Marco Belpoliti, la Stampa 12/11/2012, 12 novembre 2012
FOTOCOPIATRICE ADDIO
Sono in biblioteca. Leggo vecchi articoli in riviste per una ricerca bibliografica. Quando incontro testi che m’interessano, infilo dentro le pagine un segnalibro, così sarà più semplice quando dovrò fotocopiare l’articolo (sempre ammesso che me lo facciano fotocopiare o che la fotocopiatrice funzioni). Vicino a me un ragazzo lavora con un iPhone e il computer. Avvicina l’obiettivo del suo telefono digitale alle pagine del testo che sta esaminando e scatta.
Durante la pausa caffè lo avvicino e gli chiedo come fa. Ha almeno venti anni meno di me e mi guarda con una certa accondiscendenza. Mi mostra il suo iPhone e mi indica una app: ImagetoText. Si tratta di un software basato sul sistema OCR, che scansiona testi, spiega. Può convertire qualsiasi tipo d’immagine, dato che supporta una vasta gamma di formati: bmp, jpg, jpeg, tiff, mdi, gif, wmf, png, tga, ico e altri. Mi fa vedere come funziona: apre il libro che ha con sé; tocca con un dito «Take a Picture» e fotografa la pagina come se fosse un’immagine, e poi la manda via email al suo indirizzo di posta. Andiamo al suo computer, che è collegato attraverso una «chiavetta»: il testo è già arrivato alla sua casella di posta.
Ora lo ripassa correggendo gli errori: accenti, punteggiatura, alcune parole qua e là. Sono rimasto indietro. Da anni raccolgo pile di fotocopie, e spesso le trascrivo con il computer. Francesco, il mio giovane collega di letture, non ha più bisogno della fotocopiatrice. Un altro strumento, come il fax, che presto andrà fuori commercio? Fu inventata solo settantaquattro anni fa da un americano, Chester Carlson, che lavorava come avvocato all’Ufficio Brevetti di New York. Lo fece perché sembra soffrisse di artrite alla mano, e doveva ricopiare i documenti con molto fastidio e a volte dolore. Fu lui a fondare la Xerox dopo aver ricevuto vari rifiuti da grandi aziende; solo dieci anni dopo, nel 1949 produsse il primo apparecchio. In questi giorni ho letto che le Brigate Rosse durante il sequestro Moro usarono, per fotocopiare alcune lettere del leader democristiano, l’unica fotocopiatrice libera di Roma, alla Stazione Termini: funzionava con monete metalliche; ma ne avevano anche un paio nei loro covi. Era l’altro strumento tecnologico insieme alla macchina Polaroid – le due foto scattate a Moro – che utilizzarono nel corso della prigionia del presidente della Dc. Dopo la Polaroid, ora anche la fotocopiatrice sta per estinguersi.