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 2012  novembre 11 Domenica calendario

(Traduzione di Matteo Persivale) Nella maggior parte delle grandi città occidentali, rivolgere la parola agli sconosciuti è una cosa da evitare a ogni costo - specialmente sui mezzi pubblici, e ancor di più durante l’ora di punta

(Traduzione di Matteo Persivale) Nella maggior parte delle grandi città occidentali, rivolgere la parola agli sconosciuti è una cosa da evitare a ogni costo - specialmente sui mezzi pubblici, e ancor di più durante l’ora di punta. L’ora di punta a Londra e Parigi, Roma e New York è un momento di profonda non-contemplazione, il momento in cui gli sventurati lavoratori si raccolgono in sé stessi, cercando le risorse mentali per sopportare un altro giorno in ufficio o quelle emotive per affrontare quel che li aspetta al ritorno a casa. Posso contare sulle dita di due mani le volte che in quattro decenni qualcuno mi ha rivolto la parola sulla metropolitana di Londra - con l’ovvia eccezione dei turisti che chiedono indicazioni. Ma le rivelazioni sulla pedofilia di Jimmy Savile, l’ex disc jockey di Radio 1 e presentatore televisivo della Bbc, hanno fatto tanta impressione che in questi giorni persone che non conosci ti rivolgono la parola in metropolitana, se stai parlando di lui. La posizione, sempre sulla difensiva, del passeggero tipico della metropolitana di Londra - in piedi, oscillante, schiacciato tra una massa di carni potenzialmente aggressive - è resa ancora più impermeabile dalla intensa discrezione tipica degli inglesi. Eppure l’uomo, il cui pube era premuto contro il mio fianco su un treno della Bakerloo Line che traballava da Paddington a Oxford Circus, si è intromesso nella conversazione che stavo facendo con un amico: «La capisco, ci sentiamo tutti così - mi ha detto -. Da bambini, guardavamo Savile in televisione e ci sembrava ovvio che ci fosse qualcosa che non andava in quell’uomo». E fu così che mi venne fornita una inestimabile sineddoche sul caso Savile. Perché stavo dicendo esattamente quello: la cosa più inquietante del successo di Savile - e che successo: morì a 84 anni, nell’ottobre 2011, impunito, senza aver mai dovuto affrontare, non dico la giustizia, ma neppure un provvedimento disciplinare aziendale - è che riuscì a nascondere le sue perversioni nonostante milioni di persone lo conoscessero e guardassero il suo programma. Sì, lo sapevamo tutti che c’era qualcosa che non andava in lui, bastava vederlo in faccia - ma per quelli di noi che sono cresciuti in Gran Bretagna negli anni 60 e 70 Savile era dappertutto, faceva parte della cultura. Savile con i capelli tinti di quel color crema e le sue tute da ginnastica di colori atroci - verde acido, giallo acido, viola corrosivo - e il suo nasone fallico e quel sigarone Avana ancora più fallico (a volte, dottor Freud, un sigaro rappresenta indubbiamente molto di più di un semplice sigaro). Savile, con la sua gioielleria pacchiana - medaglioni d’oro annidati nei peli del petto, bracciali d’oro tintinnanti - e le sue frasi celebri, grossolane come tutto il resto: «E quanto vi gusta, ragazzi e ragazze!», seguite da uno spaventoso rantolo, uno spasmo dell’epiglottide che, con il senno di poi, doveva essere lo stesso suono che accompagnava i suoi atti di violenza. Sì, Savile era una presenza dalla quale non esisteva rifugio. Rintanato nelle nostre orecchie, suonava dischi pop alla radio anno dopo anno. E nei nostri occhi era fissata la sua immagine da clown - una specie di sinistro effetto ottico che restava, rilucente, sulle nostre retine, anche dopo aver spento la televisione. Il suo programma più famoso, quello che l’ha reso un «Tesoro nazionale» e dunque pericolosissimo, si chiamava Jim’ll Fix It, «Ci pensa Jim»: quell’adulto-ragazzino vestito da buffone faceva sì che bambini o bambine, a volte portatori di handicap, a volte poveri, a volte orfani, comunque sempre afflitti da qualche disgrazia, potessero esaudire un loro desiderio. La banda dei Royal Marines che suonava apposta per loro. Un comico famoso che regalava loro qualche battuta. I loro genitori, o le persone che si prendevano cura di loro, ricevevano un compenso. Savile orchestrava il tutto, in mezzo a quei bambini, stringendoli viscidamente a sé con un braccio, facendoli sedere sulle sue cosce muscolose. E lo faceva davanti agli occhi non di qualcuno, ma di milioni di persone. E noi, gli spettatori, ce ne stavamo a casa pensando un po’ tutti: «C’è qualcosa che non va in quell’uomo, non so perché ma mi fa sentire a disagio». Lo pensavamo tutti, ma nessuno l’ha mai detto ad alta voce, soprattutto quelli che erano parecchio più vicini a Savile di quanto lo fossimo noi nel salotto di casa: parlo di quelli della Bbc che erano abbastanza vicini a Savile da toccarlo proprio mentre lui toccava quei bambini. Li toccava davanti alle telecamere e lontano dalle telecamere, nei camerini e nelle camere d’albergo. Arrivano testimonianze su testimonianze dei suoi abusi, è innegabile ormai che Savile fosse semplicemente uno dei più grandi pezzi di merda che galleggiavano in una fogna morale. Le accuse di complicità rivolte alla Bbc non finiranno nel nulla, e ora il raggio dell’indagine