Vittorio Zucconi, la Repubblica 12/11/2012, 12 novembre 2012
SESSO E SPIE, LA GUERRA DELLE DONNE DIETRO L’ADDIO DEL GENERALE INNAMORATO
[Petraeus]
Volano stellette, lenzuola, lettere anonime, sogni erotici, spie, donne infuriate e intrighi politici nel remake sordido e delizioso del celebre film “Monica e Bill” sullo sfondo del sangue sparso in due guerre insensate. È l’ora del vecchio generale rimbambito dal sesso e della donna che lo sedusse e lo usò per farsi un nome, sul teatro sempre aperto degli scandali nella capitale dell’ultimo impero. Ora irrompono sul palcoscenico anche la terza donna rivale e la furia dell’amante abbandonata («l’inferno non conosce furia, come quella di una donna rifiutata »), il radiologo cornuto, le fantasie sporcaccione del “surdato ‘nnammurato” e addirittura il «sesso sotto la scrivania», l’indimenticabile lascito di Bill e Monica alla storia americana. Sesso, menzogne e posta elettronica si avvinghiano nell’ultimo grande “affaire” politicomilitar- porno-spionistico americano sullo sfondo di migliaia e migliaia di morti e di miliardi di dollari bruciati.
L’INDAGINE DELL’FBI
La matassa di questa umanissima porcheria intrecciata dentro la disumana porcheria di due guerre, comincia faticosamente e ancora confusamente a dipanarsi, quattro giorni dopo le dimissioni lampo del più importante e ora più umiliato generale della sua generazione. Il filo rosso ci riporta a mesi or sono, quando — e occorre leggere tutto con molta prudenza perché ci addentriamo nel palazzo degli specchi deformanti, della
disinformatsija
e delle barbe finte — all’Fbi arriva un messaggio anonimo. È firmato da un nome femminile, che accusa la ormai invadente Paula Broadwell, reginetta dei talk show con il suo libro su Petraeus, di avere avuto accesso libero all’account di posta elettronica di “P4”, come è chiamato per il grado. È un ufficiale di collegamento militare del Dipartimento di Stato, ha rivelato ieri l’Associated
Press:
Jill Kelley, 37 anni. Non un funzionario qualsiasi, ma l’ufficiale che tiene i contatti con il comando che pianifica le operazioni speciali (tipo quella che ha portato all’uccisione di Bin Laden). È il periodo nel quale al
New York Times magazine viene
recapitato il grido disperato di un uomo che rivela la relazione della propria moglie con una «altissima personalità impegnata in una missione storica», che ora tutti leggono come il gemito del dottor Broadwell, il marito “cocu”, anche se oggi sia il
Times
che il radiologo negano.
Ma chi poteva sapere, allora che l’inarrestabile Paula, la formidabile auto promotrice, triatleta, fitness fanatic, quella che era arrivata a sfidare il conduttore di un talkshow satirico, Jon Stewart, ai piegamenti (vinse lei, con 58 piegamenti contro 39 di lui) aveva penetrato la posta elettronica di P4, il Quattro Stelle, divenuto direttore della Cia? Il marito, che l’aveva sorpresa nella loro bella casetta di mattoni dipinta di bianco a Charlotte, in Carolina, mentre riceveva implorazioni insistenti dal generale perché gli concedesse ancora le estasi provate in Afghanistan, con una delle false identità che infestano la Rete. Forse un segretario, un portaborse, un attendente, un collega con meno stelline, per inguaiare quel Petraeus sempre più potente e sempre più odiato nel nido delle vipere in uniforme. O la “convitata di pietra” in questa novelletta da piacevoli notti, la moglie Holly, silen-
ziosa comparsa da 37 anni e vittima che si era stancata?
L’Fbi — siamo ancora in primavera — apre un’indagine di “routine”, dicono i G-Men nella loro fortezza sulla Pennsylvania Avenue, il palazzaccio dedicato a un grande Richelieu di intrighi e di dossieraggi, J. Edgar Hoover. Carini, i G-Men, ma non c’è nulla di routine nella furibonda rivalità che da quasi 70 anni oppone la
Cia, lo spionaggio, all’Fbi, il controspionaggio, due agenzie convinte della totale incompetenza della rivale. Dal setaccio delle migliaia di email scambiate da Paula con Quattro Stelle che ormai non le serviva più dopo il lungo anno trascorso insieme in Afghanistan a suggere informazioni personali, emerge un David sempre più petulante, sempre più frustrato. E perduto nei sogni di quegli esercizi atletico-erotici nei quali
brillava la Monica Lewinsky e che Bill Clinton sosteneva non essere neppure, Sacra Bibbia alla mano, «sesso». Nella Washington dove «il suono corre più veloce della luce», come diceva Ronald Reagan, la voce della “love story” cominciò a circolare. La donna del mistero che aveva allertato un Fbi in orgasmo per la possibilità di farla ancora una volta alla Cia come già nel Watergate, confermò quello che lei aveva scritto. Gli
hackers autorizzati e ufficiali verificarono l’account del generale, senza dirglielo, e uscirono fiumi di comunicazioni genere telefono rosso, come sei vestita, che cosa stai facendo, sei sola, vorrei che mi facessi questo e via fantasticando.
