intellettualmente globetrotter cui sono rivolti i prodotti Moleskine. Ma a differenza dei molti che invitano a lasciare l’Italia, questo manager cinquantenne - dal 2006 a capo dell’azienda che ha rilanciato nel mondo il block notes dalla copertina rigida che non si sforma nemmeno se lasciato per giorni nella tasca posteriore dei pantaloni - al suo Paese ci tiene. Con rabbia, persino. «Dicono che non abbiamo una classe dirigente e in particolare politica. Ma non sono da meno certi imprenditori, bravi a dare lezioni e pontificare, quando poi non sono capaci dar vita a grandi gruppi che potrebbero primeggiare nel mondo, solo perché non vogliono fare un passo indietro. Piuttosto che crescere alleandosi, preferiscono rimanere piccoli ma da soli».
Impossibile non leggere, in queste parole, il rammarico per il passaggio del marchio Bulgari sotto il colosso del lusso francese Lvmh. Per il gruppo romano della gioielleria. Berni ha lavorato per quasi un decennio negli anni Novanta. «La famiglia ha fatto un ottimo affare, ma mi domando cosa avrebbe potuto realizzare un gruppo che avesse messo insieme Bulgari con Armani e Tod’s. Anche l’Italia avrebbe il suo polo del lusso in grado di competere con i più grandi». Del resto, quanto contino le dimensione nell’economia moderna, Berni lo ha scoperto subito dopo l`università e la laurea in business administration alla Scuola S.Anna di Pisa. Ha iniziato a lavorare, nei primi anni Ottanta, per una multinazionale come Procter&Gamble, settore marketing. «Esperienza fondamentale. Perché allora, a differenza di quanto accade adesso, ogni paese aveva una sua politica autonoma per il lancio dei prodotti, non era stato tutto centralizzato per macro-aree. Chiedersi se sia un bene o un male non ha senso, perché le multinazionali si sono solo adeguate ai cambiamenti. Ma è vero che all’epoca sono riuscito a seguire il lancio solo per il mercato italiano di prodotti come Dash o come i pannolini della Pampers, i primi a non essere di cotone».
Ci sono coincidenze che ritornano nelle vicende lavorative di Berni. ’Parole di cotone’ è stato il successo commerciale di Francesco Franceschi, l’uomo cui si deve l’avvio del rilancio di Moleskine. Dopo aver invaso le librerie con le magliette inscatolate con stampate sul davanti le frasi famose di scrittori e registi, questo piccolo editore milanese a metà degli anni Novanta cerca nuova occasioni di business.
A fornigli l’assist un’amica, Maria Sebregondi, sociologa e traduttrice dal francese di Marguerite Duras e Raymond Queneau, ribattezzata non a caso in un articolo a lei dedicato dal tedesco Suddeutsche Zeitung ’Mamma Moleskine’, con la doppia maiuscola. E’ lei a rammentarsi di aver letto della chiusura in Francia di una vecchia ditta di Tours, l’ultima a rifornire le cartolerie specializzate dei taccuini rigidi grazie ai quali per due secoli hanno preso appunti scrittori e pittori che hanno gravitato nell’area culturale transalpina. Vincent Van Gogh lo usava per i suoi schizzi, tanto per dire. Anche se a immortalarlo per sempre, in un capitolo del suo libro ’La via dei canti’ è stato Chatwin, al quale dobbiamo anche il nome Moleskine, perché allo scrittore la copertina nera ricordava la pelle della talpa. I due, Franceschi e Sebregondi, si informano e scoprono che dopo la chiusura del laboratorio di Tours nessuno ha rilevato i diritti del marchio e ne avviano il rilancio. In principio è un prodotto di nicchia. Destinato, come hanno raccontato, a intercettare ’la nascente onda di nomadismo contemporaneo’ fatto da ’biglietti low cost e sete di cultura, amore per la parola scritta e per le nuove tecnologie’.
Sostenere che abbia funzionato è sfiorare la banalità. Se a metà anni ‘90 si vendeva solo nelle librerie (la prima in corso Buenos Aires, a Milano), sedici anni dopo vanta più imitazioni di quante non ne abbia la Settimana enigmistica. E di block notes ispirati alla Moleskine se ne trovano persino tra i prodotti del commercio equo-solidale. E’ stato il successo ottenuto nel volgere di breve tempo che ha portato un manager come Berni alla guida della società, chiamato dal fondo di private equity Sg capital che sgancia 60 milioni ai soci, attratto dai numeri in costante crescita e dalla sua redditività elevata. E’ il 2006 e la società ha 20 dipendenti e fattura 60 milioni.
In sostanza, occorreva qualcuno che prendesse per mano l’azienda, nata quasi come una scommessa sull’onda di una suggestione intellettuale, per farle compiere un ulteriore salto di qualità. Nel frattempo, Berni aveva compiuto il suo. Dai pannolini di Procter&Gamble ai diamanti di Bulgari, prima managing director a New York poi direttore operationsa livello globale. Posti di responsabilità ma a un certo punto capisce di non avere altre possibilità di crescita. E scommette su di sé: accetta l’incarico di amministratore delegato di una delle aziende del made in Italy che tra le prime e’ sbarcata sulmmercato asiatico, la A.Testoni, manifattura di scarpe e acessori in pelle come primo ad esterno alla famiglia.
Poi la chiamata a Moleskine. Per Berni, una doppia sfida. Da una parte internazionalizzare sempre di più il marchio, dall’altra guidare il processo di quotazione che consentirebbe ai fondi di monetizzare parte dell’investimento. Il primo obiettivo pare ben impostato. Anche se i nostalgici non ne saranno felici, Moleskine assume sempre più i contorni di un azienda globale. Tanto che sono le Americhe il primo mercato di riferimento, con una copertura del 30% del fatturato; il resto è Europa con Italia e Germania davanti a tutte. E se un tempo i taccuini si trovavano solo nelle sacche di cuoio di girovaghi snob o in mano a flaneur in qualche bistrot, ora ci sono una miriade di prodotti, oltre 400 dalla custodia degli occhiali alla messenger bag dove riporre il tablet, in vendita un po’ ovunque, dai centri commerciali alle stazioni di Termini a Roma e Centrale a Milano dove sono stati aperti a inizio anno i primi monomarca.
Uno sviluppo che si ritrova anche nei numeri di bilancio. Nel 2011, il fatturato consolidato e’ salito a 66,6 milioni, con un +24% sull’anno precedente, con un margine operativo di 28,6 milioni (+27%) e un utile di 15,8 milioni (+31%). Inoltre, la società ha avuto una prima valorizzazione nel 2010, visto che il fondo - che ora si chiama Syntegra - ha ceduto il 17% delle quote a Index Capital valorizzando il gruppo 200 milioni. Per la Borsa, invece, bisognerà ancora attendere. Il clima sui mercati finanziari è migliorato e dopo le manovre da lagrime e sangue del premier Monti sta tornando l’interesse degli investitori nei confronti del nostro paese. «Noi ci stiamo preparando per essere pronti al meglio per l’anno prossimo», conferma Berni. Anche se non si sbilancia sulle cifre con cui si potrebbe presentare sul listino di Piazza Affari, limitandosi a confermare «un’ulteriore crescita importante dopo quella a doppia cifra del 2011». E siccome Berni non si è scordato dell’intuizione originaria di Mamma Moleskine che predicava amore per la parola scritta ma anche per le nuove tecnologie, da ottobre si possono prendere appunti sulla propria Moleskine e poi ritrovarli sul pc per organizzarli grazie a un accordo con Evernote, l’applicazione delle note digitali. Del resto, i tablet non sono i taccuini del futuro?