Ivo Romano, La Stampa 10/11/2012, 10 novembre 2012
IL PALLONE INDISTRUTTIBILE IN DARFUR SI GIOCA PER SEMPRE
[“One World Futbol”, progetto finanziato da Sting (300 mila dollari)] –
Un pallone per tutti. E, soprattutto, per sempre. Il sogno di ogni bambino: un pallone indistruttibile, che duri una vita. Ancor più per chi dalla vita ha avuto poco o nulla, e un pallone neanche può permetterselo. Lo aspetta come un dono, che arrivi da lontano. E quando arriva, bontà altrui, non dura che lo spazio di giorni, se va bene, altrimenti di ore. Perché non tutto il mondo è paese, per certi versi. L’altro, il terzo, è per forze di cose una sommatoria di carenza: impianti, strutture, campi, manca tutto. Al ragazzino che voglia sognare tirando calci ad un pallone non resta che lo street football, il calcio giocato per strada, su campetti improvvisati, con mezzi di fortuna.
I palloni arrivano da lontano, spesso gentile dono di chi ha deciso di dedicare la vita a chi è meno fortunato. Ma durano un lampo, maltrattati da superfici pessime, neppure lontane parenti di prati verdi da calcio veri. Poi, ci si arrangia, con palloni fatti in casa, calciati a fatica da piedi sollecitati all’eccesso. Un colpo al cuore per Tim Jahnigen, californiano di Berkeley, guardare in tv un documentario sui bambini del Darfur: giocavano con un oggetto di forma quasi sferica, fatto di immondizia e spago. «L’unica gioia per loro era giocare – ricorda al New York Times l’avrebbero fatto con qualunque oggetto potesse somigliare a un pallone». Di quelli veri, neanche l’ombra: «Milioni di palloni vengono donati ai ragazzi dei paesi poveri dalle più svariate associazioni: diventano inutilizzabili nel giro di 24 ore».
Da lì, l’idea: costruire un pallone indistruttibile, che in nessun caso potesse sgonfiarsi. Una bella idea, di difficile attuazione. Una ricerca lunga, durata un paio d’anni. Poi, la scoperta: una schiuma dura, con cui riempire i palloni. Modellare la schiuma all’interno dei palloni, però, poteva costare centinaia di migliaia di dollari: un grosso ostacolo, quasi insormontabile. Se non fosse stato per Sting, il divo del rock, vecchio amico ai tempi in cui Tim bazzicava il music-business. Gli parlò dei bambini del Darfur, gli spiegò la sua idea. Sting non ci pensò un attimo, gli disse di lasciare qualunque altra cosa, di tuffarsi in quel progetto. E gli consegnò 300 mila dollari. Ci impiegarono un anno, solo per creare un prototipo. Lo spedirono in Ruanda, perché fosse testato. E poi ad Haiti e in Iraq. Era nato il pallone che dura una vita (secondo i test, almeno 30 anni). Era nato One World Futbol, così chiamato da un celebre pezzo di Sting, One World (Not Three). Unico problema, il costo. Circa 40 dollari, all’inizio. Poi, il prezzo è andato scendendo. I primi 33mila esemplari sono stati acquistati per 40 dollari l’uno, l’anno scorso l’Unicef ne ha comprati oltre 5mila a 17 dollari (e li ha spediti alle scuole di Kenya e Uganda). La Chevrolet ha ora deciso di comprarne 1 milione e mezzo nei prossimi 3 anni. Partono da Taiwan, dove vengono prodotti, arrivano dappertutto, in 140 paesi, in ogni angolo del mondo dei bisognosi. I palloni che regalano un sorriso, per sempre.