I RUMORS DI WASHINGTON
Il
Los Anglese Times
e altri media narrano che il “rumor” fosse stato portato all’orecchio di Mitt Romney e dei repubblicani, per usarlo nella campagna contro Obama, il presidente che aveva promosso “P4” e che Romney esitò. Temeva fosse una bufala, quindi un boomerang mortale. Non osava svergognare un idolo della destra rostrata, Petraeus, osannato come il Cesare della Mesopotamia e dell’Hindukush, colui che aveva ridato onore alle umiliate legioni dell’impero. Attese. Ma poi l’11 settembre, l’assalto al consolato americano di Bengasi gelò ogni velleità. Confondere lenzuola sudate con sudari, sesso orale con servitori della nazione asfissiati nel fumo di un incendio, non sarebbe piaciuto agli elettori. Ma la voce arrivò anche alla Casa Bianca, dove lavora colui dal quale, costituzionalmente e legalmente, dipendono Fbi, Cia, Pentagono, generali? Ora rispondono di no, di essere stati, loro sì come il proverbiale marito “cocu”, gli ultimi a sapere. «Mica ci vengono a informare di tutte le piccole indagini in corso», si è difeso James Clapper, che, come direttore centrale della National Intelligence, dovrebbe in teoria, molto in teoria, sapere tutto di tutti. Eppure sembra davvero poco credibile che un’inchiesta dell’Fbi sul direttore della Cia, non su un deputato ladruncolo o un mafiosetto qualsiasi, per violazione del suo computer potesse essere considerata come una cosetta di routine.
L’INCHIESTA PARLAMENTARE
Molto probabilmente, la “Obama people” ne era stata informata, o doveva avere sentito le voci. Tanta fretta e desiderio di pubblicizzare la vicenda, l’Fbi non doveva avere, visto che spetta a esso fare l’analisi completa della vita dei grandi “commessi” di Stato e gli era sfuggita un’enormità come una lunga e appassionata relazione extraconiugale con una signora che pubblicamente, rumorosamente volava da una tv all’altra lasciando bricioline di allusioni, sul «rapporto speciale e molto stretto che avevo con il generale ». Non ne seppe nulla il Congresso, non venne in mente a nessuno di chiedere, di domandarsi se tutte quelle voci su “P4” fossero vere. «Avrebbero potuto dirci qualcosa», piagnucola ora Dianne Feinstein, senatrice democratica della California che promette la solita terapia per i malati morti, l’inchiesta parlamentare.
«Appena lo abbiamo saputo», fa sapere sempre Clapper, lo zar ignaro della intelligence, «siamo intervenuti». Per mirabile coincidenza, lo hanno saputo 36 ore dopo la chiusura dell’ultimo seggio elettorale, quando ormai i frustrati assalti e le fantasie bollenti del generale ex Ran-
ger non avrebbero più potuto fare danni politici. «Ma lo sapevamo tutti a Washington — confessa il solito anonimo alla stampa — e quando la notizia è uscita, tutti abbiamo detto che prima o poi sarebbe venuta fuori». Tutti avevano visto tutto, dopo. Avevano osservato l’atletica Paula, maggiore della Riserva, di fatto convivere per un anno con il generalissimo in Afghanistan, per farsi fotografare anche con tuta mimetica ed elmetto di kevlar sul campo di battaglia, fra la polvere e i bambini pashtun, sullo sfondo di elicotteri pronti all’assalto. Ma sempre impeccabilmente
truccata, fondotinta, ombretto, rimmel, rossetto nelle pose, a differenza delle soldatesse vere con il volto rigato da polvere, lacrime, stanchezza. Entrava e usciva da tutte le riunioni, anche le più riservate, senza che nessuno osasse obbiettare perché lei aveva accesso permanente, era la biografa del Cesare americano ‘nnammurato. Poi, uscita la agiografia di lui, la biografia “All In”, tutto dentro, il taglio e la caduta dal cielo del sessantenne generale, lasciato solo con
la sua scrivania vuota.