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 2012  novembre 11 Domenica calendario

GENERAZIONE SOCIAL OLTRE LA TELEVISIONE

[Con i Millennials agli Ema, show europeo di Mtv Sempre connessi, stanno cambiando il mondo] –
Se solo potessero, Sitare e Bilal farebbero subito cambio. Sitare ha 20 anni, da tre mesi sta imparando il coreano, l’anno prossimo vuol tentare il provino per diventare ballerina in una band di K-Pop (il pop coreano) e ora se ne sta davanti la transenna che la divide dall’ingresso laterale del palazzo del comune di Francoforte sul Meno, dove tra qualche minuto arriverà il suo idolo: PSY, rapper sudcoreano del «Gangnam Style», uno degli ospiti degli Ema, gli Europe Music Awards di Mtv, che si terranno stasera nella città tedesca.
Grazie a un trascinante video il suo è il pezzo che ha totalizzato più «like» nella storia di YouTube. «Io la tv non la vedo, guardo solo YouTube», spiega Sitare. Attorno a lei un gruppo di amiche, tutte di Francoforte come lei e tutte appassionate di K-Pop: si sono conosciute tramite un flash-mob organizzato via Internet e si sono messe d’accordo via Facebook per incontrarsi qui stamattina.
Bilal di anni invece ne ha 22, passeggia fuori la Festhalle di Francoforte e tra poco iniziano per lui le prove per l’esibizione di stasera di PSY. Bilal ballerà un minuto e mezzo sul palco il Gangnam Style insieme a una sessantina di altri ragazzi non professionisti, scelti da Mtv. A lui in realtà PSY non interessa più di tanto: «Non ho neanche postato su Facebook che ci sarò, ma se fosse stata Alicia Keys l’avrei fatto subito».
Sitare e Bilal rientrano tra i cosiddetti «Millennials», la generazione nata tra 1982 e 2002, ragazzi per i quali «quella che noi chiamiamo tecnologia è vita quotidiana», come ci spiega Antonio Campo Dall’Orto, vice presidente esecutivo di Viacom International Media Networks, la casa-madre di Mtv. Il quale annuncia che di sicuro non vedremo gli Ema in Italia l’anno prossimo: complice la crisi, tra le città candidate per gli Ema 2013 non ce n’è una italiana.
«Venti anni fa ti definiva la musica che ascoltavi, oggi ti definisce quello che posti su Facebook», nota Campo Dall’Orto. Si tratta, continua, di una generazione sempre connessa, per la quale il tempo è l’adesso e la gratificazione istantanea è estremamente positiva, nonostante tra le loro preoccupazioni principali ci sia il lavoro, e «ha come riferimenti valoriali e simbolici i genitori, il che non era vero per quelle precedenti».
Succede così che, se chiedi al tedesco Bilal quale sia il suo modello, ti risponda: «I miei genitori, se le cose mi andassero bene come è successo a loro sarei contento». E che se ripeti la stessa domanda a Princess, che ha 25 anni, è arrivata poche ore fa a Francoforte dal Sud Africa con in tasca un biglietto per gli Ema vinto rispondendo a un concorso di Mtv ed è al primo viaggio fuori dal suo Paese, ti dica: «I miei eroi? I miei genitori e poi mia sorella e mio fratello».
Ragazzi per cui la tv non è al centro del consumo mediatico e si trasforma in parte in elemento di sottofondo – un po’ come la radio – in parte in argomento di discussione sui social network.
E gli italiani? La principale differenza rispetto ai loro coetanei stranieri è che «hanno la sensazione di vivere in una società poco dinamica», nota Dall’Orto. Guai però a generalizzare: «Il pregiudizio che mi dà più fastidio è che sono dei bamboccioni, non è vero che si danno poco da fare, come è non è vero che sono choosy».
E guai anche a generalizzare sui gusti musicali. Areta e Karolina, 20 e 21 anni e una corona arcobaleno sulla testa, sono arrivate da Varsavia grazie all’Mtv polacco e ora se ne stanno fuori il comune di Francoforte, dove hanno seguito la conferenza stampa di presentazione degli Ema. Karolina sul braccio si è fatta tatuare «Never say never», il motto di Justin Bieber. Sull’iPhone conserva una foto di lei accanto a Bieber, scattata a Madrid. Areta, invece, oltre ad ascoltare Bieber, si è creata una playlist che ha chiamato «Dirty Pleasure» con pezzi delle Spice Girls o dei Backstreet Boys. Un’eternità fa.
È una generazioneper le quali le star sono diventate all’improvviso più vicini, accessibili – o quasi. «Taylor Swift dorme qui?», chiede Domenica, una quarantatreenne tedesca di origini italiane, alla reception dello Sheraton Congress a Francoforte. «Taylor chi?» è la risposta di un dipendente. «Ma come? Dicono tutti che è qui», ribatte. Tutti, cioè Twitter: sua figlia Angie e la sua amica Pia, tredicenni, hanno cercato su Twitter «Swift» e «hotel» e, come risultato, hanno ottenuto proprio lo Sheraton Congress. E invece niente.
Sono arrivate in auto da Salzgitter, a 350 chilometri da qui. Pia e Angie se ne vanno sconsolate, come generazioni di ragazzi e ragazze che hanno mancato prima di loro l’agognato incontro con la loro star. Tra le mani stringono un cartellone rosso, sul quale hanno scritto in inglese: «Taylor Swift siamo pronte ad abbracciarti».