Mario Baudino, La Stampa 11/11/2012, 11 novembre 2012
COME SALVARSI NELLA TEMPESTA PERFETTA DEI DATI
[La lezione di Enrico Giovannini, presidente dell’Istat, alla Lettura del Mulino] –
L’esempio tipico è quello di un talk show, dove due contendenti politici si affrontano a colpi di dati contrastanti - e inverificabili - restando ognuno tenacemente sulle proprie posizioni. Alla fine, un sondaggista in funzione di arbitro spiega che cosa pensano i cittadini, insomma come sia (già) orientata l’opinione pubblica sul tema in discussione. Bene, dice il professor Enrico Giovannini, presidente dell’Istat: in questa dinamica lo statistico, cioè colui che raccoglie e comunica i dati, è completamente fuori gioco. Perché tutto avviene su base emozionale, e le neuroscienze ci dicono che il cervello tende a selezionare l’informazione più coerente con le nostre opinioni.
Lo scenario non è dei più tranquillizzanti, per la salute pubblica e la democrazia. Su questo orizzonte malcerto il professor Giovannini ha impostato ieri la sua lezione all’annuale «Lettura del Mulino», rifacendosi alle Prediche inutili di Luigi Einaudi e al passo della prima («Conoscere per decidere») dedicato al gran pasticcio italiano delle «leggi frettolose» che partoriscono rimedi altrettanto frettolosi e inapplicabili, per cui nel «groviglio inestricabile» si finisce per non fare assolutamente nulla continuando a «pestar l’acqua nel mortaio delle riforme urgenti». Nulla è cambiato dal ’45, quando vennero scritte queste parole? No, ora sappiamo molto di più sul funzionamento della nostra mente. Conoscere per decidere è possibile e vitale, ma nella «società dell’informazione» l’ignoranza statistica (non capire i dati o essere sommerso da troppi senza poter discernere) diventa un limite per la società e per gli individui.
È necessario un salto di qualità: da un lato la statistica non deve essere solo al servizio dello Stato, ma della società; dall’altro deve parlare alla persona nel suo complesso e non solo all’emisfero «razionale» del cervello, visto che le decisioni vengono fortemente influenzate da quello emozionale. Il problema riguarda tutti. L’Ocse, ad esempio, ha stimato una crescita del prodotto interno lordo italiano, nei prossimi cinquant’anni, di 1,4 punti l’anno. Uno scenario spaventevole, in termini per esempio di disoccupazione. «O decidiamo che questo dato non è attendibile, o dobbiamo pensare seriamente a fare qualcosa», ci diceva durante la rituale cena nella redazione del Mulino.
Emerge una polemica: gli istituti di statistica nazionali sono controllati, quelli privati no. Le loro analisi possono far clamore (senza nominarla, il professor Giovannini pensa alla Cgia di Mestre e al suo attivissimo ufficio studi), conquistare titoli sui giornali, influenzare gli eventi senza dover rendere conto a nessuno. Una regolamentazione è necessaria. Non solo, ma gli Istituti pubblici dovrebbero rispondere, a livello europeo, solo a una Bce dei numeri, come per le banche nazionali. È un sogno tecnocratico? Per il presidente dell’Istat è l’unica via verso un futuro dove davvero si prendano decisioni sulla base della conoscenza. Cita due film, Matrix e Caccia a Ottobre rosso , esempi caratteristici del rapporto tra illusione e realtà. Bisogna fare, dice, come il capitano del sommergibile in fuga dall’Urss, che inverte la marcia e va incontro al pericolo, senza sottovalutarlo ma sapendo di poterlo sconfiggere perché lo conosce bene. Solo così, forse, la tempesta di dati non diventerà una rovinosa «tempesta perfetta».