Rob. Gio., la Stampa 12/11/2012, 12 novembre 2012
DAI PELUCHE ALLA “TASSA SULL’OMBRA” LA GIOSTRA DEI CENTO BALZELLI D’ITALIA
Davvero il nostro è un paese bizzarro. In questo caso probabilmente i deputati della Commissione Bilancio hanno tutti mille ottime ragioni per aver ideato la ennesima nuova tassa partorita dalla potente fantasia del legislatore o del governo. Ne hanno fatto cenno i giornali nei giorni scorsi: parliamo della fondamentale gabella che colpisce con un’imposta «una tantum» da 500 euro (400 «nel caso di comprovato utilizzo stagionale») le macchinette chiamate «acchiappa pelouches». Sì: proprio quei giochini un po’ di abilità e un po’ palese fregatura (ammettiamolo) onnipresenti in tanti parchi e fiere. Si mette una moneta o un gettone, ed ecco il bimbo (o più spesso il papà, che difficilmente evita la brutta figura fallendo miseramente l’obiettivo) alle prese con una specie di pinza mobile, con cui bisogna acchiappare un pupazzo o un altro regalino entro un certo lasso di tempo.
Giochi per bambini
Non c’è dubbio che tutti debbano compiere il loro dovere fiscale. E non c’è dubbio nemmeno sul fatto che anche i gestori di quelle che tecnicamente sono chiamate «Gru/ pesche verticali o orizzontali di abilità comma 7a» debbano partecipare al titanico sforzo di inaudita austerità cui sono stati sottoposti gli italiani per centrare il pareggio di bilancio nel 2013. Ma vien fatto di chiedersi se sia questo il modo giusto per far quadrare in modo civile i conti pubblici. Ovvero, se abbia senso o meno moltiplicare sfrenatamente le voci di entrata; anche se irrisorie, anche se a volte poco ragionevoli. Quando, come tutti sappiamo, tutti i santi giorni c’è chi - sfruttando le inefficienze di quello stesso Stato che adesso si accorge delle «acchiappa pelouches» - riesce ad evadere allegramente e non pagare un centesimo di quanto dovuto.
Insomma, ci si chiede se non varrebbe la pena di usare le (scarse) energie della macchina fiscale in modo più utile. E soprattutto, se non sarebbe il caso di cercare di evitare di massacrare la pazienza degli italiani con microimposte o canoni che francamente a volte sono ridicoli. Se non assurdi. Un anno e mezzo fa la Confesercenti, nel suo dossier “Balzelli d’Italia”, ne ha individuate cento.
Qualche esempio? Il business dell’elettroilluminazione votiva nei cimiteri e nei luoghi di culto. Un lumino sulla tomba del caro estinto potrà costare un euro l’anno, a dir tanto: ma è l’occasione per dover pagare alla concessionaria dell’appalto una bolletta da 15-20 euro l’anno. Perché può accadere - è successo a un albergatore di Desio - di ricevere la richiesta di 280 euro per imposta sulla pubblicità per aver esposto una bandiera italiana e una dell’Europa? Perché ogni brevetto per un’invenzione industriale deve pagare una tassa al momento della presentazione della domanda, un’altra per il mantenimento in vigore del brevetto, un’altra ancora per la pubblicazione a stampa della descrizione e dei disegni?
La bonifica del 1904
Perché chi ha una casa costruita in una zona bonificata da decenni deve pagare ancora un’imposta varata nel 1904 sulle bonifiche delle paludi? Perché la dogana deve trattare e tassare in modo diverso (è successo a Genova) un pupazzo «umanoide» piuttosto che uno che raffigura un animale? Come si fa ad essere sicuri e tranquilli, quando si deve pagare la «tassa sull’ombra», ovvero quando scatta l’imposta per occupazione di suolo pubblico perché la tenda di un locale che sporge un po’ «invade» il marciapiede o la strada sottostante? È vero che il Comune di Agrigento dal 2008 fa pagare un’imposta ai condomini che abbiano ballatoi rivolti sulla strada pubblica? E infine: sommessamente, qualcuno potrebbe spiegare perché si debbano pagare tasse perfino sulle stesse tasse, cosa che avviene tutti i santi giorni quando facciamo benzina?