Filippo Santelli, la Repubblica 11/11/2012, 11 novembre 2012
CASALINGHE DISPERATE ORA LAVORANO IN UN ANNO SONO 330 MILA IN MENO
Per loro sarà cambiato poco, prendersi cura di casa e famiglia è sempre stato un lavoro a tutti gli effetti. Ma quello di cui c’è bisogno ora, in tempi di crisi, è uno stipendio. Così sono sempre di più le donne italiane che abbandonano l’attività di casalinghe a tempo pieno, alla ricerca di un’occupazione. Lo registra l’Istat: a giugno del 2012 il numero delle massaie tricolori è sceso a 4 milioni 562 mila. In un anno sono 330mila in meno, cioè il 6,7%. E nel confronto con il 2007, prima che iniziasse la recessione, il calo è ancora più netto, del 9,5%.
La crescita delle persone «attive » registrata in Italia negli ultimi mesi si spiega anche così. Le casalinghe sono considerate «inattive»: né occupate né disoccupate, fuori dal mercato del lavoro. «Dove molte non possono più permettersi di stare», commenta la presidentessa di
Federcasalinghe Federica Rossi Gasparrini. «Anche se nel leggere questi dati va anche considerato l’invecchiamento della popolazione ». Da una parte le donne più anziane, arrivate alla pensione. Dall’altra le più giovani, che anche per un fattore culturale
non accettano di definirsi massaie. Il calo più evidente si riscontra proprio tra le under 35: dell’8,3% in un anno. Se invece si allarga lo sguardo a tutte le donne della Penisola il numero resta consistente, 7 milioni e 605mila. L’Ocse lo ha denunciato più volte: in Italia la partecipazione femminile al mercato del lavoro è tra le più basse dei Paesi sviluppati. Che molte ora ci provino è positivo. Il rischio però è che arricchiscano solo il numero dei disoccupati. «Alcune donne cercano di sfruttare le competenze acquisite tra le mura domestiche, dedicandosi ai servizi alla famiglia o agli anziani - spiega Rossi Gasparrini - altre seguono dei corsi di formazione». Ma un grande ostacolo, denuncia, è la rigidità del mercato del lavoro: «Molte di noi vorrebbero essere libere di dedicarsi per alcuni anni alla cura dei figli, per poi tornare a lavorare. Ma in Italia non c’è la flessibilità necessaria, una volta fuori è difficile rientrare». Un limite che secondo Federcasalinghe potrebbe essere superato incentivando l’imprenditoria familiare e consentendo anche alle donne titolari di piccole attività di essere pagate tramite voucher.
Chi in casa resta di più, rivela l’Istat, sono gli uomini. Tra quelli in età lavorativa, sono in 70 mila a dedicarsi a tempo pieno all’attività domestica, 20 mila di più in un anno. E considerati anche gli over 65 hanno sfondato per la prima volta quota 100 mila. «Ma è una scelta che arriva spesso in età avanzata, dopo aver lasciato il lavoro o magari dopo una separazione», spiega il 59enne Fiorenzo Bresciani, presidente dell’Associazione italiana casalinghi. Nata nel 2003, è la prima al mondo nel suo genere: «Nei giovani non vedo la stessa voglia di occuparsi della casa»