deve essere allargato. Newsnight, il programma giornalistico d’inchiesta della Bbc2 che l’anno scorso ha scoperto le prime testimonianze contro Savile - proprio mentre l’Azienda stava trasmettendo tributi alla memoria del presentatore appena scomparso - ha salvato la sua reputazione facendo riaprire casi di abuso negli orfanotrofi gallesi alla fine degli anni 70, crimini perpetrati anche, secondo alcune testimonianze, da un importante membro del governo conservatore di Margaret Thatcher. Non ci vuole molto a fare due più due: quale star della Bbc era tanto amica della Thatcher da passare molti Natali a Chequers, residenza di campagna del primo ministro? Oh, Jimmy Savile, ovviamente. Mentre scrivo queste parole l’attuale primo ministro conservatore, David Cameron, ha annunciato un’inchiesta su queste nuove accuse, inchiesta che si aggiungerà a quelle della Bbc, e la Gran Bretagna si prepara a un’altra scossa, nuova inefficienza e nuova corruzione che affiorano, lordando la nostra politica. È il quarto grande scandalo negli ultimi quattro anni: prima quei parlamentari che truffavano sui rendiconti dei rimborsi spese; poi il phone-hacking, le violazioni della privacy tramite manomissione dei telefoni - una bella tripletta che ha implicato media, politici e polizia. E ancora l’inchiesta indipendente che ha finalmente svelato gli insabbiamenti e le complicità che permisero alla polizia del South Yorkshire di incolpare ingiustamente i tifosi del Liverpool del disastro di Hillsborough, nel quale quasi cento persone rimasero uccise. Ora siamo sull’orlo di un altro precipizio, in attesa di altro rumore, di altro sudiciume che sgorga da una fogna saltata - ai cittadini della Gran Bretagna potrebbe anche venire qualche dubbio, alla fine: ma come, questa roba tocca le nostre sponde? Appartiene alla nostra linda, seria, moralmente sana isola? Ma se torniamo agli anni 70 possiamo vedere chiaramente che tutta la Gran Bretagna si è colpevolmente prestata a un lavaggio del cervello vagamente stalinista: Savile viveva sotto gli occhi della nazione, ma celava i suoi crimini sotto un mantello che li rendeva invisibili, un mantello degno di Harry Potter: la beneficenza. Le raccolte di fondi per cause benefiche davano a Savile accesso a ospedali, prigioni, orfanotrofi. Istituzioni delle quali gli vennero consegnate le chiavi e nelle quali commise abusi su vittime già profondamente afflitte nello spirito o nel fisico - ci sono le prove che Savile abusò di bambini paralizzati. Appariva in tv con la scusa di raccogliere fondi per questa o quella buona causa, dunque era impossibile criticare Savile, o far notare che era un personaggio così strano. Un uomo di mezza età che viveva a casa con la madre, che non aveva mai avuto relazioni sentimentali con nessuno, né donne né uomini? Criticare lui significava criticare implicitamente il suo impegno benefico. Ma la verità è che le nostre istituzioni sono state corrotte dalla beneficenza: gli anni dell’ascesa di Savile coincidono con gli anni nei quali i ricchi si sono arricchiti e i poveri impoveriti, e le briciole della beneficenza hanno rimpiazzato il consenso postbellico sulla ridistribuzione della ricchezza. Savile è stato il simbolo di questi eventi: Children in Need («I bambini bisognosi»: basta la parola) e Red Nose Day - un telethon di 24 ore nel quale personaggi famosi interpretano sketch comici per «I bambini bisognosi» - sono diventati feste religiose della nostra società secolare. Felice da una parte di darsi delle pacche sulle spalle per essere tanto buona, e dall’altra di eleggere regolarmente governi attivamente impegnati per una sempre maggiore diseguaglianza economica. Siamo un popolo crudele, noi britannici - basta guardare al nostro passato imperiale - e come tutti i popoli crudeli ci buttiamo sul sentimentalismo per evitare di fare i conti con la nostra coscienza. C’è una zona d’ombra, da qualche parte tra le nostre grandi raccolte di fondi benefici e la nostra ossessione per l’innocenza dei bambini: in questo regno crepuscolare le azioni dei pedofili - qualora essi abbiano l’accortezza di procurarsi buoni agganci politici - diventano invisibili. Ovviamente non voglio suggerire che ci siano legioni di simili criminali in attesa di essere portati davanti alla giustizia; e non sto neanche ipotizzando che ci sia un’attiva complicità da parte della nostra società - il problema è che sia storicamente sia nella cultura di questi tempi c’è una certa inquietante passività quando si tratta di fare domande scomode sul modo in cui abbiamo sempre fatto le cose. Aprire un’inchiesta di polizia: ci vuole un esame di coscienza. Questa nostra passività - non si può non pensare a quel vecchio consiglio popolare dato alle nostre spose per la prima notte di nozze: «Sdraiati e pensa all’Inghilterra» - ha certamente evitato rivoluzioni ma ha fatto sì che la nostra società venisse lentamente corrosa dall’interno. Facciamo un vanto della longevità delle nostre istituzioni quando in realtà esse sono piene di vermi come Savile. Facciamo un vanto dello stoicismo che dimostriamo sui vagoni affollati della metropolitana all’ora di punta, quando non dovremmo più accettare in silenzio di essere stritolati.